Live Report: TNT Fest, Pinasca (TO)- 14/07/2024
Ho sempre amato la montagna quando ero un single impenitente e continuo ad amarla ancora oggi, pur nella mia più stabile e recente incarnazione di marito fedele e mite padre di famiglia. Ogni anno trascorro molto volentieri qualche fresca giornata estiva nella bella Val Chisone, situata in provincia di Torino e scavata nella roccia delle Alpi Cozie dall’omonimo torrente. Solitamente mi ci avventuro accompagnato da moglie e figlio; in questa uggiosa Estate 2024, tuttavia, dovrò fare un piccolo ‘sacrificio’ e tornarci in solitaria. Il comune di Pinasca, uno dei primi paesi che si incontrano salendo da Pinerolo lungo la succitata valle, ospita infatti una serie di concerti degna di attenzione. Sto parlando del TNT Fest, kermesse che da qualche anno porta in Val Chisone piccoli e grandi nomi della musica italiana e non. Non di solo Metal si parla, attenzione: il contenitore del TNT Fest è piuttosto capiente e quest’anno gli organizzatori del festival possono fregiarsi di aver invitato artisti come Piotta, Giancane, Bambole di Pezza e chi più ne ha più ne metta. Per quanto riguarda il Metal, invece, i ragazzi del TNT Fest l’hanno combinata particolarmente grossa. Nel 2023 gli headliner della giornata dedicata al Metal furono i nostrani e amatissimi Rhapsody of Fire. Nell’anno di grazia 2024 il gran finale della giornata sarà affidato nientemeno che agli altrettanto amatissimi tedeschi Grave Digger, che verranno introdotti da tre gruppi battenti bandiera piemontese e da una band di ‘infiltrati’ trentini. Il compito di aprire le danze alle 18:00 toccherà ai thrasher Damnation, gruppo di recente formazione composto da navigati strumentisti provenienti da alcune interessanti realtà musicali del territorio. A seguire un altro combo Thrash, vecchia conoscenza di TrueMetal.it: parliamo degli Ural, forti della recente pubblicazione dell’album “Psychoverse”. Completeranno la succulenta line-up della giornata gli Anthenora, apprezzato gruppo Heavy/Power Metal cuneese dalla storia trentennale che ha pubblicato a febbraio l’EP “Need”, e gli storici Skanners, gli infiltrati trentini di cui sopra, autori dell’altrettanto storico album “Dirty Armada” del 1986 e tuttora attivi con molti ottimi dischi anche nel loro palmarès più recente. Come si suol dire, insomma, impossibile mancare: con un cartellone di questo livello e un prezzo del biglietto a dir poco popolare è obbligatorio presenziare!
Salgo in macchina nel primo pomeriggio e mi preparo per affrontare l’ora di strada che separa il mio paese da Pinasca. In passato ho già avuto modo di scrivere che i concerti Metal domenicali dovrebbero essere imposti per legge. Iniziare una settimana lavorativa con le orecchie che fischiano dovrebbe essere una condizione obbligatoria per ogni metallaro che si rispetti: prendere di petto il lunedì mattina dopo poche ore dall’ultima birra post-concerto non ha prezzo! Giungo in paese intorno alle 16 e trovo parcheggio senza particolari difficoltà, venendo subito colpito dalla pace che regna sovrana. I turisti presenti a Pinasca per il weekend si stanno ancora preparando per tornare alle loro vite ‘ufficiali’, il pubblico della serata non è ancora presente e gli amplificatori per il momento sono silenziosi. La situazione di conseguenza è piuttosto tranquilla e mi rendo conto di