Live report: Rock Hard Festival III a Trezzo d’Adda, 15.9.2012
Rock Hard Festival III
Live Club
Trezzo d’Adda (MI)
Sabato 15 settembre 2012
Live report a cura di Stefano Ricetti, Nicola Furlan e Orso Comellini
Terza edizione del Rock Hard Festival tenuta al Live Club di Trezzo d’Adda, in provincia di Milano, per quello che sta divenendo ormai un appuntamento fisso e di livello all’interno del calendario concerti tricolore. Bill all’insegna dell’estremo ma non solo, in grado di soddisfare in momenti diversi palati dalle differenti attitudini, cosa impensabile anche solo qualche decennio fa, quantomeno alle Nostre latitudini. Data ormai per consolidata la mancanza di numeri sufficienti a coprire le “uscite” per motivi anagrafici, lavorativi, affettivi e chi più ne ha più ne metta in ambito defender nelle occasioni senza i grossi nomi, evidentemente l’unico ambito nazionale ove sussista il classico ricambio generazionale risulta l’estremo e dintorni. Altrimenti non si potrebbe spiegare la consistente presenza di giovani virgulti borchiati al Rock Hard III a rimpolpare le file dei soliti aficionados.
Grazie anche alla assoluta vivibilità garantita dal Live Club, ove non sussistevano barriere architettoniche di alcun tipo, permettendo quindi di godersi le vari esibizioni anche dal palchetto posto sulla sinistra guardando lo stage, la parte del leone l’hanno fatta le numerose bancarelle per la vendita di libri, merchandising ma soprattutto Cd e Lp poste anche all’esterno del locale, di fianco all’ottima oasi “sbrago” munita di sedie, tavoli e addirittura amache nel prato in fondo.
Datti questi ampi spazi, va sottolineato anche che molti dei musicisti coinvolti nella kermesse si aggiravano tranquillamente fra i convenuti, evitando l’irritante clausura che invece spesso avviene in altre occasioni. Commovente vedere come un Kevin Groocher (Phantom-X) fosse disponibile con tutti nonostante le oggettive problematiche legate alla sua mobilità, stesso discorso per James Rivera degli Helstar, anch’egli leggermente claudicante ma sempre presente sul pezzo, senza mollare di un centimetro.
Il Rock Hard Festival si conferma appuntamento importante mettendo in bacheca una terza edizione ben riuscita anche stavolta. Alla prossima, quindi.
ANTROPOFAGUS
In giro a promuovere la loro ultima fatica discografica “Architecture of Lust”, la death metal band ligure Antropofagus si presenta in grande forma a quello che risulta essere uno degli eventi più interessanti del parco eventi italiani in ambito rock/metal. Autori di un metal definito dall’attitudine ricca di gusto del death metal più violento dei tempi passati e dalla violenza brutale delle sfumature moderne, il combo nostrano giostra sul palco con grande abilità, impattando con tutta la loro personalità. Certo, di nuovo non c’è molto, ma il piacere di poter esibire su un palco ricco di grandi nomi, una realtà come gli Antropofagus è un motivo di vanto, sopratutto quando sullo stesso placo, qualche ora dopo, suonerà un mito immortale del movimento, gli Immolation. Certo, la differenza esiste eccome, ma i nostri non hanno per nulla sfigurato, grazie anche all’ottimo bilanciamento fonico predisposto. Una band in continua ascesa, sia in studio, sia on-stage. Non ci poteva esser inizio migliore.
