Live Report: Rock the Castle – 29/30 giugno / 1 luglio 2018
L’ultimo giorno del Rock the Castle era un giorno diverso dal resto del festival fin dalle prime intenzioni, ed è finito per essere ancora più diverso nel risultato finale.
Inizialmente annunciato come concerto degli A Perfect Circle, la data è poi stata accorpata al festival senza cambiamenti di forma dopo aver venduto 8000 biglietti (sarà infatti la giornata più affollata con un quasi soldout); secondo il programma avrebbe quindi dovuto essere un concerto del supergruppo americano con Frank Carter and the Rattlesnakes e McKenzie di supporto.
Scrivo “avrebbe dovuto” perché intorno all’orario di apertura porte viene annunciato che Frank Carter non sarà presente per non meglio specificati problemi tecnici, mentre Krashah e Ros suoneranno in sostituzione.
All’ingresso nel Castello le magliette delle due band sono già in vendita nel banco del merch, quindi evidentemente il cambio non è avvenuto nell’arco di pochi minuti, le band hanno avuto il tempo di organizzarsi; non si capisce allora perché gli organizzatori abbiano aspettato l’ultimo minuto per annunciare il cambio.
Krashah
In questo terzo giorno di festival le porte vengono aperte alle 16.30 mentre i concerti iniziano due ore dopo; con tutto questo tempo l’interno del Castello è già piuttosto affollato quando salgono sul palco i veronesi Krashah.
La proposta della band è un Metal moderno, un po’ Metalcore, un po’ Alternative, che sembra convincere gli spettatori.
I quattro ragazzi sono pieni di entusiasmo, chiaramente felici di avere l’inaspettato onore di aprire per gli A Perfect Circle; il cantante Edoardo Borrello, su tutti, continua a saltare per il palco richiamando il pubblico.
Il tempo a disposizione non è tanto, ma il gruppo lo sfrutta bene con un esibizione piacevole.
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McKenzie
Con i McKenzie inizia la mia crisi esistenziale che durerà fino all’inizio del concerto degli headliner.
Cosa ci faccio qui?
Come sono finito al concerto di ‘sti qua?
Probabilmente ad un amante del genere – su Facebook si definiscono “ItaloCore”, ma di fatto ricordano un Alternative Rock italiano a là Verdena – potrebbero piacere, a me, soprattutto in questo contesto, provocano solo noia.
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Ros
I Ros sono sostanzialmente una boy band che suona Pop Rock uscita da X Factor l’anno scorso.
Parole che mai pensavo di scrivere o di leggere su TrueMetal, ma nel report del festival per dovere di cronaca parliamo anche di loro.
A leggere sull’evento Facebook, le reazioni del pubblico all’annuncio del concerto dei Ros variano tra il “E chi sono?” ed il “Voi siete pazzi a metterli in apertura ai APC”, e non posso dire di essere in disaccordo.
E l’unica cosa che mi sento di dire è che mi dispiace per questi ragazzi, chiaramente al posto sbagliato al momento sbagliato.
La cantante dai capelli rosa cerca di animare il pubblico con qualche “Facciamo casino!” e la risposta sono braccia incrociate, sguardi vacui e silenzio.
Insomma, da un lato dispiace per questi giovani ragazzi che vengono accolti tanto freddamente da un pubblico che chiaramente non è il loro, dall’altro rimane il dubbio di cosa sia passato per la testa di chi li ha chiamati.
Scelta suicida.
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A Perfect Circle
Arriva finalmente il turno degli headliner e si cambia discorso.
L’eccitazione è palpabile sul viso dei tanti che sono accorsi per il ritorno in Italia degli A Perfect Circle dopo 14 anni dall’ultimo concerto.
Lo show si apre con la title-track dell’ultimo album, “Eat the Elephant”, subito seguita da un’altra canzone nuova, ‘Disillusioned’ per poi tornare rapidamente indietro nel passato con ‘The Hollow’.
Il pubblico inizialmente è un po’ freddo, applaude tra un pezzo e l’altro ma sembra relativamente impassibile durante l’esecuzione; questo cambia a partire dalla quinta canzone, ‘So Long, and Thanks for All the Fish’, ennesima nuova canzone sulla quale si comincia a sentire chi canta i cori e chi applaude a tempo.
La scenografia che accompagna gli americani è tanto semplice quanto efficace e bella: un telone con il logo degli A Perfect Circle, un piano rialzato in fondo al palco per Maynard James Keenan, parrucca in testa, costantemente in ombra, luci che giocano con gli altri musicisti di cui a volte si vede solo la sagoma, a volte mezza faccia.
La scaletta è varia e pesca da tutti i (pochi) album della band, focalizzandosi giustamente sul nuovo album da cui sono tratte ben 8 canzoni; si va quindi avanti ed indietro nella cronologia del gruppo tra una ‘The Noose’ e una ‘The Contrarian’, tra ‘The Outsider’ e ‘The Doomed’.
Le canzoni nuove vengono accolte con calore, segno che gli americani hanno fatto centro con il nuovo album, e quelle vecchie con ancora più calore e forse un po’ di nostalgia.
Maynard parla poco tra le canzoni, si lascia andare ad esclamazioni di stupore per la particolare location, “It’s a fucking castle!”, e presenta la band con ironia, dedicando comunque la maggior parte del proprio tempo alle canzoni senza perdersi in chiacchiere.
Dopo la diciannovesima canzone, ‘Feathers’, i nostri si congedano davanti ad un pubblico in visibilio.
Un ottimo concerto che ripaga gli spettatori della lunga attesa; ci rivediamo a dicembre A Perfect Circle!
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