Heavy Thrash

Live Report: Raven + Lilith Legacy @ Ziggy Club, Torino – 07/08/2024

Di Roberto Castellucci - 15 Agosto 2024 - 14:00
Live Report: Raven + Lilith Legacy @ Ziggy Club, Torino – 07/08/2024

Aspettavo da tanto tempo la possibilità di partecipare ad un concerto dei Raven sul territorio italico. Seppi della loro esistenza più di vent’anni fa: ‘facevo il militare’ a Monza e i negozi di dischi di Milano esercitavano su di me un’irresistibile attrazione. Fu in seguito ad una delle mie prime esplorazioni a sfondo musicale di Milano che mi portai in caserma due tra i loro album più apprezzati. Se la memoria non mi inganna fu nella storica sede delle meneghine Messaggerie Musicali che scelsi le edizioni in CD di “Wiped Out” del 1982 e “All for One” del 1983, rispettivamente secondo e terzo full-length dei Raven. Furono acquisti fatti alla cieca: in quel periodo Internet non era ancora un fenomeno di pubblico dominio e le meraviglie dello streaming non esistevano ancora. Ciò che mi convinse fu la presenza di Udo Dirkschneider sulla retrocopertina di “All for One“. L’allora cantante degli Accept appare fotografato in studio mentre sbraita con John Gallagher, storico bassista/cantante del gruppo e tuttora al timone della band insieme al fratello chitarrista Mark. Manco a dirlo, l’acquisto ‘guidato’ da Sant’Udo si rivelò azzeccatissimo! Apprezzai moltissimo i due dischi, riediti nel 2002 dalla storica Sanctuary Records e originariamente diffusi dall’altrettanto storica label inglese Neat Records, nata a Newcastle esattamente come i Raven e fondamentale per la diffusione della NWOBHM. Mi piacque in particolare “Wiped Out“, responsabile di numerose ‘pettinate’ dei miei capelli, all’epoca ancora piuttosto folti e quindi particolarmente sensibili alla furia cieca scatenata dalle canzoni ivi contenute.

John Gallagher e Udo Dirkschneider nell’immagine incriminata

Fino a qualche giorno fa non era poi così scontata la mia presenza allo Ziggy Club. Nulla a che vedere col lavoro o con gli impegni familiari: il concerto di stasera ha rischiato l’annullamento a causa di una violentissima grandinata che ha colpito Torino venerdì 2 agosto. Alcuni pannelli del controsoffitto del locale sono stati abbattuti da chicchi di grandine grossi come pigne che, dopo aver perforato il tetto dello stabile, hanno continuato la loro caduta causando parecchi danni. Grazie allo sforzo congiunto dei gestori, dei tecnici, dei proprietari e dei molti soci accorsi per dare una mano il locale ha potuto riaprire in completa sicurezza nel giro di una manciata di giorni. Chapeau…e grazie a tutti per aver garantito un evento così importante! Questa disavventura sarà una scusa più che sufficiente per avvicinarmi spesso e volentieri agli spillatori di birra: tocca anche a me supportare la causa, che diamine! Coloro che fossero interessati ad aiutare il locale a riprendersi celermente dalla ‘botta’ possono cliccare qui ed esaminare un nostro articolo pubblicato qualche giorno fa: troveranno tutte le coordinate per contribuire all’iniziativa di crowdfunding lanciata dalla gestione.

Lo Ziggy Club qualche giorno prima del concerto
Il locale ripristinato

L’accoglienza nel locale è come al solito ottima: buona musica di sottofondo, banco del merch ultrafornito comodamente posizionato di fronte al bancone del bar. La variopinta clientela è abbigliata con le immancabili magliette coi teschi che tanto ci piacciono…nonostante le primavere che si intravedono sulle spalle dei presenti. La fede va rispettata, a prescindere dagli anni che passano! Anche il rito della birra introduttiva va rispettato: prima di avvicinarmi al merch è giusto onorare l’impegno…peccato per un temporaneo malfunzionamento degli spillatori, ulteriore colpo di sfortuna che getta me e molti altri viziosi nella più nera disperazione. Prima la grandine, poi gli spillatori: la scalogna continua a colpire ma le spalle di clienti e gestori rimangono larghe e reattive. Mentre il pronto intervento di un giovane tecnico tenta di ripristinare la situazione, gli astanti danno volentieri fondo alle scorte di birra in lattina tirate fuori per l’emergenza. Le casse audio del locale intanto diffondono “H-K (Hunter-Killer)” dei Fear Factory e “Mouth for War” dei Pantera, il tutto in barba completa al menù prettamente old school previsto per questa serata. Prima dei Raven, infatti, calcheranno il palco dello Ziggy i giovani Lilith Legacy, terzetto torinese dedito ad un energico Heavy/Thrash di stampo classico. Sul telone posizionato alle spalle della batteria appare il monicker dei Lilith Legacy, che può essere ammirato già da parecchie persone. Onestamente non mi aspettavo un’affluenza così numerosa, considerando la data agostana infrasettimanale. Quando c’è da scapocciare, ormai l’ho capito, il Piemonte siderurgico accorre!