aver posteggiato a meno di 50 metri dalla grossa piazza scelta dall’organizzazione come location. Oltrepasso in pochi secondi i tavoli adibiti a biglietteria e intravedo già alcuni portatori sani di magliette coi teschi, che come me si aggirano alla ricerca di una birra fresca per combattere la calura. Siamo ai piedi dei monti ma il termometro segna imperterrito 28°, come a volermi rimproverare di essermi presentato con i pantaloni lunghi e una maglietta della salute sotto ad una giovanile t-shirt dei Crying Steel. La maglietta è stata scelta direttamente da mia moglie perché, a detta sua, ‘per una volta che hai una maglietta che ti toglie qualche anno dal groppone vedi di metterla’…potevo soltanto rispondere ‘signorsì’! Il primo brindisi della giornata viene scambiato con un bel mucchio selvaggio di metallari accorsi per l’evento: in questo folto gruppo di filibustieri incontro vecchie conoscenze e ne faccio di nuove, passando il tempo che mi separa dal primo show alternando allegre chiacchiere a lunghi sorsi di birra. Pensate, cari Lettori: durante queste attività propedeutiche ai live siamo stati tutti capaci di mantenere rigorosamente il cellulare in tasca. Ragazzi, prendete nota: scambiare due parole in amicizia, guardandosi in faccia con un paio di birre in mano, è ancora un ottimo modo per passare il tempo senza bisogno di rifugiarsi dietro ad uno schermo! Essendo entrato con un po’ di anticipo riesco inoltre a godermi il soundcheck dei Damnation: deve passare ancora un’abbondante oretta prima che gli amplificatori posizionati dagli organizzatori inizino a fare il loro dovere a pieno regime. Sembra proprio la quantità di minuti giusta per avvicinarmi ancora una volta agli spillatori di birra…bisognerà pure fare il pieno prima che inizino le danze! Alle 18:15, con soli cinque minuti di scostamento rispetto alla programmazione dichiarata, il primo gruppo fa il suo trionfale ingresso sul palcoscenico. Avanti con le batoste!
Damnation
Ho avuto modo di conoscere i thrasher Damnation qualche mese fa, in occasione del loro debutto live al Blah Blah di Torino. La band, come accennavo poc’anzi, è composta da musicisti piuttosto conosciuti nell’ambiente Hard’n’Heavy sabaudo: alcuni componenti del gruppo militano nelle formazioni di Hollywood Killerz, Kebrah e Lilith Legacy. Il Thrash Metal del gruppo è chiaramente legato agli stilemi dei grandi maestri statunitensi, Slayer e Megadeth in primis. Nei loro concerti, come si può facilmente immaginare, volano legnate sonore a destra e a manca: lo può testimoniare chiunque abbia presenziato al concerto degli alfieri dell’Hardcore statunitense Madball, tenutosi il 3 luglio a Torino. I Damnation hanno avuto l’onore di introdurre la band newyorkese in una data alla quale, purtroppo, ho dovuto rinunciare a causa di un soggiorno già prenotato in quel di Gardaland. Rimedierò stasera: il quintetto è visibilmente carico e il primo brano selezionato per oggi, “Scream All My Hate“, fa subito capire a tutti gli astanti quello che ci si deve aspettare dalla band. Questa indiavolata canzone è il primo singolo che i ragazzi hanno scelto per farsi conoscere: ottima selezione, considerando i sorrisi stampati sui volti dei metallari presenti, ben contenti di farsi pettinare le chiome più o meno folte e più o meno bianche dall’assalto portato avanti dai Damnation.
