Live Report: Play it Loud! (Orzinuovi – BS, 17/02/07)
La premessa di Stefano ‘Steven Rich’ Ricetti
Per la prima volta nella storia in Italia si svolge un festival alla tedesca che più “quadrato” non si può, grazie alla passione di Giuliano Mazzardi, leader dell’etichetta My Graveyard Productions che, tutto da solo o quasi, ha messo in piedi questo raduno d’altri tempi. Una scommessa, senza alcun dubbio, così mi sento tranquillamente di definirla. Dopo l’ultima nota degli inglesi Raven mi permetto di catalogare la sfida come vinta alla grande: notevole partecipazione da parte del pubblico e clima di un’altra epoca, come testimoniato dai fan convenuti dalla vicina Svizzera ma anche dalla Germania, Grecia e Spagna. La location, il Buddha di Orzinuovi, si è dimostrata all’altezza della situazione, sia per quanto attiene la gestione – era possibile uscire tranquillamente in ogni momento – che per quanto riguarda l’acustica e, soprattutto, la comodità dei parcheggi interni e adiacenti. La giornata, il sabato, permette poi alla maggioranza dei kid di potersi evitare la classica levataccia lavorativa post-concerto e, anche in questo caso, si è trattato di una scelta oculata a rispettosa. Che dire? Complimenti e alla prossima edizione, che spero si possa svolgere già nel 2008.
I gruppi
NOTA: per questioni puramente logistiche TrueMetal.it non ha potuto assistere allo show dei Powerful, opener della giornata.
Battle Ram [ Federico ‘Immanitas’ Mahmoud ]
Chiamati a scaldare definitivamente i motori dopo la toccata e fuga dei Powerful (penalizzati, a detta di molti, solo da suoni ancora in fase di rodaggio), i piceni Battle Ram possono contare su un pubblico già nutrito, che ormai conosce a memoria i brani dell’omonimo demo datato 2003. Sugli scudi, al solito, l’accoppiata Gianluca Silvi – Davide Natali, fucina di riff dal tremendo coefficiente metallico, e l’ugola straripante di Franco Sgattoni, che ha impressionato più di un presente per estensione e pulizia. Pezzi come la celebrativa Battering Ram (omaggio ai tanti supporter italiani e stranieri) non hanno più bisogno di presentazioni: ora è tempo di album!
Assedium [ Federico ‘Immanitas’ Mahmoud ]
Annoverati a ragione tra le realtà emergenti più fulgide del panorama tricolore, gli Assedium hanno guadagnato la partecipazione alla kermesse con un promettente album d’esordio, fautore di un heavy metal epico e orgogliosamente fedele ai dettami dei Classici che non è passato inosservato. Con l’innesto di Luca ‘Fils’ Cicero il sound della band ha raggiunto la quadratura definitiva, e l’esibizione di Brescia ne è la testimonianza più autentica: in mezzora abbondante sono sciorinati tutti i cavalli di battaglia di Rise of The Warlords, da March of the Hoplite alla poderosa Imperial Dream, con una prestazione compatta e affiatata da parte di tutto il quintetto. Chiusura-tributo ai padri Running Wild, omaggiati con una convincente versione della straordinaria Port Royal. Adesso chi li ferma più?
BattleRoar [ Federico ‘Immanitas’ Mahmoud ]
Già incrociati, con ottimi ricordi, in quel di Brendola (era il febbraio del 2006, con Airged L’amh e Assedium di supporto), i guerrieri ellenici capitanati dal veneto D.O.C. Marco Concoreggi sfoderano un’esibizione priva di sbavature, riscuotendo sinceri consensi nonostante una proposta non troppo accessibile ai novizi. Tra gli highlight del concerto vanno citate almeno Dyvim Tvar e Siegecraft, composizioni solenni ed evocative guidate con sicurezza dalle corde vocali di Concoreggi, che si è confermato autentico animale da palco; tra un brano e l’altro c’è tempo anche per la comparsa del violinista Alex Papadiamantis, che aveva già accompagnato la band nelle sessioni di Age of Chaos. Epilogo affidato alla muscolare BattleRoar, con roteare di chiome per tutti i gusti. Solida conferma.
