Power

Live Report: Sonata Arctica @ Estragon Bologna 11/05/2015

Di Luca Montini - 13 Maggio 2015 - 19:40
Live Report: Sonata Arctica @ Estragon Bologna 11/05/2015

SONATA ARCTICA + FREEDOM CALL + TWILIGHT FORCE
11/05/2015 @ Estragon, Bologna
 

Sonata Arctica

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Era nell’aria. Le premesse per una serata indimenticabile c’erano tutte. Negli ultimi anni i finlandesi Sonata Arctica ci avevano abituato ad album non troppo convincenti, che si ripercuotevano in scalette dal vivo abbastanza discutibili. “Una band ormai allo sbaraglio?”, si chiedevano taluni, magari nostalgici dei tempi di Jani Liimatainen, storico chitarrista e fondatore della band in lineup fino a Unia (2007), magari neppure troppo convinti del mezzo ritorno alle origini di “Pariah’s Child” (2014). Poi un guizzo, ed ecco spuntare alla fine dello scorso anno “Ecliptica – Revisited: 15th anniversary ediction”. Disco di per sé inutile, almeno quanto, qualche mese dopo, la rimasterizzazione di “Eternity” (2002) dei tedeschi Freedom Call, in “666 Weeks Beyond Eternity”, seicentosessantasei settimane dopo il classico. Note le date del tour, tuttavia, ci si chiedeva in maniera un po’ retorica cosa sarebbe successo se le due band, unendo le forze, avessero portato i due dischi suddetti sul palco, in un meraviglioso revival degli albori del terzo millennio, epoca aurea del power metal: il tutto in Italia nell’unica data di Bologna. Il risultato, come da facili previsioni – una serata indimenticabile.

“Knights of twilights might will rise
Riding towards gates of glory”

 

Mentre una fila sterminata si avvicina lentamente ed ordinatamente all’ingresso dell’Estragon (parola d’ordine “due passi indietro”, almeno per gli addetti alla sicurezza), gli svedesi Twilight Force salgono sul palco per il loro esordio in terra italiana e per infiammare la serata con l’incandescente soffio di un drago rosso. Il debut dei ragazzi titola “Tales of Ancient Prophecies”, e neanche a dirlo richiama a tematiche fantasy classiche: draghi, elfi, nani (ma non ditelo a Richard Benson!) ed incredibili avventure.
La band si rivela in breve come la grande sorpresa della serata: musicalmente molto derivativi e debitori del power epico più classico, tra linee melodiche altissime ed assoli speed al fulmicotone, ma con una capacità di intrattenere davvero da giocolieri d’altri tempi. Christian Eriksson alla voce pare un po’ il Thor della Marvel, capace di raggiungere note altissime con estrema facilità; Aerendir e Felipe  alle chitarre che ricordano due elfi oscuri dai capelli buondi lunghissimi (oh, son scandinavi!); il boia Peon alla batteria, Lo Hobbit Borne al basso e lo stregone/narratore Daniele alla tastiera. Avranno mai giocato a D&D?
Performance pulita, ottimi gli assoli incrociati di chitarra e tastiera, fin da subito buona la qualità del suono: tanta voglia di divertirsi dei ragazzi ed alcune belle trovate sul palco, da un ‘salto alla corda’ improvvisato con il cavo del microfono alla mimica dell’estrazione della spada: irrefrenabili.
Il pubblico è già caldo e carico al termine dell’esibizione, ed i ragazzi hanno colpito nel segno: vedo già attorno a me gente googlare “Twilight Force” sugli smartphone. 

Setlist

01. Forest Of Destiny
02. Enchanted Dragon Of Wisdom
03. Twilight Horizon
04. Gates Of Glory
05. The Power Of The Ancient Force

 


“Warriors, euphoria will rise
Returning from darkness we bury all lies”

 

Viene ora il momento dei Freedom Call, che al loro solito con perfezionismo tipicamente tedesco e con grande umiltà prendono parte alle operazioni di soundceck: Ramy col suo inconfondibile pizzetto rosso alla batteria, il “DeMaio teutonico” Ilker al basso che compare e scompare alla sinistra del palcoscenico, ed il buon vecchio Chris Bay mimetizzato neppure troppo bene, vestito con un felpone con cappuccio che gli copre il volto ma imbracciando la sua inconfondibile ESP EX
Buio in sala ed ecco finalmente la band irrompere sul palco: che l’happy metal party abbia inizio!
Apre il nuovo “666 Weeks Beyond Eternity”, brano anthemico che rimanda al curioso anniversario dalla release di Eternity, seguita dai primi quattro pezzi che compaiano nell’ordine medesimo nella reissue del classico: la tastierosa “The Eyes Of The World”, la veloce “Flying High”, l’onirica “Island Of Dreams” e la power ballad “Bleeding Heart”. Chris Bay, forte della sua esperienza, tende a dosare i falsetti e gli acuti per gli immancabili ritornelli, mentre il vero spettacolo si consuma alle sue spalle, con il carro armato Ramy Ali con le sue bacchette roteanti, la sua carica esplosiva e le sue acrobazie alla batteria: un mostro di potenza, tecnica e simpatia. Peccato per le solite tastiere campionate. Il frontman prova talvolta a richiamare il pubblico col suo italiano un po’ claudicante, appreso con fatica in almeno quindici anni di tour, tra qualche “dai cazzo” ed un’esortazione a sollevare i pugni al cielo, seguita da un commento sulla puzza di sudore come neppure la pubblicità del Borotalco. 
Impossibile rimanere impassibili alla simpatia del combo teutonico, tra gli assoli incrociati di Chris e Lars e tutta l’happycità sprigionata dalla band. Il pubblico è coinvolto, anche se l’impressione è che in molti non conoscessero a sufficienza gli happy metallers tedeschi: l’inno “Metal Invasion” infatti non trova il solito riscontro nel ritornello, eppure l’ebbrezza della festa vive un ultimo picco in un crescendo tra “Ages Of Power”, la carismatica “Warriors” ed il classico pezzo di chiusura: “Land Of Light”. Impossibile non saltare sulla melodia di tastiera stile Europe.
Mentre i tedeschi ricompaiono per salutare il pubblico e portare via un po’ di strumentazione, presumo soddisfatti di aver ampliato la fanbase, penso che mi sarebbe piaciuto sentire qualcosa dall’ultimo capolavoro “Beyond”, come pure una “Power and Glory” a caso, citata in un dei rari interventi di Chris in lingua inglese… ma è tempo di ravvedersi del motivo per il quale siamo tutti qui: sentire i Sonata alle prese con Ecliptica

