Live Report: Rock For Liguria – Red Vibes, 26/11/2011

Di Silvia Graziola - 3 Gennaio 2012 - 10:00
Live Report: Rock For Liguria – Red Vibes, 26/11/2011

Rock For Liguria

Red Vibes, 26/11/2011

 

A cura di Michele Carli, Orso Comellini, Damiano Fiamin, Silvia Graziola e Stefano Vianello.

Il motivo per cui sei in viaggio per questa meta lo scopri già sull’autostrada: i lunghi viadotti che attraversi mostrano sotto di sé un paesaggio lunare e monocromo. Tutto è ricoperto da una sottile patina di melma ormai essiccata dal sole. Lo scenario è da togliere il fiato mentre vedi la gente che accantona quello che la violenza dell’acqua ha trasportato.
Accompagna il tuo viaggio un pulviscolo grigiastro che ti fluttua trasportato dall’aria appena esci da ogni galleria e i letti dei fiumi fatti da alberi sventrati e ancora melma. Le alluvioni in Liguria e Toscana sono solo le ultime in ordine di tempo anzi, nemmeno più le ultime. Migliaia di persone si sono date da fare per dare una mano ha chi ha perso tutto, con ogni mezzo a loro disposizione. Terence Holler ha voluto fare la stessa cosa con quello che sa fare meglio: la musica.
Ed è così che in tempo record ha organizzato un festival di musica rock e metal per raccogliere fondi, in cui decine di band provenienti da ogni parte d’Italia hanno dato la loro disponibilità a partecipare; così tante che dopo aver ricevuto le prime trenta adesioni, Terence ha dovuto fermare le candidature perché non ci sarebbe stato abbastanza tempo per far suonare tutti.
Così è nato il Rock For Liguria.
Il locale scelto per ospitare l’evento è il Red Vibes di Castellina Marittima (LI) e in un certo senso si tratta di una sfida nella sfida, dato che si tratta di una zona non troppo frequentata, soprattutto in inverno. Non a caso questo sarà l’ultimo evento del locale, prima della sua chiusura.

Entriamo all’interno del Red Vibes nel primo pomeriggio mentre fervono i preparativi in un clima di allegria e solidarietà reciproca: manca poco all’apertura delle danze e sarà una maratona furiosa e dalle regole ferree. Terence sale più volte sul palco per spiegare le direttive, tra una battuta e l’altra e scusandosi del suo caratteraccio: ogni band avrà a disposizione dieci minuti per esibirsi più cinque minuti di cambio palco. Chi sgarra suona di meno.
Un’ultima messa a punto alla batteria e ai suoni (a proposito, tutto il materiale presente sul palco è messo a disposizione a tutti i gruppi dagli Eldritch), tutti i musicisti si fiondano alla cassa per pagare il biglietto… pronti? Si comincia.

In questa giornata all’insegna della solidarietà si sono alternati sul palco decine di musicisti provenienti da tutta Italia. Chi più conosciuto, chi meno, tutti si sono impegnati per dare il meglio nei dieci brevi minuti a loro disposizione. L’arduo compito di aprire la manifestazione tocca al sound alternative-rock dei Dusko, a cui si susseguono band di ogni genere, dal metal più classico all’hard rock, dal death melodico al power. Diversi gruppi riescono a impressionare in maniera più che positiva gli spettatori: i Sheol con il loro progressive stupiscono per la qualità della loro proposta musicale, seguiti dalle sonorità più “alternative” degli Shed of Noiz in contrasto con il più tradizionale heavy metal dei Crawler; mentre i Kalypso e il loro heavy-glam fanno decisamente esaltare chi li sta ascoltando.
Quella di questa sera è una vera e propria full immersion di ottima musica, un’ottima occasione per conoscere nuove band come i toscani Humangled con il loro death metal aggressivo ed evocativo o i Fireyed con il loro hard rock o ancora l’heavy metal più classico dei Wildroads.  Trascorrono i minuti e si alternano sul palco con ordine e con grandissimo rispetto per le tempistiche i livornesi Narkhan con il loro death/metalcore, i Burn Inside, gli Absolute Priority e gli Ecnephias con il loro rabbioso death sporcato di black metal. I Dawn Of Memories con la propria esibizione portano sul palco del Red Vibes un death melodico coinvolgente e di gran impatto rompendo il ghiaccio con la loro “Be My Eyes”; tocca poi al power “sintetico” dei Synthphonia Suprema, veloci e leggeri passano anche i dieci minuti a loro disposizione.