Nicola “Nik” Furlan
PHANTOM-X
Ho avuto modo di discorrere nel post concerto con il cantante dei Phantom-X Kevin Goocher e mi ha riferito che si era stupito della convocazione della propria band all’interno del bill del Rock Hard Festival, una volta scorso il roster della rassegna, decisamente più orientato verso sonorità estreme, ovviamente se confrontato con l’appeal che sanno scatenare solitamente i texani in altri ambiti. Decisamente soddisfatto per poi come sono andate a finire le cose, il singer si è detto fiero di aver fatto parte di un festival così strutturato, in quanto i suoi Phantom-X hanno comunque ricevuto i meritati Osanna da quella parte di pubblico più incline alle sonorità classiche, anche se, va detto, gli americani hanno “menato” alla grande, grazie ad un setlist azzeccato che non ha lasciato prigionieri, a partire da Storms Of Hell, dal recente nuovo album The Opera Of The Phantom. Ciliegina sulla torta l’apprezzata, da parte di tutti i convenuti sotto il palco, cover di Heaven and Hell dei Black Sabbath, per ricordare il sempre più compianto Ronnie James Dio, anche all’interno di una kermesse dai contenuti extra-defender.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
FINGERNAILS
Alcuni dei convenuti in quel di Trezzo d’Adda erano lì specificatamente per Loro: i Fingernails da Roma capitanati da un’istituzione del Metallo tricolore come Maurizio “Angus” Bidoli. Nella mezzora scarsa a disposizione i Nostri hanno impressionato come sempre: click-bang dall’inizio alla fine a testimoniare come una band rodata come Loro non tema confronto con nessuno. Anthony Drago è singer e performer consumato, grazie anche al suo glorioso passato nelle file dei Raff, Bidoli la solita “macchina” e non da meno risultano Riccardo al basso e Carlo Usai alla batteria. Dopo l’inizio affidato a Suicide Generation tratto dal nuovo album Alles Verboten l’attenzione si è riversata su Dirty Wheels, Crazy For Blow Job – con Angus alla voce – e soprattutto Heavy Metal Forces, veri inni più che semplici canzoni e il pubblico dei Live Club ha dimostrato di apprezzare parecchio. Roma Caput Mundi, quindi, anche in quel di Trezzo, nel cuore della Lombardia, da domenica i Fingernails si sono ritagliati sicuramente una nuova fetta di pubblico.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
OPERA IX
C’era molta attesa per l’esibizione degli Opera IX al Rock Hard Festival, i quali, astutamente, giorni prima del concerto avevano annunciato che lo show sarebbe stato registrato per diventare il dvd ufficiale della band. Dei gruppi presenti in scaletta sono forse quelli più “anomali”, ma non per questo vengono snobbati del tutto da un pubblico piuttosto incuriosito. Dovendo realizzare il già citato dvd, la scaletta del gruppo è una specie di “best of” e il combo torinese ce la mette davvero tutta per dare ai posteri uno show sentito e dall’alto livello di teatralità. La reazione del pubblico è abbastanza tiepidina, fatta eccezione per i sostenitori veri e propri del gruppo. Del resto la loro non è una musica di facile presa e per essere apprezzata appieno necessita di vari ascolti, mentre in molti già scalpitano per la scorpacciata di thrash che li attende.
Orso Comellini
RAW POWER
Il massimo rispetto è dovuto ai Raw Power, storica band italiana capitanata da Mauro ‘MP’ Codeluppi. Prima di tutto c’è da dire che, come s’è già constatato più volte, la gente nata in quegli anni, le band che non hanno mai guardato in faccia alle mode del momento, ora raccolgono i loro frutti. E mentre in Italia di metal ne avevamo parecchio, di hardcore un po’ meno. Non che non ci fosse una splendida scena underground, fatta di nomi tanto eccellenti, quanto sconosciuti, per esempio: Upset Noise, Negazione, Indigesti, Peggio Punx…, ma tra tutti questi, forse quelli con più piglio ‘metal’ ovvero con le maggiori propensioni all’hardcore (nel senso stretto del termine), furono proprio i Raw Power e per questo maggiormente apprezzati dal popolo dell’estremo. Capacità e abilità nel saper trasformare la rabbia in musica, ecco cosa sono, ancora oggi, i Raw Power. Il risultato di tutto ciò è il concerto a cui s’è assistito. Una violenza senza pari condita da una buona dose di sana arroganza è quanto di meglio i nostri potessero servire ai fan accorsi. ‘MP’ alla voce è un vero e proprio diavolo mentre il drumming è scandito con impattante groove da Fabio
Ferrari, brillante interprete di queste coinvolgenti sezioni ritmiche. Nessun calo di tensione, nessuna sbavatura e tanto coinvolgimento. Non che sembrasse di vedere on-stage degli adolescenti, ma pensare all’età dei cinque, ed assistere a tanta qualità live, era di certo qualcosa di inaspettato. Non perdete occasione di seguirli dal vivo in futuro. Sono davvero devastanti!
