Live Report: Sons Of Seasons e Pathosray a Muggia (TS)

Di Riccardo Angelini - 9 Novembre 2009 - 1:42
Live Report: Sons Of Seasons e Pathosray a Muggia (TS)

Immagini e parole di Daniele Peluso.

Il giorno prima dell’esibizione come supporto agli Epica, e più precisamente il 26 ottobre scorso, i Sons Of Seasons si sono concessi una serata da headliner al Rock in Rio Ospo, serata musicale organizzata al Teatro Verdi di Muggia (TS). Certe iniziative meriterebbero un successo maggiore. Il teatro ha registrato solo la presenza  di pochi irriducibili fan, che di contro si sono gustati uno spettacolo davvero coinvolgente e di grande qualità. Ad aprire la serata i nostrani Pathosray: a mio modo di vedere la grande sorpresa della serata.

PATHOSRAY

Entusiasmanti. Impeccabili. Il gruppo nostrano si è dimostrato non solo all’altezza dello spettacolo offerto più tardi dai Sons Of Seasons, ma è stato anche capace, in certi frangenti, di dare quel qualcosa in più che trasforma una semplice esibizione di apertura in un successo assoluto. Affiatati e in forma, i Pathosray si sono impossessati del palco con sicurezza, distinguendosi subito per la grande presenza scenica. La setlist ha lasciato tutti senza fiato. I presenti si sono ritrovati trascinati fin dal primo istante nelle precise metriche della band e coinvolti dalla voce calda e precisa dell’ottimo Marco Sandron, supportato egregamente nelle backing vocals dal bassista Fabio D’Amore. Nove canzoni tratte dai due full-length ‘Pathosray’, datato 2007, e dal recente ‘Sunless Skies’ (da segnalare il taglio di ‘Scent of Snow’ per mancanza di tempo) che hanno convinto da capo a coda, chiamando anche i più irriducibili avvinazzati fuori dal bar del teatro. Un’ennesima dimostrazione della qualità e dell’estrema salute del movimento metal italiano: promossi non solo a pieni voti, ma con lode!

Setlist:
-Perpetual eclipse
-Poltergeist pt.1
-Behind the shadows
-Quantic enigma
-Aurora
-The sad game
-In your arms
-Crown of thorns
-Poltergeist pt.2

 

SONS OF SEASONS

Dopo un’apertura così azzeccata e pungente, ai teutonici Sons Of Seasons toccava il compito di non sfigurare dopo la grandiosa prestazione degli opener. La missione è stata portata a termine con successo. La band di Oliver Palotai e Henning Basse è riuscita a catturare gli spettatori dalle prime note del concerto, ammantata nelle sue atmosfere tenebrose, enfatizzate da un growl molto oscuro, alternato a parti decisamenti più rilassanti ed eteree che mettono in luce la grande versalità e l’impeccabile esecuzione del singer. Ed è proprio la voce di Henning Basse a meritare l’elogio migliore – una prestazione davvero fantastica, controllata e precisa. Forse a lungo andare la proposta dei nostri risulta un po’ piatta, a causa probabilmente di un songwriting piuttosto lineare. Dieci canzoni tratte dal disco d’esordio Gods Of Vermin, uscito lo scorso aprile, hanno dato comunque una buona idea del progetto che questi cinque musicisti hanno in mente: un metal sinfonico fatto di atmosfera, una buona dose di teatralità e grandi doti interpretative. 

Setlist:
-Gods of vermin
-Dead man’s shadows
-Fall of Byzanz
-The piper
-Belial’s Tower
-Third moon rising
-Strumentale
-Senatorium song
-Wheel of guilt
-Fallen family
-A blind man’s resolution

A conclusione della serata, un’estemporanea metal jam session ha visto salire sul palco il chitarrista dei Sinestesia Roberto De Micheli, i musicisti dei Sons Of Seasons (spettacolare la versione di The Trooper cantata dal buon Henning Basse dopo un paio di birre nel backstage), con la partecipazione di Adriano Sardo (Killjoy) al basso e Ranieri “Ragno” Rovatti, attuale cantante dei Steel Crown. Una degna conclusione, per una serata davvero riuscita. Come sempre, a rimetterci sono sempre quelli che sono rimasti a casa…

Daniele Peluso