Live report: Riverside a Bratislava

Di Tiziano Marasco - 30 Maggio 2013 - 15:11
Live report: Riverside a Bratislava

1. Introduzione etnografica.

Bratislava è decisamente una città brutta. Costruita male, incasinata per quanto non arrivi a mezzo milione di abitanti, che per lo meno sono slovacchi e dunque  più aperti ed amichevoli dei cechi, in specifico dei praghesi. Comunque, la notizia veramente buona è che stavolta Bratislava non la devo vedere granché. Stazione, luogo in cui dormo e luogo in cui suonano i Riverside sono tutti sulla stessa strada. Già che sono un po’ a pezzi per le quattro ore di treno riesco ad addormentarmi fino alle 6, dopodiché incontro altri due conterranei transfughi con cui mi scofano un piatto di halušky (strozzapreti). Dopodiché guadagno rapidamente il Majestic music hall, arrivo all’ingresso e mi ricordo di avere 5 (cinque) euro in tasca. Il resto se lo sono prese le halušky. Chiedo se accettano carte di credito. Naturalmente no. Liberi di darmi dello scemo, avete pienamente ragione. Chiedo a che ora iniziano i Riverside, mi dicono 20.30, guardo l’orologio che mi dice 20.25, mi fiondo in strada, passo correndo due semafori rossi, assalto un bancomat che mi ricordavo essere lì dietro, rifaccio la strada, entro, finalmente pago.

2. Riverside.

Noto che la sala concerti del Majestic è piuttosto ampia, per non dire che sotto al palco ci staranno mille persone con l’aggiunta di uno spalto con posti a sedere per altre 50 persone come minimo. Nonostante tutto siamo pochissimi, dubito che ci siano più di 100 presenti in sala, il che è un bene perché mi consente di abbarbicarmi a piè palco e di girare per lo spazio a piacimento. Mi guardo in giro. Metallari tout-court pochi, come c’era da sospettare, poi c’è anche qualche vecchietto coi capelli bianchi (parterre de rois insomma). Il fatto di entrare 1 minuto prima dello show non significa che mi sia perso dei gruppi spalla. Stasera suonano solo i quattro di Varsavia.
 


 

Si comincia e subito grandi applausi per Micha? ?apaj che guadagna le tastiere a cavallo di due stampelle. Infatti come aggiungerà Mariusz Duda successivamente, i nostri hanno ribattezzato la loro tournée promozionale per Shrine of new generation slaves come brocken leg tour. Le cause non le svela, io sospetto un incidente durante una sbronza, accadimento non infrequente nei paesi slavofoni. Per lo meno a giudicare dal numero medio di stampellati che si vedono in giro nella mitteleuropa, unito ai racconti di svariati amici che hanno vissuto il problema in prima persona. Avete capito, da queste parti si beve.

Ad ogni modo, il concerto parte e naturalmente la fanno da padrone le canzoni di Shrine of new generation slaves, che sta andando parecchio bene dal Belgio alla Finlandia. Naturalmente, trattandosi di un disco estremamente calmo e riflessivo, le composizioni più lente guadagnano una sezione ritmica decisamente più pompata. In particolare il basso, che Duda padroneggia alla perfezione, elargendoci anche un paio di assoli di diversi minuti.

Colpisce in particolare che i nostri riescano a produrre tante sfaccettature sonore con una formazione a quattro (e molto spesso non suonano nemmeno tutti assieme, secondo buona tradizione prog). Certo, sono aiutati da un ottimo impianto sonoro. Non li aiuta invece l’impianto luci, due faretti in croce. L’esibizione scorre liscia per tutte le sue due ore di durata, i polacchi sono molto composti ed asettici e non gli si può dar torto: è difficile scaldare gli animi quando il pubblico è composto di quattro gatti. Ogni tanto ci intrattiene con le loro disavventure di questa loro tournée (mondiale), poi scherza sul fatto che la sua band era definita come i “porcupine tree polacchi” poi come i “dream theater polacchi” ma dopo l’uscita di Shrine nessuno ha trovato ancora un nuovo gruppo a cui paragonarli. E vorrei vedere.

Ad ogni modo, i pezzi suonati provengono anche da Anno domini high definition e Rapid Eye movement, e, dopo un bis di due canzoni, i nostri ci salutano. È un peccato che siamo così pochi. Fossimo stati un po’ di più, avremmo potuto onorare degnamente un’ottimo concerto. Pazienza. Magari torno a vederli a Praga  fra due settimane (a chi vive in Italia invece conviene andare a Lubiana mi sa, perché questi ragazzi meritano decisamente).