Nicola “Nik” Furlan
HELSTAR
Se all’interno del pubblico convenuto al Rock Hard Festival ci fosse stato qualcuno che avesse avuto bisogno di capire cosa volesse dire assistere a una prestazione sul palco solida bastava che stesse di fronte a quanto vomitato dagli amplificatori durante il concerto degli Helstar: mazzate di HM veloce e possente venato senza redenzione alcuna in virtù di un muro di suono imperiale, questo quanto fornito ad ampie dosi dai cinque texani di Houston. James Rivera, il singer, è un’istituzione del metallo che non accenna ad appannarsi, il resto della band possiede un tiro micidiale a partire dal bassista Jerry Abarca e il gioco è fatto. I Nostri hanno fatto breccia anche fra gli amanti di musicalità più estreme, senza dubbio, sulla base di una prestazione al calor bianco, che non ha lesinato alcuni classici della Loro discografia, peraltro imprigionati all’interno del recentissimo doppio cd 30 Years Of Hel, a suggellare trent’anni di onorata carriera siderurgica. Da urlo Run With The Pack alla fine del concerto cantata insieme con tutti i presenti.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
EXUMER
Quanta attesa per una band che, di fatto, ha dato il via al movimento thrash tedesco, il famigerato e ferale ‘teutonic thrash metal’! Provenienti dalla fertile Frankfurt am Main, la band si presenza rattopata con il solo Ray Mensh della formazione storica, quella che ha dato alla luce il capolavoro del 1986 “Possessed by Fire”. Ci si aspettava furore e furore è stato. I cinque ci danno dentro alla grande, con piglio e slancio. Ma c’è stato troppo ‘teatro’ nella loro esibizione. Mi hanno ricordato molto i Metallica, così patinati ed irriverenti. Ad urlare, muoversi, agitarsi con quello stile così ‘costruito’ sono bravi un po’ tutti…, ma ad essere veraci, anche negli errori, è esclusiva di pochi. Sebbene lo stile da ‘puzza sotto il naso’ sia ormai un marchio di fabbrica di tante realtà statunitensi, dall’Europa, sopratutto dal movimento più underground (Exumer compresi), qualcosa di diverso bisogno aspettarselo. Personalmente, ahimé sono io il delegato al loro live report, mi hanno deluso. Più che trasmettermi rispetto, mi hanno trasmesso indifferenza. Meno male che da lì a poco s’assisterà allo spettacolo ‘VERO’ degli Assassin…
Tracklist:
1.Winds Of Death
2.Journey To Oblivion
3.The Weakest Limb
4.Fallen Saint
5.Vermin of the Sky
6.A Mortal In Black
7.I Dare You
Encore:
8.Possessed By Fire
Nicola “Nik” Furlan
IMMOLATION
Wow che botta nei denti! Non avevo mai assistito a un concerto degli Immolation, storica death metal band statunitense autrice del masterpiece dell’estremo di inizio anni novanta, “Dawn of Possession”. Che dire, questa gente ha un tiro impressionante e, ad esser sincero, me lo aspettavo. Alla pari di gente come Unleashed, Bolt Thrower, Obituary e molti altri, gli Immolation spaccano dal vivo forse più che da disco. Il perché è presto detto: persolaità e attitudine la fanno da padroni su band che, fin dagli esordi, hanno proposto un sound coerente, inarrestabile e non condizionato da mode e commistioni. Certo, chi adora l’influenza di un’evoluzione musicale progressiva e sperimentale, di certo non apprezzerà la linea intransigente messa in atto da Ross Dolan (growl devastante!) e compagni. Apice dell’esibizione: Into Everlasting Fire e, naturalmente, Dawn of Possession, pezzo che sigilla una prestazione brillante, senza cali di tensione e dalle conseguenze emotive a lungo termine. Favolosi!
