Live Report: Slayer a Milano

Di Giacomo Cerutti - 27 Giugno 2013 - 0:05
Live Report: Slayer a Milano

SLAYER + JASON NEWSTED

19/06/2013 @ Alcatraz, Milano

 

 

Stasera l’Alcatraz vede il grande ritorno di una delle band più importanti del thrash metal, i micidiali Slayer. Nonostante la grave perdita di Jeff Hanneman e il lascito di Dave Lombardo, non si sono arresi e sono pronti a far tremare lo stage come l’ultima esibizione del 2010. Ad accompagnarli c’è uno special guest di tutto rispetto: Jason Newsted con il suo progetto solista.
 

 

All’ora dell’apertura cancelli non c’è moltissima gente, fatto che non ha di certo rallentato la corsa alla transenna. C’è aria di tensione e curiosità, poiché per Jason Newsted è la prima data italiana da solista. Appena si spengono le luci tra urla e incitazioni, Mr. Newsted e compagni fanno capolino sul palco principale, aprendo con “Heroic Dose” seguita da “Soldierhead”, rispettivamente tratte dal freschissimo EP “Metal” e il debut album “Heavy Metal Music”, non ancora pubblicato. Senza dubbio l’aver militato con Metallica e Voivod è stata una buona scuola a livello compositivo: dalle chitarre di Jessie Farnsworth e Mike Mushok emergono riff duri e compatti, con soli veloci ben incastonati; Jesus Mendez Jr. non si risparmia su piatti e pelli e il nostro Jason fortifica il tutto con spesse linee di basso. Ma, soprattutto, si scopre che è un buon vocalist, con voce accattivante dal timbro diretto e grezzo. Sicuramente è stata una scelta coraggiosa da parte sua, proporre in sede live dei brani ancora sconosciuti, ma la risposta del pubblico complessivamente è stata positiva, soprattutto con la potente “Long Time Dead” che scatena il primo pogo, e comunque anche con i pezzi più cadenzati gli applausi non sono mancati. Infine, dopo “King Of the Underdogs”, Jason ha una sorpresa in serbo: inizia riprendendo il chorus di “Creeping Death”, il pubblico scatta sull’attenti urlando «Die! Die!Die! …», finché Jason si blocca e annuncia… «Whiplash!». A questo punto scatta il delirio che tutti potete immaginare.

Sicuramente come prima performance Newsted ha riscosso molto successo. Lui e i suoi compagni hanno lasciato un segno positivo, tanto che i fan nostalgici l’hanno omaggiato con una mega foto con la dedica «Italy Loves Jason», che mostra con orgoglio al pubblico visibilmente aumentato, ritirandosi accompagnato da calorosi applausi.

Scaletta:
01. Heroic Dose
02. Soldierhead
03. Skyscraper
04. …As The Crow Flies
05. Nocturns
06. Long Time Dead
07. Twisted Tail Of The Comet
08. King Of The Underdogs / Creeping Death (Chorus)
09. Whiplash (Metallica cover)

Foto

 

I motori sono caldi e il pubblico è ben rodato, per accogliere quella macchina da guerra definita ‘Slayer’. I presenti hanno sete di sangue, pogo, violenza, in altre parole di thrash metal. Le luci si spengono e acclamano la band a squarciagola, finché sulle note di “World Painted Blood”, Tom e compagni invadono lo stage dando inizio al massacro. I Nostri sparano canzoni a raffica come una mitraglia, la pressione in transenna è fortissima a causa del pogo spietato, alimentato dai furiosi riff e soli taglienti di Kerry King. Gary Holt, ormai in pista da anni, è ben inserito nel gruppo e tiene testa al pubblico. Militando negli Exodus non è certo l’ultimo arrivato, le sue mani viaggiano a velocità folle, ma non potrà mai prendere il posto del compianto Jeff Hanneman (R.I.P.), sia come apporto musicale che affettivo; inoltre, appoggiata al ripiano della batteria, giace la chitarra personale del fondatore della band in segno commemorativo. Al posto di Dave Lombardo è tornato Paul Bostaph, che ha suonato con gli Slayer per dieci anni. Ottimo batterista con potenza da vendere, tormenta piatti e pelli cavalcando sulla cassa senza sosta ma ciò nonostante non riesce a tenere testa al mitico Dave. Infine il frontman Tom Araya è in perfetta forma, dal suo basso fuoriescono note granitiche, mentre la sua voce ha un timbro con un’estensione terrificante che squarcia l’aria. In mezzo a tutta questa cattiveria, il buon Tom alla fine di ogni canzone sfoggia sempre teneri sorrisi verso i fan, giusto per allentare la calca e far prendere fiato alle prime file. Tranquillità destinata a estinguersi presto, poiché dai primi album piombano macigni come “Die By The Sword”, “Hell Awaits”, “Jesus Saves” e altri, durante le quali il pogo si trasforma in una vera e propria carneficina. Fino all’arrivo della famigerata “Raining Blood”, immediatamente riconoscibile dai minacciosi battiti iniziali, preludio della catastrofe durante il quale viene scoperto il telone dedicato a Jeff, ovvero il fotomontaggio del marchio ‘Heineken’, sostituito da ‘Hanneman’ con tanto di data di nascita e morte e la scritta «Angel Of Death» intorno. Sicuramente, in mezzo a quella pioggia di sangue, sarà scesa qualche lacrima di commozione. Così come si usa dire ‘la quiete dopo la tempesta’”, gli Slayer si ritirano prima dell’encore accompagnati da sguaiate urla d’incitamento e al tempo stesso di dolore. Dopodiché rientrano sulle note di “South Of Heaven” per poi terminare con l’avvento dell’“Angel Of Death” che si tuffa nella bolgia mietendo vittime senza pietà.

Indubbiamente è stato un concerto devastante come vuole la tradizione Slayer i quali, imponenti e distruttivi, hanno fatto tremare l’Alcatraz ancora una volta. Comunque, secondo la mia opinione, per quanto siano dei mostri di bravura, dal punto di vista scenico si sente la mancanza degli altri due pilastri. Non sarà mai più, insomma, la band che conosciamo e amiamo. Detto questo, i superstiti raccolgono le ultime forze per contendersi plettri e bacchette, rimettere assieme i pezzi, e applaudire i cinque cavalieri che si ritirano.

Scaletta:
01. World Painted Blood
02. Hallowed Point
03. War Ensemble
04. Hate Worldwide
05. At Dawn They Sleep
06. Bloodline
07. Disciple
08. Mandatory Suicide
09. Chemical Warfare
10. The Antichrist
11. Die By The Sword
12. Postmortem
13. Altar Of Sacrifice
14. Jesus Saves
15. Payback
16. Seasons In The Abyss
17. Hell Awaits
18. Dead Skin Mask
19. Raining Blood

Bis:
20. South Of Heaven
21. Angel Of Death

Foto

Report a cura di Giacomo Cerutti
Foto di Michele Aldegh
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