Live Report: Soilwork a Romagnano Sesia (NO)

Di Fabio Vellata - 14 Marzo 2014 - 19:31
Live Report: Soilwork a Romagnano Sesia (NO)

Soilwork + Darkane + Logical Terror

Rock n’Roll Arena, Romagnano Sesia (NO) – 07/03/2014

 

 

Live report a cura di Fabio Vellata

Mancavano da un bel po’, più o meno cinque anni.
Un lustro di assenza dalla scene italiane per i Soilwork e per l’imponente Bjorn “Speed” Strid, “padrone” incontrastato da sempre, di una delle band fondamentali per il rigenerarsi del movimento estremo nord europeo che, sul finire degli anni novanta, insieme ad un’altra manciata di esponenti di massimo valore (sì, sì, esatto, proprio gli In Flames!), è risorto sferragliando sulle basi di un rinnovato concetto stilistico.
Una miscela di asprezze swedish ed elementi melodic heavy dalla forma adrenalinica, sfociata in un trio iniziale di album dalla qualità stordente e perpetuata negli anni, magari con ulteriori modifiche di sound, ma pur sempre fedele ai dettami originari.

Autori nel corso del 2013 di “The Living Infinite”, una delle release più convincenti dell’intera annata (tra le top cinque per il sottoscritto), i Soilwork hanno finalmente fatto una tappa tricolore la sera dello scorso sette marzo, garantendo alla Rock n’Roll Arena di Romagnano Sesia (locale, detto con un pizzico di campanilismo, che sta divenendo un eccellente punto fermo della programmazione live del nord Italia) un sold out assolutamente prevedibile ed annunciato.

Ad accompagnare sul palco Strid e compari, i cyber thrashers Logical Terror, gruppo nostrano da poco uscito con l’album di debutto e, soprattutto, i veterani Darkane, band che – al netto di una discografia più esigua – per blasone e qualità artistica non è di certo da considerarsi secondaria nemmeno rispetto ai più celebri headliner di serata.
 

 

Al nostro arrivo in sala sono trascorse già da qualche tempo le ore 21.00.
Complice la lunga coda all’ingresso – sintomo immediato dell’affluenza prevista per l’evento – abbiamo potuto assistere solo alle battute finali dell’esibizione del quintetto italiano.
Ed un po’ c’è dispiaciuto, giacché, quanto giunto alle nostre orecchie non è apparso affatto malvagio. Disposto con un’insolita formazione a due frontman, il gruppo ha riversato nel poco tempo a disposizione un bel po’ di energia a base di ritmi death e cadenze cyber, delineando un acceso taglio melodico che sarebbe sin troppo semplicistico ricollegare ai sempiterni Fear Factory.
Risposta di pubblico non calorosissima ma ad ogni modo cospicua per questi newcomer di belle speranze.
Il destino dei gruppi di apertura dopo tutto è questo: pochi reali conoscitori della propria proposta, ma ottima occasione per farsi notare  “a traino” di qualche nome di peso.
Per i Logical Terror, ne siamo certi, la sera del sette marzo è andata benissimo.

Il tempo di una chiacchiera e di uno sguardo approfondito al fornitissimo mercatino di cd e rarità, sempre presente all’interno del locale, ed è già il momento dei Darkane.
Il gruppo di Helsingborg  come sottolineato in apertura, non ha davvero nulla da invidiare in termini artistici ai più quotati Soilwork (non a caso, era proprio Speed Strid ad esserne frontman nella primissima formazione). Forse solo la lunga assenza dalle scene (dal 2008 al 2013) ed i ripetuti cambi al microfono, hanno limitato in buona parte l’ascesa della band svedese, portatrice sino all’eccellente “Expanding Senses”, di un sound nervoso, tirato, claustrofobico ed indomabile, dai tratti personalissimi e caratteristici.
Gruppo di supporto di qualità de-luxe una volta tanto. E l’effetto è, nemmeno a dirlo, garantito.
Nei tre quarti d’ora o poco più d’esibizione, il quintetto svedese nuovamente guidato da Lawrence Mackrory mostra d’essere combo di classe superiore in ogni fondamentale, non ultimo, l’empatia instaurata con il pubblico.
Compatto e rodato, il gruppo non va mai in affanno: ne quando la coppia d’asce s’inerpica in torrenziali assolo, ne quando il frontman lancia urla selvagge al microfono. Tutto appare preciso, lineare, privo di sbavature. Ed al contempo emozionante e brioso.
Senza tregua e tutta d’un fiato, la performance dei Darkane scorre via splendidamente.

Vedi il photo report dei Darkane

Quarantacinque minuti che potevano essere due ore, tanto è stato ficcante e ben costruito lo show, portato ai massimi livelli in occasione delle terrificanti “Ostracized” (dal recente “Sinister Supremacy”), “Chaos vs Order” (da “Expanding Senses”) e “Third” (da “Insanity”).

Band di supporto che non avrebbe certo destato sorpresa se piazzata comodamente da headliner, in virtù di qualità, affiatamento e conseguente elettrizzante risposta del pubblico.

Grandi Darkane. Null’altro da aggiungere.