Lilith Legacy

Finalmente riesco a vedere dal vivo i Lilith Legacy. È da un po’ di tempo che corro dietro a questa giovane band senza mai riuscire a ‘beccarli’ tutti quanti su di un palco: i casi della vita mi hanno infatti permesso più volte di conoscere il lavoro di uno dei membri, il cantante e chitarrista Davide Tieri, nella sua veste di bassista dei thrasher sabaudi Damnation. Uno dei compari metallari incontrati allo Ziggy, il tastierista degli Hounds Marco De Fabianis, è convinto che mi piaceranno. Ci incontriamo in occasione di ogni concerto consacrato alla vecchia scuola del Metal e mi fido ciecamente del suo giudizio: ormai avrà capito quali parrocchie tendo a frequentare più volentieri! Pochi minuti dopo le 22:00 cala il buio in sala e il trio sale sul palco. I tre ragazzi si presentano girati di spalle mentre una minacciosa base preregistrata attira l’attenzione del pubblico. Dopo una manciata di secondi i musicisti si rivolgono all’uditorio, si collegano con precisione alla base e iniziano a snocciolare la loro scaletta. Il menù dei Lilith Legacy pesca alcuni brani dal primo, omonimo EP del 2022 e presenta alcune canzoni inedite: il gruppo è attivo dal 2018 e sta poco per volta rendendo più fitta la propria discografia. Il genere proposto dai ragazzi è un Thrash Metal piuttosto elaborato, arricchito da soluzioni di matrice Heavy/Prog che rendono il prodotto finito piuttosto difficile da etichettare. Ad un primissimo esame mi sembra di percepire echi di Coroner, Megadeth e Helstar, ma si tratta di una semplicissima prima impressione. Indubbiamente una patina old school permea tutta la produzione del gruppo; tuttavia la forza dei Lilith Legacy è la capacità di creare sonorità fresche e moderne rifacendosi a tutto ciò che di meglio il Metal ha prodotto negli ‘ultimi’, si fa per dire, 30 o 40 anni. Sento persino una voce in scream farsi avanti in certi momenti, senza che né il cantante né la bassista aprano bocca: il responsabile delle vocalità estreme non può che essere il ‘tentacolare e vorticoso’ batterista Pietro. Tra una rullata ardita e l’altra, sfoggiando un’abilità che ho sempre ammirato nei batteristi/cantanti, trova anche il modo di partecipare attivamente all’esecuzione delle linee vocali. Attenzione: l’apprezzabile varietà stilistica dei Lilith Legacy non pregiudica in alcun modo l’impatto di canzoni come “Virtue of Pleasure”, “Disguised Devotion”, la conclusiva “Hazmat” o la bellicosa “Persecution”. A riprova di ciò, infatti, si fanno notare fin da subito parecchi scalmanati in mezzo al folto pubblico, interessatissimi alla performance dei Lilith Legacy e ben contenti di lanciarsi più volte in vivaci sessioni di pogo. Chi segue i Raven da qualche anno sa che la loro musica spesso veniva definita athletic rock, sfruttando il titolo dell’ultima traccia di “All for One“…devo però essere sincero: abbiamo fatto un bel po’ di sport anche con i Lilith Legacy! Seguite la band approfittando dei collegamenti seguenti e godeteveli dal vivo appena sarà possibile!

I Lilith Legacy su Facebook: https://www.facebook.com/LilithLegacyMetal?locale=it_IT

Pagina Bandcamp del gruppo: https://lilithlegacy.bandcamp.com/album/lilith-legacy-demo-ep