 


 

È quindi il turno degli Shining Fury, gruppo fondato dal batterisa Ross Lukather (ex-Death SS) nel 2001, che tiene fede al suo nome riversando sui presenti un power metal furioso e di forte impatto con il brano “060501” estratto dall’album di esordio “Last Sunrise”.
Ogni band meriterebbe di suonare almeno un paio di brani in più, ma purtroppo essendo davvero molte, il tempo è limitatissimo. Rimarrà sicuramente impressa a tutti i presenti l’esibizione dei Deadly Tide che con il loro hard rock con armonica hanno fatto letteralemente impazzire la gente accorsa nel locale, stravaganti e dannatamente trascinanti!
Particolarmente interessante appare anche la proposta dei Raintime che salgono sul palco proponendo un metal molto personale e contaminato da più correnti unite assieme in modo decisamente convincente. Chiudono la prima parte della giornata gli H.A.R.E.M. che riescono sin da subito a coinvolgere il pubblico con il loro cavallo di battaglia “Alien”.

Dopo una breve pausa per rifocillarsi tocca ai Rhumornero l’ingrato compito di aprire le danze. Ingrato perché molti dei presenti sono ancora fuori a consumare la cena e il locale è mezzo vuoto. La band però non si scoraggia e con pochi minuti di musica riesce ad attirare sotto al palco come una calamita un buon numero di persone che pian piano rientrano. Sebbene il genere proposto dal combo pisano sia piuttosto diverso dal quello suonato dalle altre band, il suo alternative rock piace al pubblico che li applaude. Si scopre anche che si è in anticipo con i tempi di esibizione e alla band, come a quelle che seguono, viene dato qualche minuto in più.

 


 

Michele Luppi

Tocca a Michele Luppi salire sul palco. Come di consuetudine Michele ride e scherza con gli spettatori delle prime file mentre sfodera tutta la sua potenza vocale. Rendono davvero bene le canzoni proposte, da Trust, estratta dal disco solista Strive, a La Vita Fugge, brano che Luppi cantò nel suo primo disco con i Vision Divine, nel cui finale, l’acuto conclusivo manda in delirio i ragazzi sotto il palco. La performance continua con Feel Alive, pezzo hard rock dal tiro melodico che chiude anche questa breve esibizione. E’ davvero in splendida forma Michele questa sera, insieme a tutta la band sfodera una delle migliori performance della giornata.
Un ringraziamento personale da parte di Truemetal va a Michele Luppi per aver lasciato al nostro stand alcuni suoi cd il cui ricavato di vendita è stato messo tutto in beneficenza.

Stefano Vianello

 



 

Dark Quarterer

I rigidi tempi di esibizione delle band vengono rispettati talmente bene che i gruppi si ritrovano a salire sul palco con diversi minuti di anticipo rispetto alla tabella di marcia. Gianni Nepi, storica voce dei Dark Quarterer, abbandona di corsa la cena per correre sul palcoscenico e, frastornato e divertito, racconta l’aneddoto durante il montaggio della strumentazione.
Le note di pianoforte di The Blind Church, estratta dall’album del 2008 Symbols, riscaldano l’atmosfera del locale e fanno rientrare le ultime persone attardate fuori. Dopo un lungo e meritato applauso è il turno di uno dei cavalli di battaglia della band, Retributioner, brano di apertura dello storico The Etruscan Prophecy (1988), che mostra a chi ancora non abbia avuto occasione di vedere dal vivo la band di Piombino come l’entrata in formazione del tastierista Francesco Longhi abbia arricchito il sound della band, dandogli potenza e ricchezza.
Il tempo è poco e scorre sempre troppo veloce ma il fatto di essere in anticipo sui tempi di esibizione permette ai Dark Quarterer di suonare una canzone in più. La scelta ricade su Last Song, traccia conclusiva di Violence (2002), album che lo stesso Nepi presenta come il più controverso composto dalla band. Il brano incanta il pubblico con la sua melodia quasi ipnotica e svanisce con la stessa leggerezza con cui è apparso: c’è un nuovo cambio palco da fare.