 

E poi beh, eccolo lì…
Due metri di furia tatuata che salta sul palco ed inizia ad urlare con ferocia nel microfono…

Dopo un’attesa  – questa volta – insolitamente lunga, giunge infine il momento clou, quello dedicato ad una delle band più significative per il movimento estremo di fine anni novanta – inizio millennio.
Un pelo in ribasso negli ultimi tempi, i Soilwork come detto, sono ripiombati in vetta al gradimento dei fan proprio durante lo scorso 2013 con un’opera sontuosa, lunga ed articolata, che ha proiettato Speed Strid e C. nuovamente nell’olimpo dei grandi. “The Living Infinite”, un disco maturo, memore delle vecchie strutture ma ammodernato con trovate melodiche alla Devin Townsend, tali da accentuarne la potenza ed il dinamismo.
Tanta curiosità insomma, nel sentire i nuovi brani dal vivo e, ovviamente, parecchia attesa per gustare pure qualche classico di vecchia data, di quelli per merito dei quali, una buona ventina d’anni fa (o quasi) c’eravamo presi una severa “cotta” per il combo nord europeo.

Ed è proprio con un estratto dell’eccellente nuovo cd che inizia l’esibizione: Strid imponente, chitarre a raffica e batteria a martello. Dopo una breve intro è il momento di “This Momentary Bliss”, brano d’apertura del concerto e tra i migliori di “The Living Infinite”.
Rock n’Roll Arena piena e ben affollata intanto, proprio come da attese. La concomitanza con il fine settimana ed il clima benevolo, hanno di certo aiutato: pur tuttavia è impossibile non constatare come, in occasione di concerti di grande qualità (ci vengono in mente, recentemente, i Dark Tranquillity), la risposta ottenuta dal locale valsesiano in termini di audience sia sempre più di “livello”.

Al termine di un primo approccio tratto dalla produzione recente, il passaggio repentino verso materiale più datato non appare nemmeno fuori luogo: le eccellenti “Like The Average Stalker” (dal fenomenale “A Predator’s Portrait”) e “Overload” (da “Figure Number Five”), si mantengono sulle medesime coordinate stilistiche, garantendo ferocia e melodia in quantità copiose.
Pubblico entusiasta, nemmeno a dirlo, ipnotizzato dall’enorme e minacciosa mole dell’imponente singer svedese, il classico soggetto che, scherzosamente, non ti augureresti mai d’incontrare in un vicolo buio…
Citazione di merito per i chitarristi David Andersson e Sylvain Coudret (quest’ultimo ora con look privo della caratteristica chioma fluente), fucina inesauribile di riff ed assolo tali da risaltare a tratti quasi più dello stesso frontman. Insieme, i Soilwork compongono un complesso efficace e rodato, che viaggia spedito badando al sodo senza eccessivi orpelli.

Vedi il Photo Report dei Soilwork

Pescando in modo uniforme dall’intera discografia, il quintetto inanella una performance intensa che non ha pecche dal punto di vista dell’impegno e della solidità: in effetti, per l’intera durata del concerto l’unico elemento di reale disturbo pare essere stato un singolare fan protagonista di ripetuti tentativi di accesso on stage. In evidente stato di ebbrezza, il temerario è riuscito nel suo intento un paio di volte, prima di essere allontanato con modalità tutt’altro che garbate dal solerte (forse troppo) servizio d’ordine.

La bellissima “Spectrum Of Eternity”, “Bastard Chain”, “Let This River Flow”, prima della ruvidissima “Long Live The Misanthrope” e della “liquida” “Tongue” sono stati il preludio a quello che per il sottoscritto è stato il brano più atteso della serata, l’unica e totale “Chainheart Machine”, pezzo che più di ogni altro può essere assunto quale manifesto programmatico del gruppo di Helsingborg (anche loro!). Lo straordinario assolo centrale è qualcosa da proporre come esempio di cosa debba essere il death metal melodico: anche dal vivo, un delirio di emozioni da pelle d’oca.

Inaugurando l’ultima parte del concerto, il grande “classico” di Strid e compari ha poi lasciato spazio alle melodiche “The Living Infinite I” e “Rise Above The Sentiment”, prima del finale e dei consueti bis a carico di un paio di episodi maggiormente datati, quali “Distortion Sleep” e “Stabbing The Drama”, conclusione di uno show ricco ed intenso proprio come ci aspettavamo.

Ottima risposta di pubblico, band in forma, Strid molto comunicativo (simpatico il siparietto in cui, a seguito delle ridotte dimensioni della cittadina in cui è situata la Rock n’Roll Arena, il frontman ha cercato qualcuno del posto tra i presenti, invitandoli a formare una band locale) e suoni sempre all’altezza.
Il resto lo hanno fatto le canzoni, quelle che – più o meno da sempre – costellano la carriera di una band di grande caratura.
Ci ha fatto piacere riscontrare una grande partecipazione per il ritorno in Italia dei Soilwork.
Strid, Andersson, Coudret, Karlsson, Flink e Verbeuren, dal canto loro, hanno messo in pista tutto quanto necessario nel dimostrarsi grati dell’accoglienza riservata, lasciando memoria di uno spettacolo divertente e privo di cali di tensione.

Al termine, le nostre orecchie pur devastate dal volume, non hanno potuto far altro che ringraziare…

Setlist:

This Momentary Bliss
Like the Average Stalker
Overload
Weapon of Vanity
Spectrum of Eternity
Black Star Deceiver
Parasite Blues
Bastard Chain
Let This River Flow
Long Live the Misanthrope
Tongue
Nerve
Chainheart Machine
The Living Infinite I
Rise Above the Sentiment

Encore:

Distortion Sleep
Stabbing The Drama