Raven

I fratelli Mark e John Gallagher iniziano ad aggirarsi tra il palco ed il backstage, iniziando a montare l’attrezzatura e ad accordare la strumentazione. Esatto, i due ragazzi terribili portano lo stesso cognome dei fratelli fondatori degli Oasis. Spero vivamente che qualche lettore non se ne sia mai accorto prima d’ora…questa coincidenza rischia di tenervi svegli di notte, soprattutto se avete appena visto un concerto dei Raven e avete iniziato a paragonare il loro athletic rock con certe canzoni che negli anni ’90 vendevano milioni di copie! L’età media degli astanti accorsi per ammirare il terzetto da posizione privilegiata, piuttosto bassa con i Lilith Legacy, si innalza un po’: comprensibilmente i Raven hanno attirato molti metallari che hanno forgiato la loro fede con gruppi dalla storia più che quarantennale. Rimane il fatto che sotto alle medesime quattro mura convivono persone appartenenti a generazioni molto distanti tra loro: per l’ennesima volta mi trovo a dover sottolineare il fatto che il Metal, in qualche modo, non è poi così lontano dall’immortalità. Il pubblico si è ammassato di fronte al palco, le luci si abbassano, parte un brano introduttivo spettrale preregistrato e poi…il casino. Non mi vengono in mente altri termini. Molto tempo fa sentii dire da un conoscente che i Raven sul palco sudano più degli scalmanati nel pit: non posso che confermare quest’affermazione. Si tratta del classico terzetto che obbliga gli spettatori a chiedersi ‘ma quanto bordello riescono a piantare solo in tre?‘ Non a caso il batterista Mike Heller, unico non rappresentante della storica line-up che vedeva Rob “Wacko” Hunter seduto dietro alle pelli, arriva dal mondo del Metal estremo. Heller infatti risulta tuttora impegnato in band Death Metal come Malignancy e Black Hole Deity: chiuque voglia approfondire farà cosa buona e giusta. Star dietro a due scavezzacolli come i fratelli Gallagher non è sicuramente semplice: si capisce bene cosa li abbia spinti a scegliere un percussionista dalla resistenza olimpionica e apparentemente dotato di un paio di braccia aggiuntive oltre alle due regolari. Fin dal primo minuto l’occhio del pubblico cade in particolar modo su Mark Gallagher. Avete presente la copertina dell’EP “Mad“? Il primo piano del chitarrista su quell’EP ritrae l’espressione costante del suo volto, mantenuta durante tutto il concerto.

Il chitarrista corre da una parte all’altra del palco senza sosta; persino nelle rare occasioni in cui è costretto a fermarsi per cantare o per aizzare il pubblico non riesce a tener salda la testa, che rotea in un continuo headbanging causando un ininterrotto spargimento di sudore sulla strumentazione…e sul pubblico delle prime file. Non che il fratello John stia buono e tranquillo, sia chiaro: quando arriva il momento di “The Power“, prima canzone dell’album “Metal City” del 2020, il bassista sfoga l’irritazione per qualche problemino tecnico, esasperando la sua incazzatura ancora di più rispetto a quella già garantita dal suo normale status di vigoroso rocker. Passata la buriana John Gallagher si fa subito perdonare, rivolgendosi direttamente al pubblico presente per enunciare le due principali ragioni per cui ci troviamo tutti qui. La prima è perché amiamo il Metal, la seconda è perché vogliamo divertirci. Più semplice di così…ed ecco deflagrare “Surf the Tsunami”, estratta dall’ultimo album “All Hell’s Breaking Loose” e introdotta da John che promette di portarci tutti in mezzo all’oceano. Dall’ultimo album arriva anche “Turn of the Screw”, degna di nota grazie ai brevi inserti in blast beat inseriti dal batterista e che suonano come una naturale evoluzione del sound dei Raven. Giunge il momento di passare ad una parte più tranquilla della scaletta: inizia la riproposizione dei classici “All for One” e “Rock Until You Drop“, forse le canzoni più calme del lotto…all’anima della tranquillità: con “Rock Until You Drop“, immediatamente riconosciuta da gran parte dei presenti, parte addirittura una bella sessione di pogo! “All for One” e “Rock Until You Drop” inoltre scatenano un lungo e solenne momento di call and response tra cantante e pubblico: “Rock Until You Drop” dura dieci minuti e forse più, grazie anche all’annessione di un eterno assolo di chitarra di Mark Gallagher, sudatissimo, instancabile e sempre più posseduto. Il vero padrone del palco è lui, che con le sue espressioni indemoniate e il sudore che cola senza sosta dimostra davvero che il Metal può essere ben più efficace di una qualsiasi sostanza psicotropa…o ringiovanente. Qual è l’obiettivo ultimo dell’incredibile assolo di Mark? Introdurre la mitica “Faster Than the Speed of Light”, immancabile in un tour che, come ci ricorda John, celebra il cinquantesimo anniversario della band. Le note della successiva “Inquisitor”, estratta dall’EP “Break the Chain” del 1983 ed inizialmente cantata su disco anche dal buon Udo Dirkschneider, permettono agli scatenati di riprendere il pogo e a John di iniziare un lungo ed intenso assolo di basso. Da antologia una delle fonti scelte da John Gallagher per trasmettere le giuste vibrazioni al suo strumento: schiaffoni in stile Bud Spencer che il bassista affibbia a mano aperta sulle teste di molti malcapitati in prima fila! Rimane tempo per un’ulteriore puntatina nella tracklist dell’ultimo album: la title trackAll Hell’s Breaking Loose” fa da sottofondo ad un’altra serie di terremotanti cori del pubblico, che risponde con allegria alle sollecitazioni ricevute dai membri della band. I fratelli Gallagher a gran voce organizzano altri momenti di call and response con i brani “On and On” da “Stay Hard” del 1985 e la succitata “Break the Chain”. Il cantante, poco prima di esguire “Break the Chain”, ringrazia tutti per essere intervenuti così numerosi pur essendo mercoledì sera. Siamo arrivati per goderci una sana dose di Metal: lo vogliamo pesante? Siamo sicuri? In seguito all’ovvia risposta positiva da parte nostra i Raven si lanciano in un lungo e ricco medley composto da brevi parti strumentali di classiche canzoni Heavy Metal, tra le quali mi piace citare “Supernaut”, “Symptom of the Universe” e la parte finale di “Iron Man”, tutta farina del sacco dei Black Sabbath, e un prelibato assaggio di “Rock Bottom” degli Ufo. Inutile dire come a questo punto i presenti siano cotti a puntino, tanto che l’ennesima richiesta di cori da parte della band non sortisce l’effetto desiderato. Mark commenta l’esito dei nostri urli definendoli not bad but not fucking good…suvvia, un po’ di impegno! L’ultimo grido del pubblico, finalmente, riesce a far tremare le pareti del locale: i Raven si sentono autorizzati a procedere con “Chainsaw”, altra bella mazzata sonora presente nell’albumWiped Out”. L’aggressività di questo brano pone fine alla galoppata, vissuta intensamente tanto dai Raven quanto dai loro vecchi e nuovi fan. Mi sembra infatti di notare in mezzo al pubblico molti ragazzi grondanti di sudore che a inizio concerto erano tranquillamente sistemati nelle retrovie: la scuola dei Raven riesce a mettere davvero d’accordo chiunque. John Gallagher annuncia che nel giro di qualche minuto potremo fare due chiacchiere con la band nei pressi del banco del merch: non vediamo l’ora!

