Live Report: The Revenge Of True Metal III a Rovereto (TN)
Live Report: The Revenge Of True Metal III a Rovereto (Tn)
Si è svolto anche quest’anno, a Rovereto (Tn) il consueto appuntamento con l’heavy metal più incontaminato e inossidabile. Il “The Revenge Of True Metal Festival” – dalla casuale omonimia con il nome del portale da dove state leggendo -, giunto alla sua terza edizione, è ormai tra gli appuntamenti imperdibili per ogni metalhead che si rispetti e come da tradizione, questo raduno riesce sempre a trasmettere e riportare a galla lo spirito e i vecchi valori degli Eighties, dove sentimenti come passione, sincerità, divertimento e senso di appartenenza hanno ancora un grande peso. L’enorme merito va dato al Defenders Club che con costanza e sbattimento riesce sempre ad imbastire un bill di tutto rispetto ed organizzare l’evento con ingresso gratuito.
Impossibile sottacere l’enorme mole di lavoro svolta in primis da Roberto “Bob” Condini e da Laura, ma anche dagli altri collaboratori per rendere possibile una volta di più un happening del genere. Location ideale con largo spazio vitale e possibilità di campeggio, posta nella zona industriale di Rovereto, con quindi ampi parcheggi e problemi legati ai volumi pressoché inesistenti. Largo quindi a cuoio, borchie e tanta musica per una completa immersione nel metallo rovente in riva all’Adige.
Sergio Nardelli & Stefano “Steven Rich” Ricetti
ENDOVEIN
Con qualche ritardo sulla tabella di marcia, il compito di aprire la terza edizione del festival spetta ai giovani thrashers torinesi ENDOVEIN, che per nulla intimoriti, nel loro poco tempo a disposizione, hanno fatto del loro meglio per intrattenere un pubblico ancora poco numeroso ed attratto dai numerosi e ben forniti stand, posti ai lati del prato. Piacevole e fluida la loro esibizione, basata su un thrash canonico con brani estratti dal loro ep di debutto, conditi con qualche azzeccata cover, tra le quali una bella versione di “Serial Killer” dei Violence. Una agguerrita band da tener d’occhio. (Sergio Nardelli)
MAD CAPS
Si prosegue su sonorità taglienti con l’arrivo dei MAD CAPS, band marchigiana, autrice di un thrash compatto e trascinante. I loro pezzi mostrano un buon impatto e sotto al palco si registrano le prime avvisaglie di pogo. Breve ma intensa la loro esibizione che ha visto i picchi massimi nella rocciosa versione di “Iron Fist” dei Motorhead e nella impetuosa “Drunk ‘Till Death”, con la presenza on stage di numerosi amici per i cori. Uno show fisico e diretto che ha riscosso più di qualche meritato applauso. (Sergio Nardelli)
DESTROY EDGEBONE
Il grezzo speed metal dei DESTROY EDGEBONE porta una ventata di simpatia e divertimento, grazie ad una proposta spassionata, bizzarra ed irriverente al punto giusto. Il quartetto di Pordenone, snocciola con disinvoltura il proprio live set, costituito da brani diretti e senza fronzoli come “Halfwit Nightmare” o la tirata “Death Runs Fast”, riuscendo a coinvolgere il pubblico che nel frattempo inizia a farsi folto e sembra apprezzare pezzi solidi e intransigenti quali “King Of The Road” o “Town Of Rain”. Con un finale in crescendo la band spinge ancora sull’acceleratore e, disponendo di una sezione ritmica agguerrita, riversa sui presenti mazzate come “Bounty Killer” e l’anthemica “Turbo Metal”. Il congedo avviene con l’inno “Holy Beer (Kill The Analcholic Beer)”, cantata con gusto dai presenti, con il quale i nostri firmano, con fare festaiolo, un concerto ben riuscito ed apprezzato. (Sergio Nardelli)
SACRIFICATOR
