Live Report: Protest The Hero ad Assago (MI)

Di Stefano Burini - 27 Gennaio 2014 - 0:03
Live Report: Protest The Hero ad Assago (MI)

PROTEST THE HERO + TESSERACT + THE SAFETY FIRE + INTERVALS

23/01/2014 @Live Forum, Assago (MI)
 

 

«I hope in the future we’ll see the same bill at some big metal festival all around in Europe, with you instead of the “old” Metal Gods. Do you think it is possible, or is it just a dream?»
 

Quella che vedete riportata qui sopra in grassetto è la domanda principale che avrei voluto porre ai quattro gruppi presenti questa sera in scaletta. Ad alcuni lettori di certo farà sorridere, eppure in un periodo in cui il ricambio generazionale è una delle questioni globalmente più in voga, chiedersi quale sarà il futuro del Metallo (live ancor più che in studio) quando i Big appenderanno chitarre, basso, microfono e bacchette al chiodo, è questione tutt’altro che banale ed irrilevante. Band come Protest The Hero, TesseracT e The Safety Fire rappresentano (o dovrebbero rappresentare) il presente e il futuro del metallo pesante e un evento di questo genere potrebbe contribuire a dare all’ascoltatore medio un maggiore polso della situazione e, sperabilmente, aiutarlo a mettere da parte la poca fiducia nel futuro del nostro amato genere musicale. Filosofia a parte, cui ci sarà modo di ricollegarci più avanti, entriamo tuttavia nel dettaglio delle quattro esibizioni.

 

Ore 20 e 15 e lo show inizia, ovviamente, con la prima band in cartellone: i canadesi Intervals, per la prima volta in Italia. Nonostante l’orario non troppo favorevole il Live Forum presenta già una più che discreta affluenza: tanti ragazzi e addirittura ragazze, quasi tutti under 25 (a testimonianza del target d’età maggiormente coinvolto) ma anche qualche metaller un po’ più navigato (categoria nella quale tocca ormai inserire anche il sottoscritto, NdJ), inizialmente attratti dal nutrito stand del merchandising quanto pronti ad accalcarsi sotto al minuscolo palco non appena qualche riff ultradistorto fa capolino dalle casse. La resa è buona, nonostante la voce del nuovo entrato Mike Semesky sia inizialmente un po’ indietro, e la risposta del pubblico è inaspettatamente calda e molto presente. La setlist è per, ovvi motivi (si tratta pur sempre di un opening act), molto ridotta ma le quattro canzoni proposte, tra le quali si distingue il singolo “Ephemeral”, fanno il loro dovere, mostrando una band ancora non del tutto matura (e decisamente ancora troppo debitrice dei Periphery in quanto ad atmosfere e innesti elettronici) ma dalle ottime potenzialità.

 

Alle 21 tocca ai britannici The Safety Fire. L’esibizione inizia con la spettacolare “Red Hatchet”, una delle tracce migliori estratte da “Mouth Of Swords” ed è immediatamente evidente che questi ragazzi, dopo aver passato a pieni voti l’esame su disco, hanno tutte le carte in regola per fare grandi cose anche in sede live. Sean McWeeney si sgola da par suo (anche troppo, restando momentaneamente afono a metà set, ndJ), le chitarre tagliano e percuotono allo stesso tempo, con le loro timbriche tipicamente djent, mentre gli arzigogli ritmici in sede live rendono alla grandissima. Il taglio più estremo e progressivo dei The Safety Fire rispetto alla proposta degli Intervals è assolutamente evidente e la bella “Mouth Of Swords”, così come la durissima e fin troppo spezzettata “Huge Hammers” (da “Grind The Ocean”) ne costituiscono un’ulteriore, lampante, prova, fornendo addirittura l’occasione a McWeeney per lanciarsi in un riuscitissimo body surfing. Grande la risposta del pubblico, sempre più numeroso, anche sulle successive “The Ghost That Wait For Spring” e “Yellowism” mentre la chiusura in grande stile è affidata alla spettacolare “Old Souls”, forse la summa (ad oggi) del sound dei TSF. Dura e frastagliata, ma anche capace di favolose aperture melodiche di matrice progressiva: una piccola grande gemma con cui i londinesi chiudono uno show decisamente positivo.