I ragazzi non ricercano sempre la velocità a tutti i costi: molte canzoni si sviluppano su ritmiche marziali e riff pesanti come macigni, rendendo chiaro come la band si voglia rivolgere ad una platea ampia e possibilmente desiderosa di godere di una certa varietà nell’esperienza di ascolto. Basti pensare all’alternanza tra “War“, poderosa canzone in mid-tempo che il cantante Pi definisce ‘piuttosto distruttiva’, e “The Master, the Priestess and the Dead“, cavalcata dal sapore Speed Metal che incarna lo spirito antireligioso che contraddistingue alcune canzoni del gruppo. Il brano giustifica in questo modo anche la scelta del monicker, ribadita ulteriormente dalla penultima traccia della setlist, “Damned”. Poco prima di quest’ultimo brano arriva persino il momento di una ballad, “Killed by the Dawn“…ma figuriamoci! Quando i Damnation annunciano una ballad non credetegli: “Killed by the Dawn” viene sganciata sulle spalle dei presenti come l’iconico peso da 16 tons che abbiamo visto tante volte apparire in molti cartoni animati. I Damnation arrivano alla fine della loro scaletta con “Damned”…ma non era la penultima? Per ragioni di tempo, purtroppo, la ‘vera’ ultima canzone, “Destroy the War Machine”, non può essere proposta. Per ascoltarla temo che dovrò presenziare per una terza volta ad un concerto dei Damnation! In definitiva la band porta a casa il risultato offrendo ai presenti una bella carica di catartica aggressività, utilissima per resistere all’insistente calura che ancora tormenta la location. La piazza di Pinasca nel frattempo ha iniziato a riempirsi e sento parecchie persone annunciare ai loro amici l’intenzione di voler fare un passaggio di fronte al banco del merch dei Damnation…missione compiuta, ragazzi: il verbo si sparge!
Ural
I torinesi Ural si presentano sul palco con una novità nella formazione. Assistiamo infatti al primo concerto degli Ural con il nuovo chitarrista Luca ‘Il Meggi’ Maggi, già membro degli Axeblade, quartetto Heavy sabaudo che ho ammirato qualche tempo fa sul palco in occasione di un concerto di Pino Scotto. A differenza degli Axeblade non ho ancora avuto la fortuna di incrociare gli Ural dal vivo; il caldo sole di fine pomeriggio accompagnerà la mia scoperta e farà da contraltare ai teloni a tema licantropico/fantascientifico installati alle spalle delle asce del gruppo. I due teloni, messi uno accanto all’altro, compongono la copertina di “Psychoverse”, ultima fatica del gruppo a suo tempo recensita sul Nostro sito. Il vivacissimo Thrash Metal della band, oltre a richiamare alla mia mente certi lavori dei Death Angel, riflette perfettamente i movimenti del cantante, un vero e proprio ‘molleggiato’ che supporta con grande energia le abbondanti mazzate musicali distribuite dai suoi degni compari. Anziché ‘compari’ dovrei forse dire ‘membri del branco’: inizio ben presto a capire come tutta l’iconografia del gruppo si basi principalmente sui temi del lupo e della licantropia. Non a caso quando giunge il momento di “Werewolf“, canzone Crossover Thrash da manuale contenuta nell’album di debutto “Just for Fun” del 2019, il cantante Andrea Calviello la descrive come ‘rituale da seguire per entrare nel nostro branco di lupi’. E’ un branco che pian piano prende forma, allargando i suoi confini anche tra i nuovi fan, accorsi come il sottoscritto al TNT Fest senza minimamente sospettare la grande quantità di tranvate che gli Ural avrebbero regalato agli astanti. La scaletta odierna estrae ovviamente molti brani da “Psychoverse“, tra i quali spicca il devastante singolo “Heritage“, ma non viene tralasciata nemmeno la precedente produzione del gruppo: vengono proposte ad esempio “So What” e “Mind Control“, canzoni pescate dal primo album. Trova posto anche un’altra gran bella botta di vita presente nell’EP “Cyber Requiem” del 2022, “Fake Reality“: l’esecuzione di questa traccia prevede la comparsa sul palco di Oscar, un compare della band abbigliato da lupo danzante. Questo spiritoso intervento rafforza la ‘narrazione lupesca’ e conferma la voglia da parte degli Ural di divertirsi e di far divertire senza prendersi troppo sul serio. L’esibizione del quintetto risulta estremamente professionale, adrenalinica e coinvolgente: il gradimento da parte dei presenti è palpabile. Gli Ural riescono in pieno nell’obiettivo di consegnare al pubblico uno show ricco di quell’amichevole e violento divertimento di cui parlavano gli Exodus una trentina di anni fa. Chapeau…ed è proprio il caso di aggiungere anche un grande ‘in bocca al lupo’ per il Metalitalia Fest, kermesse che il 14 settembre 2024 vedrà salire sul palco del Live Club di Trezzo proprio il nostro branco di lupacchiotti torinesi. Attenzione, metallari di Milano e dintorni: il branco degli Ural si sta per ingrandire!