Setlist

01. 666 Weeks Beyond Eternity 
02. The Eyes of the World 
03. Flying High 
04. Island of Dreams 
05. Bleeding Heart 
06. Metal Invasion 
07. Ages of Power 
08. Warriors 
09. Land of Light


“I am here to claim my land
You can’t keep me away forever”

 

Alle ore 22,30 esatte, mentre l’Estragon si fa quasi pieno, di nuovo buio in sala: le note di un insolito Can-Can preludono all’ingresso dei Sonata Arctica sul palco… e siamo già ai tempi di “Reckoning Night”, con l’emozionante “White Pearl, Black Oceans”. La risposta del pubblico è immediata, e la lunghezza della canzone aiuta i fonici a regolare i volumi con dovizia. La successiva “X Marks the Spot”, certamente il brano più folle ed estroso dell’ultimo disco, fatica a rendere, nonostante le mimiche e l’impegno del frontman: la strofa su tonalità basse quasi irriconoscibile, discreto il ritornello, pessimo il predicatore campionato. Il pubblico accoglie freddamente, ma è proprio il predicatore del rock’n’roll ad annunciare l’imminente riproposizione dal vivo di Ecliptica.
I pezzi si susseguono seguendo l’ordine pedissequo dell’album originale, ed è un gaudioso putiferio tra il pubblico: la voce di Tony Kakko quasi sempre affogata dal grande coro del pubblico. Come non esplodere dinanzi all’inarrivabile bellezza di uno tra i più grandi capolavori del nostro genere preferito? Una successione mozzafiato: “Blank File”, “My Land”, “8th Commandament”, “Replica”, “Kingdom for a Heart”, “Full Moon”…  impossibile descriverle a parole. Ed è tutto un saltellare, pogare, cantare. La band è in gran spolvero, buona la prova di Tony sia vocalmente che come interpretazione. Fenomenale la performance di Elias Viljanen alla chitarra, che non fa rimpiangere Liimatainen (al songwriting, invece…), nei suoi continui duelli con Henrik Klingenberg alla tastiera e keytar. Sezione ritmica rocciosa potente con il cofondatore Tommy Portimo alla batteria e l’ultimo arrivato Pasi Kauppinen al basso. Tanto affetto tipicamente italiano alla band finlandese, tanto che dal pubblico arriva un cuscino a forma di cuore per Tony Kakko ed una bandiera italiana che il cantante ripone sul palco. Flag in the Ground, direbbero alcuni.
Piccola pausa in cui il frontman spiega al pubblico com’è nata la band, dalle cover dei Megadeth (mentre  da dentro si sente il riff di “Symphony of Destruction”) e Spin Doctors, ed il primo brano composto: la powe ballad “Letter to Dana”, suonata con gli arrangiamenti della reissue.
Tony passa poi in rassegna la band presentando i musicisti, e via con “Unopened”, “Picturing the Past” e “Destruction Preventer”, per poi uscire di scena.
Ma non è finita qui: per il triplo bis la band suona anche la (evitabilissima) bonus track originale “Mary lou” ed il primo singolo dell’ultimo album “The Wolves die Young”. Il pubblico accoglie senza particolare entusiasmo il nuovo pezzo; abbastanza anonimo dal vivo come in studio.
Ultimo spazio per le chiacchiere, Tony ci ringrazia sentitamente (mimando anche numerosi abbracci… è proprio un tipo emotivo!) per aver pagato il biglietto, essere venuti al concerto ed aver così contribuito alla sopravvivenza del nostro genere preferito. Una predica purtroppo molto azzeccata, considerato che il motivo dell’unica data in Italia è proprio l’ormai inguaribile carenza di pubblico ai concerti.
Il concerto si chiude con la potente “Don’t Say a Word”, a coronamento di una scaletta quasi perfetta; non resta che cantare tutti assieme “We Need Some Vodka” prima di salutare definitivamente la band, lasciando al predicatore fuori campo le ultime parole di congedo, assolutamente ignorate dal pubblico, accaldato, stremato e concentrato nel fondere indissolubilmente nei propri ricordi gli highlights di questa serata indimenticabile.

 

Setlist

01. Intro: Can-Can Jaakolla 
02. White Pearl, Black Oceans… 
03. X Marks the Spot 

04.Blank File 
05. My Land 
06. 8th Commandment 
07. Replica 
08. Kingdom for a Heart 
09. FullMoon 
10. Letter to Dana 
11. UnOpened 
12. Picturing the Past 
13. Destruction Preventer 

14. Mary-Lou 
15. The Wolves Die Young 
16. Don’t Say a Word 
 

Luca “Montsteen” Montini