 



 

Tossic

Dopo il consueto e velocissimo cambio di palco, ecco salire Mazza, Asma e compagnia, colonne portanti di uno dei gruppi metal più amati della Toscana: i Tossic. In piedi dalla seconda metà degli anni ottanta, basta il solo nome a far scaldare l’atmosfera di fronte al palco, ma è con il riff thrash di “Come una iena” che parte il primo, vero pogo della serata. La gente comincia a volare e dopo il rallentamento tocca a Mazza dettare le regole, declamando il famoso, idilliaco testo che pare uscito da una delle fiabe dei fratelli Grimm, qui proposto nella versione più cruda di Transumanza. Cantata a gran voce dai presenti, “Come una iena” lascia posto a un altro grande classico, la cadenzata “Be’ mi tempi”. Asma, il Canna e Mitch, quest’ultimo già batterista dei Subhuman, non sbagliano una nota e sembrano apprezzare il concerto tanto quanto il resto del pubblico. C’è aria di festa e il coinvolgimento è alle stelle, quindi quale miglior canzone di “Catarro Tricolore”, tratta dal secondo disco “Stato Brado”, per riscaldare ancora di più lo spirito? Si procede poi con la recente e atipica, ma già considerata a ragion veduta tra i classici, St. Honorè: una sequela senza senso di parole francesi a caso interrotte dal ritornello “Marron glacè! Cheschemenefottamuà!”, ovviamente seguita dal pubblico totalmente partecipe. Il concerto si chiude, come di consueto, con la canzone più toccante e profonda del repertorio dei Tossic, summa concettuale di tutta una carriera: Cazzi di Pane. Sparisce il Mazza dietro al palco per poi tornare con la famosa sacca nera piena dei falli farinacei, un po’ sformati a causa della momentanea assenza del panettiere di fiducia e quindi, questa volta, autoprodotti. Esecuzione perfetta, calore e cazzi di pane: cosa si può volere di più da un concerto? Senza dubbio i Tossic hanno dato a questa serata di beneficenza una delle prestazioni più efficaci e sentite in assoluto. Applausi!    

Michele Carli                

 



 

Vanexa

Dopo i Dark Quarterer, sale sul palco un’altra leggenda della scena heavy nostrana: i liguri Vanexa. Il gruppo non perde tempo e incendia gli animi dei presenti con un’esibizione che parte subito tiratissima e frenetica, con chitarre veloci e graffianti e una sezione ritmica da togliere il fiato. Oltre a Sergio Pagnacco e Silvano Bottari, i due membri storici, la formazione è completata da Alex Graziano e Artan Selishta che sono riusciti a introdurre le loro sei corde con veemenza e una grinta davvero incredible. Sfruttando appieno la carica derivante dalla giovane età, si integrano perfettamente con basso e batteria e suonano senza timore brani che ormai appartengono alla storia del metal italiano, come “Metal City Rockers”, “Rainbow In the Night” e “I Wanna See Fires”. Interessante lo strumentale scritto dal chitarrista albanese Artan, una commistione di sonorità balcaniche e orientaleggianti a cui fanno seguito degli inserti più propriamente riconducibili alla musica dei liguri. Dopo un intro più dilatata ed eterea, il brano prende corpo e si inspessisce, affiancando ai solo di chitarra un basso e una batteria granitici. Oltre al valore intrinseco del pezzo, è da sottolineare come questo sia un segnale molto importante per lo stato di salute della band: dopo oltre trent’anni, i Vanexa hanno ancora voglia di sperimentare strade diverse e di lanciarsi in nuove avventure; davvero ottimo! Se queste sono le premesse, attendiamo con ansia qualche nuovo disco. Da evidenziare anche la gran prova vocale di Graziano, voce pulita e ferma che riesce a raggiungere senza difficoltà le tonalità più elevate. Quando ormai il concerto volge al termine, c’è ancora tempo per una (finta) sorpresa: l’arrivo di un ospite di prestigio come Andrea de Paoli, già in forze nei Labyrinth. Il musicista compare verso la fine e accompagna il gruppo con la sua tastiera, in un momento di elevato coinvolgimento per il pubblico, già caricatissimo da quanto ascoltato sino a quel momento. Grandi applausi a conclusione di una delle esibizioni migliori dell’intera manifestazione.