Anthenora
Un’introduzione registrata, solenne e piacevolmente ‘sfonda orecchie’ accompagna l’ingresso degli Anthenora, che iniziano a suonare momentaneamente privi di cantante. Tranquilli, signore e signori, lo scherzo dura poco: il quintetto ritorna tale in breve tempo, apparentemente seguendo un copione provato più volte durante i trent’anni di esperienza sui palchi. Noti negli anni ’90 principalmente nelle vesti di gruppo tributo agli Iron Maiden, gli Anthenora nel nuovo millennio si sono progressivamente ritagliati un posto di tutto rispetto nel panorama Heavy Metal italico: la lunga storia del gruppo garantisce fin dalle prime note uno show di grande impatto, sia musicale che emotivo. Sono molti infatti i die hard fan della band presenti all’appello, pronti a cantare le canzoni proposte dalla scaletta odierna e a scapocciare con convinzione…indipendentemente dall’effettiva presenza di una chioma fluente sul loro capo. Gli Anthenora propongono un Heavy Metal di stampo classico screziato qua e là da venature Power, con non pochi richiami a gruppi come i Running Wild, soprattutto grazie alla calda voce del cantante Luigi Bonansea che talvolta mi ricorda proprio quella del buon Rock’n’Rolf Kasparek. Il gruppo proveniente dalla provincia di Cuneo coinvolge i presenti non solo grazie alla solida produzione musicale ma anche grazie all’attenzione verso gli aspetti scenografici. I membri della band si presentano infatti vestiti con abiti di scena e truccati con leggere pitture di guerra, come se si trattasse di una ciurma di bucanieri pronta ad assaltare la tranquilla località montana che ci sta ospitando. Spiccano fin da subito le doti di trascinatore di folle del cantante, che invita a più riprese il pubblico ad avvicinarsi. ‘Visto che non siamo tanti ma siamo i migliori, vediamo di avvicinarci al palco!’, dice Bonansea, per il quale ogni occasione è buona per spingere i presenti ad intonare qualche rumoroso coro insieme a lui. Pur di sentire il pubblico fare un po’ di sano casino durante l’esecuzione di “Low Hero”, estratta dall’ultimo full-length “Mirrors and Screens” del 2020, l’istrionico frontman lancia minacce piuttosto serie: ‘per chi non canta il merch triplicherà il suo costo!’…inutile dire come il pubblico, pur di non rischiare lo svuotamento del portafogli, non si farà trovare impreparato e urlerà la parola hero a squarciagola seguendo a menadito le istruzioni. Anche la presentazione del nuovo chitarrista Alessandro Parola, giunto per sostituire Gabriele Bruni, fornisce al cantante la possibilità di aizzare il pubblico! I movimenti dei membri sul palco tradiscono ulteriormente la grande esperienza on the road del gruppo: persino il penultimo acquisto nella formazione Samuele ‘Peyo’ Peirano, bassista arrivato negli Anthenora nel 2018, contribuisce alla resa visiva dello spettacolo, muovendosi continuamente e talvolta imbracciando il suo bianco basso in modo da ricordare certe pose del buon Robert Trujillo, attuale bassista dei Metallica. Il gruppo esplora tutti gli album pubblicati finora, passando dall’indiavolata “Tiresias”, altro estratto da “Mirrors and Screens”, a evergreen come “Operation Sea Lion”, rappresentante della tracklist di “The Last Command” del 2004. Non viene dimenticato nemmeno il disco del 2006, “Soulgrinder”, con la potente e aggressiva “Fatherland”. Tra momenti di call and response con il pubblico e sventolamenti di bandiere col logo della band gli Anthenora ci accompagnano alla fine dello spettacolo arrivando all’esecuzione della loro ultima canzone prevista per oggi: “The Old Guard”, maestoso inno tratto dall’album del 2010 “The Ghosts of Iwo Jima”. La vecchia guardia, quella coriacea e dura a morire che tuttora ruggisce senza accennare a dissolversi: gli Anthenora sono l’ennesima dimostrazione di quanto sia immortale la musica che abbiamo scelto come compagna immateriale della nostra vita. Il compito di ribadire questo concetto passa ora ai gruppi successivi, che si preparano a salire sul palco mentre il sole inizia a tramontare alle spalle delle montagne.