Tracklist:
1.Close to a World Below
2.Majesty and Decay
3.Father, You’re Not a Father
4.What They Bring
5.Into Everlasting Fire
6.A Glorious Epoch
7.No Jesus, No Beast
Encore:
8.Dawn of Possession
Nicola “Nik” Furlan
ASSASSIN
Lo show degli Assassin è stato incredibile per quanto ‘vero’ sia stato, per quanto, questi personaggi, siano stati in grado di riproporre sul palco il vero spirito del thrash metal tedesco, da sempre così caratteristico ed affascinante. Un concerto grezzo, e per questo ricco di emozioni, è quanto il quintetto è riuscito a metter in opera sul palco di questa edizione del festival lombardo. La percezione del senso di unione, quasi fraterna fra i membri, la naturalezza con cui sono stati spontanei e sinceri verso il pubblico (di lezione per molti al giorno d’oggi!) sono stati i capisaldi uno show indimenticabile. Ma non è tutto. Ad un certo punto sul palco chi compare? Frank Blackfire! Una sopresa di certo molto gradita, sopratutto perché lo stesso ex membro dei Sodom dei tempi di “Persecution Mania” ed “Agent Orange”, esordisce pure cantando soavemente ‘Sodomy and Lust’. Non è però una esibizione estemporanea perchè il chitarrista porta avanti fino a chiusura dannandosi come un matto su Abstract War e sul classico omonimo della band. Cinquanta minuti di thrash metal vero, ricco di attitudine, quella sincera. Chi l’avrebbe mai detto che, ancora una volta, è l’eccellente underground a farsi ricordare e a regalare emozioni senza fine. Beh… in ambito thrash metal, sarebbe davvero strano il contrario, anche se qualcuno vorrebbe far passare qualche band per coerente. No, siamo certi che la coerenza sta in band come gli Assassin… e l’hanno dimostrato.
Tracklist:
1.Breaking the Silence
2.Forbidden Reality
3.Baka
4.Judas
5.Last Man
6.Destroy the State
7.Fight (To Stop the Tyranny)
8.Sodomy and Lust
9.Abstract War
Encore:
10.Assassin
Nicola “Nik” Furlan
ARTILLERY
Gli Artillery sono stati uno dei gruppi più importanti della scena speed/thrash di metà anni ottanta/anni inizio anni novanta. Sappiamo tutti che nel momento in cui band di questo calibrò uscivano allo scoperto, si stavano realizzando, s’era già ben che lontani dalla data che segnava la morte apparente del thrash metal. Questa era però l’eredità che ci hanno lasciato: dischi come “Fear of Tomorrow”, “Terror Squad” e “By Inheritance” proponevano un sound tecnico e strutture compositive stratificate e ricche di arrangiamenti. La mente geniale dei fratelli Stützer s’è qui rivelata in tutte le loro capacità, sopratutto tecniche. Estremamente professionali e finemente coinvolti, i cinque di danesi di Taastrup, hanno dato vita a un concerto davvero valido, incentrato su alcuni brani in grado di far rizzare i peli delle braccia (leggasi When Death Comes, By Inheritance, Khomaniac, Terror Squad). Perfetta l’esecuzione dei brani, anche se il volume delle chitarre, troppo spesso, sopratutto in occasione delle sezioni soliste eseguite da Michael Stützer, latitava e soffocava il gusto della raffinatezza del suo operato. Il cantante Søren Nico Adamsen (in formazione da appena un lustro) non è nemmeno paragonabile all’ex Flemming Rönsdorf, ma se la cava alla grande, sopratutto a livello di dinamica e interpretazione. Che dire, non sarà un termine danese, ma rende l’idea… chapeau!