 

L’entrata in scena dei TesseracT è accolta da un boato e i primi istanti della loro esibizione toccano vette di espressività non da tutti, con quella che parrebbe essere una sorta di intro strumentale in crescendo con la quale introdurre sul palco Ashe O’Hara, nuovo cantante della band dopo l’abbandono del suo predecessore Elliot Coleman. Il prolungarsi un po’ eccessivo dell’intro, a perdere un po’ del pathos accumulato, lascia tuttavia intendere che qualcosa stia probabilmente andando storto ed in effetti alla prima pausa il bassista Amos Williams prende la parola per spiegare che questa sera Ashe non sarà della partita, colto da una misteriosa e fulminante illness che gli impedirà di salire sul palco. Toccherà quindi ai presenti, peraltro inaspettatamente abili, sostituire coi i loro cori le partiture afidate su “Altered State” alla voce di Ashe. Che dire? Il concerto ne esce indubbiamente ridimensionato in quanto a resa globale, giacché la curiosità derivata dal poter ammirare il nuovo cantante alle prese con le parti più tirate delle canzoni appartenenti alla “vecchia gestione”, oltre che la scontata attesa per i TesseracT al gran completo, vengono ovviamente meno. Ed è un gran peccato, perché questi ragazzi suonano davvero da Dio, né le atmosfere eteree e nel contempo futuristiche che riescono a creare sono cosa di tutti i giorni, come peraltro dimostra l’estremo coinvolgimento/gradimento degli astanti. D’altro canto, nel constatare come brani del calibro di “Of Matter – Proxy” e “Of Matter – Retrospect”, per non parlare della favolosa “Nocturne” riescano a colpire favorevolmente anche in veste strumentale, il rammarico per la defezione di Ashe si fa ancora più pesante, rendendo pressoché impossibile valutare in maniera oggettiva ed esaustiva il tutto. Rimandati.

 

Scoccano le 22 45 e tocca, finalmente, alle star della serata: i canadesi Protest The Hero. Mirabdolbaghi e compagnia aprono con la fulminante “Underbite” e il delirio è assicurato fin dai primi istanti: Rody Walker, in versione ultrabarbuta, si dimostra fin da subito istrionico e straripante come ci si aspetta mentre la grande conferma della serata giunge dall’abilità live di tutto il comparto strumentale, con chitarre basso e batteria che eseguono alla perfezione le complesse strutture ritmiche dei vari brani mentre Rody scatena tutto il proprio talento con delle vocals assolutamente da urlo. Lo spettacolo prosegue con qualche pausa, indispensabile per permettere al cantante canadese di riprendere fiato e di scatenare la propria follia con qualche siparietto (purtroppo poco comprensibile a chi non mastichi l’inglese strasciato dell’Ontario), alternata a vere e proprie mazzate in piena faccia come la devastante “Hair Trigger” (da “Scurrilous“) e la mai troppo lodata “Sequoia Throne” (da “Fortress”), uno dei maggiori manifesti del moderno prog/math/core degli anni duemila. Grande spazio, ovviamente, viene riservato alle composizioni di “Volition“, ultimo tassello di una discografia per ora priva di punti deboli, e tra i brani da esso estratti fanno una grandissima figura “Clarity”, “Mist” e “Tilting Against Windmills”, cui si contrappongono le più anziane “Heretics & Killers” e “Bury The Hatchet” (da “Kezia”) e altri estratti da “Scurrilous” come le divertentissime ed imprescindibili “C’Est La Vie” (una delle maggiori hit dei PTH) e “Sex Tapes”. In tutto questo, sotto al palco pare di trovarsi in una bolgia infernale tra moshpit scatenato, botte da orbi e corpi che surfano a mezz’aria sostenuti dalle mille braccia al di sotto; c’è, inoltre, tempo anche per un curioso siparietto con il quale Rody chiama sul palco un ragazzo del pubblico a scandire il ritmo su una batteria invisibile, in onore del nuovo batterista, l’italo-canadese Mike Ieradi, peraltro precisissimo e perfettamente integrato nell’arzigogolato sound dei Protest The Hero. L’encore è infine riservato ad un altro estratto dal sottovalutato “Kezia”, l’acclamata “Blindfolded Eyes”, sulle cui note va a chiudersi un concerto di altissimo livello, il cui unico neo può additarsi alla durata un po’ limitata (poco più di un’ora) che non calma del tutto la sete di violenza e tecnica dei presenti.

Il concerto è finito, le luci si alzano ed è tempo di tirare le somme della serata. Qualche imprevisto (come la defezione all’ultimo minuto di Ashe O’Hara) e una durata complessiva delle esibizioni un po’ risicata non intaccano il giudizio positivo su quattro band ampliamente meritevoli di qualche riflettore in più. Ed anzi, ricollegadomi ad un articolo del blog satirico Vice.com in cui sono casualmente incappato giorni or sono, credo che sia proprio il caso di dire che «No, la musica “di una volta” non era più bella, più vera o migliore di quella di oggi» o quantomeno non per forza; ci sono miriadi di band che producono e suonano musica mediocre, ma in mezzo ad esse vi sono anche tante realtà meritevoli di attenzione e che, almeno inizialmente, non hanno altri mezzi con i quali farsi strada che non siano il passaparola e l’autopromozione. Protest The Hero, TesseracT, The Safety Fire e (in proiezione) Intervals fanno certamente parte di questo novero ed è stato un piacere constatare la grande del pubblico in quel del Live Forum. Ora che lo sapete, passate parola.

Live Report a cura di Stefano Burini