Grandi sul palco, grandi fra la gente. I Raven si mostrano affabili con tutti e concedono foto a chiunque, accompagnando ogni scatto con calorose strette di mano e molti autografi su vinili e CD. Anche io, come da copione, corro ad approfittare dell’occasione scattando qualche selfie con i musicisti. Non di soli selfie vive il fan, però…il banco del merch mi attira come il miele fa con gli orsi, soprattutto perché noto la presenza di due CD bootleg ufficiali che ripropongono vecchie registrazioni live dei Raven. Ne scelgo uno e, giunto il momento di pagare il dovuto, estraggo una banconota da 20 Euro in attesa del resto di 10. Il curatore del banco mi comunica che non ha più resto da darmi: da consumato venditore mi propone di acquistare entrambi i dischi e io, da consumato spendaccione, sposo la sua idea senza esitare. Non mi sono accorto, però, che Mark Gallagher si è avvicinato al banco mentre stavo portando a termine la transazione. Felicissimo per avermi visto acquistare entrambi i bootleg, inizia a raccontarmi parecchi retroscena relativi a questi dischi. I Raven hanno deciso di dare una rispolverata ai loro archivi per pubblicare una lunga serie di bootleg da presentare esclusivamente dopo le esibizioni dal vivo, così da tramandare ai posteri memorabilia recuperabili solo se si presenzia ad un loro live. Tra i prossimi bootleg apparirà anche la registrazione di un concerto svoltosi durante un tour che i Raven hanno condiviso con i Metallica, all’epoca freschi della pubblicazione di “Kill ‘em All”: fortunati i fan che potranno mettere le mani su questo disco! Approfitto del momento per far firmare entrambi i CD al buon Mark, che in un impeto di generosità mi regala una stampa professionale raffigurante parte della copertina di “All Hell’s Breaking Loose”. Faccio autografare anche quella al chitarrista, che aggiunge all’autografo una simpatica caricatura del suo volto, ritratto nella sua tipica espressione indemoniata. Concluderò l’articolo mostrando questa dedica, in modo da ricordare a tutti i Lettori che un concerto spesso porta con sé molti bonus aggiuntivi alla ‘semplice’ musica diffusa dal palco. Cercate di partecipare agli spettacoli dal vivo, fatevi in quattro per riuscire, fate qualche sacrificio: non si tratta solamente della necessità di supportare la scena, si tratta di vivere esperienze arricchenti che porterete con voi per sempre. Arrivederci al prossimo concerto!

Cordiali saluti da Mark Gallagher