Ironsword [ Federico ‘Immanitas’ Mahmoud ]
Show dai due volti per i lusitani Ironsword, guidati dal massiccio cantante / chitarrista Tann. La band sopperisce alle evidenti carenze tecniche con un set tutto improntato su feeling e composizioni che pescano a piene mani dalla tradizione degli anni Ottanta: Brothers of the Blade, The Wench e Under the Flag of Rome sono anthem che giocano in casa, anche se non passano inosservati i frequenti déjà-vu cui il repertorio si presta senza tanti complimenti. L’indifferenza di chi avrebbe concesso più minuti alle formazioni nostrane finisce per cozzare contro l’entusiasmo del pubblico amico, lasciando vacillare il giudizio complessivo. Il tributo ai Manilla Road non cambia le carte in tavola: prendere o lasciare.
Dark Quarterer [ Stefano ‘Steven Rich’ Ricetti ]
La scommessa di Giuliano della MyGraveyard. L’unico gruppo che presentava qualche rotondità, fra un “quadrato” e l’altro. La band di Gianni Nepi ha stupito soprattutto i kid che non li avevano mai visti né sentiti. Il loro HM di classe contaminato da elementi progressivi, atmosfere epic metal miste a reminiscenze settantiane ha colpito nel segno, testimone il fatto che Gianni e soci hanno passato ore a firmare autografi dopo il concerto e a rispondere alle domande dei metalhead più giovani, incuriositi dalla performance fuori dagli schemi del gruppo italiano.
Crying Steel [ Stefano ‘Steven Rich’ Ricetti ]
Uno dei gruppi più attesi della giornata, per via della loro lunghissima lontananza dai palchi che contano nonché per il richiamo suscitato dal loro recentissimo album The Steel is Back!, già recensito su queste pagine. Purtroppo, e lo sottolineo, i bolognesi si sono esibiti senza Alberto Simonini alla lead guitar, assente per motivi di salute. Al suo ingombrante posto, è stato reclutato un giovane chitarrista, che non ha affatto sfigurato, tenendo conto che in soli tre giorni, come enunciato dal cantante Luca Bonzagni, si è dovuto imparare i brani del concerto. Altra nota stonata, a mio avviso, la presenza di un solo brano tratto da On the Prowl, per chi scrive uno dei dischi migliori della Nwoihm, ovvero la celeberrima Thundergods. Anyway, i Nostri hanno suonato con convinzione, fra gli osanna del pubblico che a ogni cambio pezzo li incitava con il coro “Crying Steel, Crying Steel, Crying Steel”. Quello che manca loro, e si è notato, è la dimensione live, soprattutto da parte del cantante, che deve ritrovare la profondità dei bei tempi. Comunque, alla fine, la gente è rimasta soddisfatta, che è poi quello che conta. Bentornati Crying Steel!
Paragon [ Stefano ‘Steven Rich’ Ricetti ]
Dopo i bolognesi Crying Steel sale sul palco l’unica band tedesca dell’intero bill, gli amburghesi Paragon: il gruppo più “quadrato” di un festival che più “quadrato” non si può (o quasi), un gruppo che ha fatto della coerenza e della fedeltà al proprio sound (per chi non li conoscesse un mix tra power metal grezzo à la Grave Digger, influenze speed e purissimo heavy metal alla Accept) il credo di una vita. Ormai prossimi all’uscita del nuovo Forgotten Prophecies, i cinque tedesconi partono in quarta sulle note di Impaler, con i riff trituranti della coppia Gunny Kruse/Martin Christian e la ritmica sostenuta e ottusa (in senso buono…) della coppia formata dal torvo bassista Jan Bunning e dal giovane drummer Christian Gripp. Il vocalist Andreas “Buschi” Babuschkin si dimostra ottimo frontman e il pubblico risponde bene a colpi di headbanging sotto l’impeto delle mazzate inferte dalla band: le più vecchie Thunderstorm e Armies Of The Tyrant si uniscono agli estratti di Revenge nonché a un pezzo nuovo suonato in anteprima per andare a costituire uno show roccioso e di ottima fattura e che costituisce sicuramente un ottimo biglietto da visita per i Paragon verso il pubblico italiano. Chi considera monocorde la loro prestazione sappia che nel vocabolario dei tedeschi la parola innovazione non esiste. Prendere o lasciare! Ringrazio il collega e amico Stefano Giusti per la collaborazione nella stesura di questa “Paragonata” ah,ah,ah!