Skanners
Gli Skanners, inutile dirlo, sono un’istituzione del metallo tricolore: il succitato album “Dirty Armada” del 1986 ancora oggi viene riconosciuto come uno dei lavori più rappresentativi del Metal nel Belpaese. Mi sento particolarmente appagato, stasera, perché per molte ragioni non ho mai avuto modo di vedere la band dal vivo. Non potrebbe esserci una prima volta migliore: mi trovo infatti a pochi chilometri da casa di fronte ad un bellissimo palco, sovrastato da un cielo che almeno per oggi ha deciso di non rompere le uova nel paniere. Le poche nuvole presenti non sono affatto minacciose e permettono agli Skanners di eseguire la loro scaletta senza problemi. Torniamo al discorso della ‘vecchia guardia’ accennato poc’anzi: vedere gli Skanners sul palco e condividere la loro contagiosa vitalità conferma per l’ennesima volta quanto il Metal abbia ben poco a che vedere con la mentalità ‘usa e getta’ con cui i fruitori di alcune manifestazioni culturali moderne tendono a trattare gli attuali prodotti musicali. Brani recenti e brani ‘vecchi’ di 40 anni convivono senza problemi nella stessa scaletta. Tanto per fare un esempio: un classico come l’intramontabile “Starlight” compare nella tracklist di “Dirty Armada” ma, se qualcuno lo stesse sentendo oggi per la prima volta, potrebbe benissimo credere di trovarsi di fronte ad un brano pubblicato per la prima volta pochi mesi fa…cosa che in un certo senso si è verificata per davvero. I Nostri hanno infatti diffuso a febbraio una versione di questo mitico brano rinnovata e ‘tirata a lucido’, mettendo nero su bianco, se ancora ce ne fosse bisogno, come il Metal di qualità sarà sempre attuale e impossibile da dimenticare o relegare in un determinato periodo storico. La positività sprigionata dal cantante Claudio Pisoni e dai suoi sodali conferma la sensazione di trovarsi in una sorta di limbo, con un po’ di capelli bianchi e di panza in più ma con la medesima voglia di sfogarsi e ballare come se non fosse passato nemmeno un lustro dai tanto decantati anni ’80. Spesso si parla di quel periodo come se si trattasse dell’unica e vera età dell’oro del Metal, caratterizzata da un’irripetibile ‘grande fratellanza metallara’ unita sotto l’egida dei capolavori discografici che uscivano ad ogni tre per due. Sinceramente a me sembra che tutte queste affermazioni si adattino ancora benissimo alla contemporaneità, stando a vedere la quantità di persone presenti e la freschezza delle canzoni proposte dal gruppo. Il cantante sembra essere del mio stesso avviso: dopo 42 anni di carriera ancora si rallegra e si meraviglia per la partecipazione e il coinvolgimento del pubblico! D’altronde il cristallino Heavy Metal della band, spesso arricchito da forti tinte Hard Rock, risulta ancora oggi attualissimo, dinamitardo e divertente. Volendo tornare per un attimo a “Starlight“, è meritevole di essere ricordato un commento del cantante: Pisoni fa notare come il bassista non fosse ancora nato quando nel 1985 la band scriveva il brano. Generazioni diverse unite dalla stessa voglia di trascorrere la vita nel miglior modo possibile: c’è da sentirsi privilegiati! Come potrebbe non essere un privilegio trovarsi tutti insieme ad intonare un coro glorioso quando gli Skanners propongono “Factory of Steel”, title-track dell’omonimo album del 2011? Il fecondo scambio di emozioni tra il gruppo e il suo pubblico consolida la presenza scenica dei membri della band e sembra in qualche modo arricchire la potentissima e limpida voce del cantante, sempre gioviale e sorridente. Anche Pisoni, come il suo collega degli Anthenora, pur di far avvicinare i pochi timidoni rimasti nelle retrovie