Damiano Fiamin

 



 

Eldritch


Giusto il tempo di raccogliere (come dei preziosi cimeli da esibire) i falli di pane elargiti, come da tradizione, dai Tossic, che sul palco salgono gli Eldritch. I Nostri hanno appena pubblicato il loro ottavo album da studio (“Gaia’s Legacy”) e sembrano godere di buona salute grazie anche a un paio di nuovi innesti nella line-up a portare nuova linfa: Rudj Ginanneschi alla chitarra e Gabriele Caselli ai tasti d’avorio. L’inizio è quantomeno emozionante con la cover della mitica “Gutter Ballet” dei Savatage. Alla partenza del giro di tastiera l’attenzione del pubblico è massima. Probabilmente i presenti, così come il sottoscritto, si aspettano che quella sia solo una breve citazione, invece il brano non s’interrompe e viene portato a termine dal sestetto, tra lo stupore e l’eccitazione della folla. Non si risparmiano neanche gli urli finali fatti come si deve: eseguiti però dal tastierista perché, come afferma (ridendoci su) lo stesso Terence Holler a fine canzone, non voleva sciupare la resa finale e l’atmosfera elettrizzante che si stava creando. Chapeau agli Eldritch. Lo show poi prosegue con estratti dal nuovo album, che si integrano perfettamente con brani ormai classici come “Save Me” o “The World Apart” che coinvolgono praticamente tutti i sostenitori. Piacciano o meno bisogna dargli atto di aver trovato una interessante miscela di potenza, melodia e tecnica, a cavallo tra prog e power e un pizzico di thrash. la loro prova è davvero convincente ma d’altra parte l’esperienza accumulata in tanti anni di carriera si fa sentire. Un plauso a tutta la band, ma uno in particolare lo merita un visibilmente euforico Terence: dopo essersi sbattuto nei giorni precedenti per dare vita al Rock For Liguria, aver presentato le band che si sono alternate sul palcoscenico e aver coordinato ogni aspetto della giornata, il vocalist si è decisamente dato da fare anche on stage.    
 


 


Sadist


Dopo la classe dei Dark Quarterer, la divertente (e irriverente) esibizione dei Tossic, la grinta e l’adrenalina dei Vanexa e la coinvolgente e non priva di sorprese prova degli Eldritch, tocca agli headliner della manifestazione far tremare dalle fondamenta il palcoscenico del Red Vibes. Portandosi dietro di sé una candida e gelida ventata artica, fanno la loro apparizione on stage i Sadist. Forti di un ritorno sulle scene in grande stile ormai da alcuni anni e reduci dal fortunato tour promozionale dell’ottimo “Season In Silence” (dello scorso anno), i Nostri si dimostrano da subito e senza dubbio alcuno, all’altezza delle più rosee aspettative e non fanno mancare brani del loro più recente passato. Iniziano in maniera dirompente proprio con la title-track dell’ultimo disco e poi snocciolano canzoni come “One Thousand Memories”, “Tearing Away”, alternati ad altri più datati (e altrettanto entusiasmanti) come “Sometimes They Come Back” dal loro leggendario debutto “Above The Light”. Non capita tutti i giorni di poter apprezzare dal vivo un chitarrista come Tommy Talamanca, capace di suonare all’occorrenza la sei corde praticamente in contemporanea con la tastiera e neanche un bassista come Andy Marchini, il quale pur non disponendo del proprio fretless, è in grado comunque di lasciare il pubblico sbalordito. Ottima anche la prova di Alessio Spallarossa dietro alle pelli, forse meno devastante di Peso, ma quanto a tecnica non ha granché da invidiare al suo predecessore e a buona parte dei suoi colleghi (illustri o meno). Trevor poi è uno screamer da paura, ad ogni suo urlo s’insinua un brivido lungo le vertebre. A chiudere lo show, per il divertimento dei presenti, il combo genovese propone la cover di “Highway To Hell” degli AC/DC.

 



Questa storica giornata, dedicata alle vittime dell’alluvione in Liguria e alta Toscana, è volta al termine. Una trentina di band, alcune dell’affollato panorama underground, altre dei veri e propri pilastri del metallo tricolore, si sono succedute sul palco del Rock For Liguria. Senza compensi, rimborsi spese o bibite omaggio e pure pagando il biglietto d’ingresso: sicuramente tutti da encomiare. Sono avvenimenti, purtroppo rari in ogni ambito (sarà per un problema generazionale, sottocultura o la troppa offerta), che fanno onore a tutta la scena metal.