Skanners [ Stefano ‘Steven Rich’ Ricetti ]
Altra band molto attesa, anche per via della posizione nel bill, appena prima di mostri sacri della Nwobhm come Blitzkrieg e Raven. I bolzanini partono alla grande subito: le note di TV Shock annichiliscono il pubblico, che viene poi colpito, tra le altre, da mazzate come The Undertaker, Flagellum Dei, Fight Back, Rock Rock City e la grandiosa Starlight. All’appello manca la stupenda Wild, ma in occasione del Play It Loud i Nostri hanno preferito puntare tutto sull’immediatezza e la potenza, lasciando alle spalle la melodia. Peccato, sarà per la prossima. Il gruppo è oliato alla grande, a partire dalle pose plastiche anni Ottanta del singer Claudio Pisoni, in forma come vent’anni fa. Il resto della band, a partire da Fabio Tenca, come da copione, non perde un colpo e il pubblico gradisce alla grande il loro heavy metal classico, per certi versi da esportazione. Simpatico il siparietto imbastito da Claudio Pisoni, autore di un assolo di chitarra da incorniciare, con la guitar gonfiabile! Dopo le ristampe di Dirty Armada e Pictures of War, uscite da poco su etichetta My Graveyard Productions, non vedo l’ora di mettere le mani sul nuovo disco, al quale gli Skanners sono al lavoro in questo periodo.
Blitzkrieg [ Federico ‘Immanitas’ Mahmoud ]
Probabilmente i più attesi della giornata, non fosse altro che per la loro storica latitanza dai palchi italiani, i Blitzkrieg si presentano accolti da un pubblico numeroso, attratto da una leggenda della NWOBHM sopravvissuta a tante vicissitudini. Brian Ross, unico superstite dai tempi di Buried Alive (era il 1981), è il motore di una formazione che non avrà la presenza scenica dei connazionali Raven, ma è perfettamente in grado di imbastire un heavy metal show coi fiocchi: pur deludendo chi s’aspettava una scorpacciata dal mitico A Time of Changes, il quintetto di Leicester si concentra sulle produzioni più recenti (con il recente Sins and Greed in testa), che recuperano lo spirito primigenio della tradizione britannica con un sound rinnovato e più attuale. I più distratti si svegliano solo alle note di Blitzkrieg o durante l’acclamato medley Electric Eye – Hell Bent for Leather, ma non esistono solo i Judas Priest e chi ha seguito il concerto di Ross e co. non può che confermare. Ora un tour individuale!
Raven [ Federico ‘Immanitas’ Mahmoud ]
L’ora dei Raven scocca dopo una fortunata trafila di esibizioni, che invita il trio di Newcastle alla prova del fuoco. Niente paura: con un basso di fortuna (John) e qualche chilo di troppo (Mark) i fratelli Gallagher sono ancora gli alfieri di un athletic rock che venticinque anni dopo continua a non fare prigionieri, con buona pace dei detrattori della domenica. Guidati da un attento Joe Hasselvander (non esattamente l’ultimo arrivato), i due lunatici aizzano le prime file al ritmo di Take Control, All For One, Live at the Inferno, spostandosi di rado su dischi meno celebrati (Speed of the Reflex, dall’EP Mad) e placando, con l’inedita Breakin’ You Down, l’astinenza dei fan che attendono ormai da sette anni un lavoro di inediti. Tra una chicca (Born to be Wild, con l’amico Brian Ross) e un medley in chiusura, i Nostri sfornano un concerto non esente da pecche, ma energico e convincente quanto basta per soddisfare i tanti appassionati accorsi. Un dettaglio non trascurabile: una settimana prima del festival i fratelli Gallagher hanno sofferto un grave lutto, che ha indotto la band a cancellare ogni impegno concertistico, con l’eccezione della data bresciana; il gesto non è passato inosservato e ha onorato un evento che, nonostante i prevedibili inconvenienti della prima, è sicuramente partito col piede giusto.
Gli highlight di Stefano ‘Steven Rich’ Ricetti
Musica – Ironsword: Into the Arena, Skanners: Starlight, Assedium: Port Royal, Blitzkrieg: Hell Express, Raven: Rock Until you Drop.
Umanità – Era dagli anni Ottanta che non vedevo una fauna così omogenea di metallari. I gilet d’antan non si contavano e lo scazzo generale faceva molto Eighties style.
Presenze – Con mio sommo piacere ho verificato che quasi tutti quelli che mi aspettavo di vedere erano presenti, tranne i “soliti noti” che trovano sempre una scusa, ma anche questa, ormai, è una certezza.
Frase finale – Arrivederci al Play it Loud 2008, sempre che si faccia! 😉
Foto di Stefano ‘Steven Rich’ Ricetti