decide di muoverne le corde finanziarie promettendo 50 € a coloro che accorceranno le distanze! Gli Skanners, inoltre, fanno del dinamismo sul palco uno dei loro tratti distintivi: passerà agli annali la corrida simulata tra il cantante e il giovane bassista, col sessantenne vocalist che corre e rotola sul palco in modi che dal basso dei miei 45 anni mi sarebbero assolutamente preclusi…pena una settimana di allettamento casalingo! Il gruppo passa da brani classici a pezzi presi dalla discografia più recente, tra cui spiccano in modo particolare per la loro resa live proprio le canzoni estratte da “Factory of Steel”, come ad esempio la sopracitata title track o la terremotante “We Rock the Nation”. La chiusura delle danze tocca a “Hard and Pure”, altra traccia pescata da “Factory of Steel”. La canzone viene dedicata dal cantante a…noi, musicisti e pubblico, tutti uniti sotto la stessa bandiera del Rock, tutti seguaci del medesimo stile di vita. Il rumoroso e liberatorio coro dei presenti, pronti a cantare ‘hard and pure’ senza curarsi del mantenimento delle proprie corde vocali, sarà un momento che rimarrà nella mia memoria per un bel po’. Abbiamo dei grandi professionisti nel nostro territorio, cari Lettori: le quattro realtà che si sono alternate sul palco oggi non hanno veramente nulla da invidiare a nessuno. Come se la caveranno gli headliner della serata, i teutonici Grave Digger? Tempo di scolare un’ennesima birra e lo scopriremo…
Grave Digger
L’attesa per la band capitanata dall’inossidabile Chris Boltendahl è tanta. In mezzo al pubblico noto molti portatori sani di magliette dei Grave Digger, compresi alcuni fan che, ne sono certo, fino a poco fa indossavano tutt’altro. Cosa non si fa per i propri gruppi preferiti! Questi fedelissimi non sono gli unici a cambiare la t-shirt per la serata: anche il loro idolo Boltendahl farà la stessa cosa! Il frontman dei Grave Digger, in una capatina pre-concerto sul palco, si presenta infatti con una stretta maglietta azzurra dei Sepultura che verrà sostituita prima di presentarsi ufficialmente dietro al microfono. Le note di “Lawbreaker”, singolo estratto da “Healed by Metal” del 2017, danno inizio allo show dei reapers tedeschi. Messa da parte la maglietta azzurra dei Sepultura il cantante sfodera la sua alta uniforme: un battle jacket di jeans (kutte, se preferite il termine tedesco) ricco di toppe con tanto di backpatch raffigurante la copertina di “Heavy Metal Breakdown”, mitologico esordio discografico della band pubblicato nel 1984. La scaletta di stasera garantirà non poche sorprese ai fan sfegatati del gruppo: i Grave Digger proporranno infatti alcuni classici e parecchi brani inattesi. L’ultimo disco, “Symbol of Eternity” del 2022, verrà omaggiato solo con “Hell Is My Purgatory”, seconda traccia della setlist pinaschese. L’impressione è che la band abbia voluto costruire una scaletta in lenta e inarrestabile ascesa, partendo da brani di riscaldamento per proporre, man mano che la serata procede, canzoni sempre più coinvolgenti e spaccaossa. Basti pensare che il pubblico accenderà il primo pogo della serata solo con la minacciosa marcia di “Circle of Witches”, quarto brano della scaletta estratto da “Heart of Darkness” del 1995. Il dinamismo del pubblico purtroppo non rispecchia la generale staticità dei membri della band: soprattutto il bassista Jens Becker e lo stesso Boltendahl appaiono infatti un po’ affaticati. I due si mostrano sempre affabili e sorridenti, ci mancherebbe, però dopo le esibizioni al fulmicotone dei gruppi precedenti probabilmente ci si aspettava qualcosa in più…fortunatamente la voce ad ‘effetto cartavetro’ di