Live Report: Roger Waters, The Wall a Roma

Di Francesco Maraglino - 30 Luglio 2013 - 12:00
Live Report: Roger Waters, The Wall a Roma

La folla delle grandi occasioni ha accolto Roger Waters allo stadio Olimpico di Roma, per la colossale rappresentazione che l’artista sta portando da tempo in giro per il mondo di The Wall, il celeberrimo concept album dei Pink Floyd, band della quale Waters ha fatto parte fino al 1985.
The Wall, com’è noto, è la storia di Pink, alter ego dello stesso Waters, il quale, per difendersi da tragiche vicende della propria esistenza (coincidenti in gran parte con quelle dello stesso musicista britannico – vedi la morte in guerra del padre), erige intorno a sé un muro psicologico che diventa metafora di tutti i muri – psicologici, sociali, ideologici, economici, religiosi, ecc., – che le vicende umane frappongono tra le persone, portando ad incomunicabilità, paranoia e solitudine.
Lo show – uno spettacolo che non può definirsi come semplice “concerto rock”, vista la sua complessità e multimedialità, in cui assume grande rilievo la parte visiva – ripercorre appunto pari pari la scaletta dello storico doppio vinile, comprese quelle tracce allora escluse dall’ LP.
Gli spettatori sono accolti all’ingresso dello stadio dalla visione della parete bianca già in parte eretta ai due lati del palco, che diventerà lo schermo su cui scorreranno le immagini dei musicisti ma soprattutto gli immaginifici filmati, che richiamano, tra l’altro, anche il film che Alan Parker trasse dall’album e i cartoon di Gerald Scarfe.
Naturalmente, lo spettacolo si apre con le note In The Flesh?, e successivamente ripercorriamo le prime tracce del concept-album accompagnati da fuochi d’artificio in tripudio, da un turbinare di colori tra i quali il rosso sangue prevarrà (insieme al bianco dei “mattoni”) per tutta la sera, da suoni possenti e nitidi, ed ancora da un aereo che sorvola il pubblico e si schianta sul palco, ed infine dal pupazzo gigantesco dell’angoscioso ed autoritario insegnante che si rivolge minaccioso alla folla.. Un primo percorso sonoro e visivo che giunge fino al celeberrimo singolo Another Brick in the Wall Part 2, in cui si incastonano l’immancabile coro di bambini e gli assoli incrociati dei due axemen Snowy White e Dave Kilminster
A questo punto i toni si abbassano, e partono suoni acustici per una ripresa di Another Brick in the Wall Part 2, dal titolo The Ballad of Jean Charles de Menezes, dedicata al cittadino brasiliano ucciso a Londra nel 2005 dalla Polizia inglese.
Waters si rivolge in italiano al pubblico di Roma, ed il momento più quieto prosegue con Mother, nella quale si mette in luce la voce di Robbie Wyckoff, e la quasi westcoastiana Goodbye Blue Sky.
Empty Spaces riapre a suoni duri e psichedelici, che hanno il loro apice espressivo nei riff coinvolgenti di Young Lust, e, mentre i filmati mostrano, tra l’altro, immagini di sexy fanciulle, il muro si va via via completando ed i musicisti finiscono per scomparire sempre più dietro di esso.
Il band leader riappare alla ribalta per cantare One On My Turns, e quindi la lancinante Don’t Leave Me Now, ma il fittizio divisorio è inesorabilmente sempre più impenetrabile e così Waters dà  il suo addio al mondo crudele (Goodbye Cruel World), e, quando anche l’ultimo mattone è ormai al suo posto, con la parete al completo di chiude la prima parte del concerto.
Il secondo set si apre con le note ancora piene di echi west-coast di Hey You, e dopo l’invocazione di Is There Anybody Out There?, il proscenio vede la presenza del cantante/bassista dei Pink Floyd esibirsi in un siparietto quasi alla Tom Waits per Nobody Home e Vera; poi, dopo l’operistica Bring the Boys Back Home, le sognanti e prog-psichedeliche note di Comfortably Numb avvolgono gli spettatori che qui sperano, invano, che a questo punto di materializzi dal nulla la presenza di David Gilmour.
Ancora atmosfere soft ed evocative vengono emanate dal palco in The Show Must Go On, ma poi l’aria rovente ed umida di Roma e dello stadio vengono trapassate dai suoni bellicosi, psichedelici e psicotici di In The Flash e Run Like Hell, mentre il maialino-mostro Angie volteggia sul pubblico e lo schermo-muro è acceso di rutilanti e lisergici colori.
La fine dello show è vicina, e, con le note di The Trial, il muro, come da copione, va giù, ed il suo catartico abbattimento viene accolto dagli applausi liberatori del pubblico.
Ancora pochi minuti di musica, rappresentati da una versione folk di Outside The Wall, e poi si va tutti a casa, senza bis (magari tratti da qualche altra opera dei Pink Floyd, spera più di qualcuno), ma consapevoli di aver assistito alla rappresentazione, mastodontica e perfetta, di uno dei più grandi classici della storia del rock.

 

Francesco “BurningHeart” Maraglino

 

 

Tracklist:
 

Prima parte:

01.In the Flesh?
02.The Thin Ice
03.Another Brick in the Wall Part 1
04.The Happiest Days of Our Lives
05.Another Brick in the Wall Part 2
06.The Ballad of Jean Charles de Menezes (“Another Brick in the Wall Part 2” reprise
07.Mother
08.Goodbye Blue Sky
09.Empty Space
10.What Shall We Do Now?
11.Young Lust
12.One of My Turns
13.Don’t Leave Me Now
14.Another Brick in the Wall Part 3
15.The Last Few Bricks
16.Goodbye Cruel World
 

Seconda parte:

17.Hey You
18.Is There Anybody Out There?
19.Nobody Home
20.Vera
21.Bring the Boys Back Home
22. Confortably Numb
23.The Show Must Go On
24.In the Flesh
25.Run Like Hell
26.Waiting for the Worms
27.Stop
28.The Trial
29.Outside the Wall