Le sonorità si incattiviscono con l’arrivo dei SACRIFICATOR, giovane combo veneto devoto ad un thrash senza compromessi. L’attacco frontale dei nostri inizia con “Dices With Death” e prosegue senza sosta con la trascinante “Ready To Drink Ready To Fight” e la minacciosa “Violent Solution”, annunciata dal vocalist Nicola con dedica particolare a chi porta il “ciuffo all’ultima moda”. Nonostante la furia cieca della band abbia dovuto fare i conti con suoni abbastanza penalizzati, l’intransigenza sonora e l’attitudine thrash dei Sacrificator ha fatto ugualmente il suo corso, prendendo forma in “Total Thrash Attack”, nell’autocelebrativa “Sacrificator” e nel thrash incontrollato di “Stage Dive”, dove è stata messa in pratica la lezione impartita dai maestri, Destruction e primi Kreator in testa. Nella conclusiva “Thrash ‘Till Death” il loro ultimo grido di fede, prima di cedere il posto ai Witchunter. (Sergio Nardelli)
WITCHUNTER
I WITCHUNTER hanno confermato anche in sede live quanto di buono espresso sul loro omonimo demo di debutto, rendendosi autori di uno show intenso ed essenziale che ha colpito al cuore tutti gli headbangers. La band di Teramo, catturano subito l’attenzione grazie all’onda d’urto procurata da “Louder And Faster”, seguita dall’impetuosa “Nothing Too Loose”, con una sezione ritmica solida e precisa. La telluriche “Over The Lightning” e “Twisted By Fire” mostrano come il gruppo sia in grado di creare valide song dal gran tiro, grazie ad efficaci ritornelli e un rifferama semplice e diretto. Ottime e da veri intenditori le cover di “Heavy Night” degli italiani Fingernails, “Highly Strong” degli inglesi Chateaux e “Monster Of Rock” degli svedesi Gotham City che disseminate fra mazzate quali “Hell For Leather” o l’omonima “Witchunter”, impreziosiscono una esibizione tra le migliori della giornata. L’atto finale spetta al classico degli Exciter “Violence And Force”, ulteriore occasione per tutti di riversare un altro po’ di sudore in attesa del prossimo gruppo. (Sergio Nardelli)
SIGN OF THE JACKAL
L’arrivo sul palco dei padroni di casa SIGN OF THE JACKAL, ha portato un’altra buona iniezione d’adrenalina alla serata con il loro classico heavy metal “old fashioned”. La band è riuscita a catalizzare l’attenzione del pubblico grazie ad una elettrizzante esibizione che ha mescolato sapientemente capacità musicali, giusta attitudine, look adeguato e spiccato senso del palco. Capitanati dalla grintosa Laura, memori della lezione impartita da act quali Warlock, Bitch e Blacklace, i nostri hanno snocciolato con disinvoltura una scaletta scoppiettante e ricca di godibili chicche per veri cultori del genere, come la cover dei canadesi Black Knight “Warlord’s Wrath”, “Head Over Heels” degli americani Meghan e “Blessed Are The Strong” dei Malteze. La tirata “Sign Of The Jackal”, posta in apertura e l’anthemica “Fight For Rock”, tratte dall’ep di debutto mettono in mostra tutta la gamma sonora della band, ricevendo una calorosa accoglienza, come pure il nuovo brano “Heavy Metal Demons”, che non sposta di una virgola la strada intrapresa dai nostri e risulta un brano dal tiro vincente. La cover dei Lizzy Borden “Notorious” seguita dalla mitica “I Rule The Ruins” dei tedeschi Warlock è il giusto atto finale di uno show praticamente perfetto sotto tutti i punti di vista. (Sergio Nardelli)
IRON KOBRA
C’era molta curiosità nei confronti di questa giovane compagine tedesca, ma gli IRON KOBRA hanno in parte deluso le attese, regalando si uno show intenso e morbosamente eighties oriented, ma a tratti scoordinato (specie per quanto riguarda la sezione ritmica). Dopo una divertente intro e con una bandiera giapponese in bella mostra sulla batteria, l’assalto sonoro inizia con la burrascosa “Fists Of Fury” che scatena subito l’headbanging sotto al palco, dove si nota la presenza di un nutrito e rumoroso manipolo di fans tedeschi. “Steamhammer” rincara la dose, mentre l’hard & heavy di “Valhalla Rock” e la cruda “Rocket Raiders” sprizzano semplicità compositiva e sfrenata passione. Altri sussulti heavy arrivano dalla anthemica “Heavy Metal Generation” e dalla cover dei Thor “Thunder Of The Tundra” che risentono però della mancanza di un vero e proprio frontman che si occupi della voce, anche se la band fa del suo meglio per ovviare e sforna a raffica pezzi grezzi e in your face come “Will Of The Kobra”, “Kobra Krusaders” e “Speedbikers”, la quale risulta efficace nei cori e destabilizzante negli intenti. A “Ronin” spetta il compito di chiudere uno show grezzo e festaiolo, per una band talmente immersa negli anni ’80 da farne una ragione di vita, coraggiosa a tal punto da produrre il loro demo d’esordio datato 2009, prevalentemente su cassetta! (Sergio Nardelli)