Tracklist:
1.When Death Comes
2.By Inheritance
3.Death Is an Illusion
4.The Almighty
5.Mi Sangre (The Blood Song)
6.10.000 Devils
7.The Challenge
8.Khomaniac
Encore:
9.Terror Squad
Nicola “Nik” Furlan
BULLDOZER
Duri, feroci, violenti, persino cresciuti rispetto al come back sulle scene celebrato ai Magazzini Generali in un freddissimo pomeriggio milanese del dicembre 2009. Questi i Bulldozer 2012, che stanno vivendo una seconda e forse ancor più florida carriera grazie a giovani e fondamentali innesti nella line-up. Un vero muro di suono, quello riversato sulla platea dalla premiata ditta Contini, Panigada & Co. capace di spazzare via, a dire di molti, le prestazioni di alcune band straniere esibitesi in precedenza. Impressionante il lavoro del tentacolare Manuel Collato dietro i tamburi, così come feroci e precise si sono confermate le performance di Giulio “Ghiulz” Borroni alla chitarra e Pozza al basso. Accanto a classici della musica dura del calibro di Ilona The Very Best, The Derby, Impotence, Whisky Time e la recente Use Your Brain i Bulldozer per l’occasione hanno rispolverato antiche perle mai eseguite dal vivo come Mysoginists e The Final Separation, quest’ultima inedita riferita solamente alla formazione attuale. AC Wild si è confermato elemento tanto carismatico sul palco quanto disponibile con i fan nei fuori onda prima del concerto, stessa cosa per Andy Panigada, altra imprescindibile icona del Metallo Italiano. Finale affidato alla sulfurea Willful Death, che ha lasciato il meritato spazio alle tastiere di G.C., figlio di AC Wild, appena prima che tutta la band si mettesse in riga per i sentiti e riconoscenti saluti al pubblico, con le prime file provate da un devastante e ininterrotto pogo d’altri tempi.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
MARDUK
Dopo uno show dinamitardo, viscerale e in un certo senso definitivo, come quello dei Bulldozer, sono in molti a domandarsi cos’altro avrebbero da offrire ai presenti (ormai provati dalla lunga giornata) i blackster Marduk, o comunque il motivo per cui non sia stato scelto un headliner più pertinente e in linea con le altre esibizioni. Fatto sta che tra il pubblico iniziano a farsi avanti, tra i più giovani, alcuni volti caratterizzati dal tipico face-painting in bianco e nero, che dopo essere rimasti un po’ in disparte nel corso del festival, ora reclamano a gran voce i propri beniamini, mentre qualcun altro depone le armi e se ne torna appagato alla propria abitazione. Chi ha già assistito a una loro recente esibizione, non sempre ha soddisfatto le proprie attese e in più non sono molti ad aver digerito del tutto il nuovo corso della band e l’ingresso di Mortuus. Il combo svedese, comunque, non sembra curarsene molto e, invece che offrire una scaletta incentrata sugli album storici (limitandosi a uno/due brani per disco), concentrano buona parte degli sforzi proprio sul materiale più recente: in particolare sull’ultimo arrivato “Serpent Sermon”, dal quale estraggono ben tre canzoni. Per fortuna Evil & Co. non si dimenticano di tirare fuori dal cilindro anche qualche buon classico come “The Black Tormentor Of Satan”, “Slay The Nazarene”, “Deme Quaden Thyrane”, “Within The Abyss” o la conclusiva e acclamata “Wolves”. La sensazione dominante, però, è che la loro performance non sia stata all’altezza della situazione e dell’ottimo festival di cui dovevano essere i protagonisti, finendo quasi per sfigurare al cospetto di altri act esibitisi prima di loro.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
Tutte le foto contenute nel report sono state realizzate da Steven Rich