Chris Boltendahl rimane sempre graffiante, efficace e maligna come si deve! La relativa tranquillità di questa prima parte del concerto permette però di apprezzare appieno “The House”, una sorta di semi-ballad originariamente presente nel self titled album “Grave Digger” del 2001. Con il suo incedere pesante, minaccioso e solenne “The House” si distingue per la sua ottima resa in sede live: il brano è molto intenso e inaspettatamente si rivela essere uno dei migliori momenti dello spettacolo. L’effetto mesmerizzante di “The House” è adattissimo per la prima, grande svolta nella setlist: i Grave Digger passano infatti allo storico album “Tunes of War” del 1996 con la vagamente priestiana, graditissima e trascinante “Dark of the Sun”. Un paio di canzoni leggermente interlocutorie, “Highland Farewell” e “Wedding Day”, lasciano spazio all’ultima parte del concerto, stipato di tracce cantate, o per meglio dire, gridate a squarciagola tanto dal pubblico sedentario quanto dagli scalmanati radunati nel pit. “Back to the Roots”, presa da “Symphony of Death” del 1994, è un vero e proprio inno al Metal che non manca di fare una grande presa sulle orecchie e sui cuori dei fan, esattamente come le successive “The Round Table (Forever)”, “Excalibur” e “Rebellion (The Clans Are Marching)”. Appare ormai chiaro come sia iniziata la sezione più amarcord della scaletta, con un’ultima sequenza di brani rigorosamente pubblicati prima del XXI secolo. Il rito dell’encore preannuncia una serie di canzoni leggendarie, quelle che bene o male tutti stiamo aspettando: il tris d’assi composto da “Headbanging Man”, “Witch Hunter” e “Heavy Metal Breakdown” viene calato con prepotenza sul pubblico e manda ovviamente in visibilio giovani e meno giovani. Inanellare aggettivi come ‘immortali’, ‘intramontabili’, ‘sempreverdi’ non servirebbe a molto: chiunque abbia conosciuto e amato queste canzoni sa benissimo che ci troviamo di fronte all’ABC del Metallo. Ormai sono rassegnato: anche oggi il termine delle danze coinciderà con un leggero acufene e una temporanea raucedine causata dagli innumerevoli sbraiti. Tornare a casa senza questi momentanei disturbi dopo un concerto non è un’opzione!
SCALETTA GRAVE DIGGER
“Lawbreaker”
“Hell Is My Purgatory”
“The Grave Dancer”
“Circle of Witches”
“Dia de los Muertos”
“The House”
“Dark of the Sun”
“Highland Farewell”
“Wedding Day”
“Back to the Roots”
“The Round Table (Forever)”
“Excalibur” – “Excalibur”
“Rebellion (The Clans Are Marching)”
“Headbanging Man”
“Witch Hunter”
“Heavy Metal Breakdown”
La consueta e ormai rituale birra della staffa conclude degnamente una gran bella giornata. Un po’ spiace aver fatto parte di un pubblico contraddistinto da un’età media piuttosto avanzata: ho assistito a concerti in molti locali all’interno della città di Torino in cui si percepiva molto di più il tanto agognato ‘ricambio generazionale’. Il bill della serata, prevalentemente composto da grandi nomi dalla carriera ultratrentennale, nonché la località raggiungibile preferibilmente in automobile hanno attirato una maggioranza di metallari automuniti e ‘assai maggiorenni’. Allo stesso tempo, per fortuna, fa piacere aver visto entrare nell’area concerti un buon numero di persone: le lunghe code davanti agli spillatori di birra per il ritiro di bicchieri, panini e gofri sono un chiaro indice di vitalità della scena…nonostante il lunedì mattina incombente! Attendiamo con molta curiosità il TNT Fest del 2025: come avete avuto modo di notare, cari organizzatori, quando Pinasca chiama il metallaro piemontese accorre! Grazie infine a tutti i Lettori per essere arrivati fin qui e avanti col prossimo concerto!