BAPHOMET’S BLOOD
Ritornano anche quest’anno, con una posizione in scaletta del tutto favorevole, i marchigiani BAPHOMET’S BLOOD che con il loro metal grezzo e intransigente, hanno strappato applausi e consensi. Dopo l’intro di rito i nostri irrompono con la furia incontrollata di “Satanic Commando”, per poi proseguire con pezzi quali il manifesto “Baphomet’s Blood”, la devastante “Blood Vomit And Satan” e l’inossidabile “Evilbringer”. La band suona pesante e cattiva riversando sul pubblico palate di energia attraverso la spietata “Satanic Metal Attack”, la rude “Speed Metal Earthquake” e l’esplosiva “Army Of The Night”. L’impenetrabile muro sonoro messo in piedi da Necrovomiterror e soci, riesce a catalizzare l’attenzione del pubblico che partecipa attivamente all’olocausto sonoro in corso e si lascia inesorabilmente travolgere dalla fiera “Italian Steel” e dalla furiosa “Burn In Hell”, che portano dritte al gran finale dove l’alcolica “Satanic Beerdrinkers” ed una grande versione di “Killed By Death” dei Motorhead regalano gli ultimi istanti di uno show alla dinamite. (Sergio Nardelli)
TANK
Inutile sottacerlo, la maggior parte dei convenuti in quel di Rovereto era lì per loro: i cari, vecchi, Tank. Curiosità nella curiosità, poi, il fatto di vedere lo storico combo inglese senza la colonna portante del gruppo fino a poco tempo fa, per molti il trademark del carrarmato di Londra, sua maestà Algy Ward. Dietro al microfono, infatti, oggi campeggia tale Doogie White, già al servizio di un mostro sacro come Ritchie Blackmore negli ultimi Rainbow nonché frequentatore della corte di Yngwie “Speed Hand” Malmsteen per quasi un lustro, senza dimenticare il disco con i Praying Mantis. Le due chitarre cingolate dei Tank, viceversa, sono sempre al loro posto: Cliff Evans alla destra del palco e l’altro guitarist Mick Tucker alla sinistra. Il resto della band si compone di Chris Dale al basso e Mark Brabbs alla batteria. Dopo il consueto intro tribale, estrapolato da Shellshock, ha inizio il massacro: This Means War cancella di botto i ventitre anni intercorsi dalla sua uscita e pare di trovarsi davvero in piena Nwobhm, quando le band, anche la maggiori, sputavano l’anima per conquistarsi un posto al sole. Non a caso seguono Echoes Of A Distant Battle, sempre targata 1983 e T.W.D.A.M.O. dal debutto dell’82. A spezzare l’atmosfera nostalgica ci pensa la nuova Phoenix Rising, in pratica un brano dall’andamento Rainbow “Tankizzato” a dovere. Si continua con altri cavalli di battaglia della portata di Honour And Blood e Power Of The Hunter, poi meritata “pausa birra” e chiusura alla grande con la terribile accoppiata Don’t Walk Away e Shellshock. I Tank si sono divertiti, così come la folla radunata di fronte al Loro palco, proveniente non solamente dal nord d’Italia. Da rimarcare l’esibizione dignitosa di un consumato frontman come Mr. White, a suo agio con le bordate sparate dal cannone britannico e la consueta disponibilità della band prima e dopo l’esibizione sulle assi di Rovereto. Gran bel concerto, intenso e d’altri tempi. Vedere i Tank è sempre un’emozione… (Stefano “Steven Rich” Ricetti)
Setlist:
THIS MEANS WAR
ECHOES OF A DISTANT BATTLE
TWDAMO
PHOENIX RISING
WALKING BAREFOOT
HONOUR AND BLOOD
GREAT EXPECT
POWER OF THE HUNTER
STORMTROOPER
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DON’T WALK AWAY
SHELLSHOCK