Live Report: The Cult @ Carroponte, Sesto SG (MI) 27/07/2024
Son passati quarant’anni da quando uscì Dreamtime. Nell’Inghilterra di allora si celebrò quella che venne sbrigativamente definita come una delle tante risposte al noir emanato dai connazionali Bauhaus. La Nwobhm cominciava a perdere vigore, il Punk – a livello di movimento, of course – costituiva un lontano ricordo e nel regno Unito della Thatcher le sonorità gotiche e oscure riscuotevano parecchio interesse fra le masse degli appassionati.
The Cult, un moniker in quel momento ferocemente sfidante, prese vita sulla base del connubio fra un cantante di prospettiva come Ian Astbury e un chitarrista di belle speranze quale Billy Duffy. Nel 1984 nessuno poteva prevedere che tale accoppiata sarebbe passata alla storia come una fra le più solide di sempre.
Da quei giorni di acqua sotto ai ponti ne è passata parecchia, ma i Cult sono ancora qua e, sulla base delle presenze registrate in quel del Carroponte di Sesto San Giovanni sabato 27 luglio 2024, pare godano di ottima salute. In quattro decenni il complesso inglese ha saputo pubblicare undici album, strafregandosene delle accuse di alto tradimento perpetrate dall’ala più dura dei loro fan nel momento in cui hanno assecondato un po’ troppo le mode del momento, con inevitabili rimescolamenti anche a livello di immagine. Gli inglesi, decollati su solide basi gotiche influenzate dal post punk del periodo nel corso di una carriera hanno sperimentato diversi generi musicali, accarezzando la new wave per poi approdare al classico rock e all’hard rock, assurgendo così allo status di band trasversale, ma di sostanza. Cosa non da poco e non da tutti.
Situazione verificata puntualmente anche in quel di Sesto, ove si è assistito al festival delle t-shirt più diverse e diversificate, fra i presenti. Assumendo che se un indossa una maglietta dei Mayhem a un concerto non è di certo per caso, i Cult hanno saputo radunare al proprio cospetto fan di Ramones, Joy Division, Siouxie, Cure e fin qui nulla di strano… così come chi vestiva L.A. Guns, Guns N’ Roses e Deep Purple, un poco più sorprendente scorgere fra la gente un buon numero di defenderoni conclamati griffati Saxon e Judas Priest, poi Slayer e Megadeth, a testimoniare il livello di piena trasversalità raggiunto da Astbury & Co.
Jonathan Hultén
Alle 20.32 è la volta dell’opener, il trentacinquenne svedese Jonathan Hultén, conosciuto fra le file dei deathster per essere stato il chitarrista dei Tribulation dal 2004 al 2020. Anche illustratore e designer, l’oscuro cantautore svedese si presenta da solo sul palco del Carroponte agghindato in pieno stile gotico e armato di chitarra. Per una buna mezzora propone la propria miscela musicale poggiante su suoni campionati che si può definire come un mix fra afflati folk e canti medievali, con derive sepolcrali e mistiche.
Jonathan Hultén
Un viaggio, il suo, senza dubbio stuzzicante, penalizzato dalla presenza della luce, che ne ha limitato l’effetto. Uno show decisamente particolare nel quale lo svedese ha anche saputo meritarsi una sufficiente dose di applausi e nessun fischio, va sottolineato. La maturità degli astanti in quel di Sesto ha fatto sì che chi non fosse interessato si facesse un giro nell’ampia area circostante il pit, o più semplicemente ne seguisse la performance senza battere ciglio, sopportando più che supportando, signorilmente.
THE CULT
Il piatto forte della serata prende inizio alle 21.35 nel momento in cui Billy Duffy, Ian Astbury, Charlie Jones e John Tempesta prendono posto sul palco ed è subito fuoco e fiamme sulle note di “In the Clouds”. Ottimi suoni e ottimi volumi sin dai primi pezzi contraddistinti da una pulizia di esecuzione particolarmente apprezzata. I The Cult, a differenza di altri coevi e qualcun altro ancor più stagionato, sono tutt’altro che la cover band di sé stessi e va dato loro atto della cosa. Dopo quarant’anni di milizia il rischio è perennemente dietro l’angolo, la storia insegna, benché né Astbury (classe ‘62) né Duffy (classe ‘61) siano particolarmente in là con l’età. In particolare il cantante ha dimostrato una buona mobilità e un’assoluta tenuta a livello vocale, si è viceversa notata la mancanza di un palco degno dei Cult. Va bene lo spirito del rock’n’roll che prevede quattro ampli e via, ma un gruppo dall’allure gotica come il loro si sarebbe meritato di più, in termini scenici. E così anche il pubblico.
Billy Duffy, The Cult
Astbury punta al sodo e limita l’interazione al minimo sindacale fra un numero l’altro col tamburello, lo show prosegue solido per poi letteralmente deflagrare successivamente alla toccante “Edie (Ciao Baby)”, eseguita in acustico dai soli Ian e Billy, nel momento in cui partono le prime note di “Sweet Soul Sister”. Orgasmo sonoro che perdura sino al classico dei classici “Rain” compreso, con in mezzo nientepopodimeno che “Fire Woman”, anticipata da “Lucifer”. Puro godimento heavy metal gustarsi i passaggi nei quali John Tempesta può bombardare come un dannato, d’altronde essere stato negli Exodus sarà pur servito a qualcosa…
Si chiude baracca e burattini alle ore 23.00 precise, ottimo orario per chi – e sono tanti, provenienti da tutta Italia ma anche da oltrefrontiera – deve sciropparsi centinaia di chilometri per rincasare sulle note della commovente “Brother Wolf, Sister Moon” che lascia poi spazia alla definitiva “She Sells Sanctuary”.
Ian Astbury, The Cult
Uno show degno, il loro, che non ha deluso le aspettative, personalmente considero però peccato mortale escludere dalla scaletta un pezzone come “Nirvana”. Ian Astbury nei momenti più intimistici del concerto ha richiamato l’ugola immortale di Jim Morrison e anche solo per questo motivo era fondamentale esserci, per i cultori del Re Lucertola.
Si alzano le luci e silenziosamente la massa degli astanti si dirige verso l’uscita del Carroponte, in una particolarmente calda notte milanese che verrà ricordata come l’unica tenuta in Italia all’interno del Tour 8424, quello che accompagna i quarant’anni di un gruppo fondamentale della storia della musica dura.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
Qui di seguito il photo report della serata a cura di Luca Iacono