Live report: Trans Siberian Orchestra a Londra (UK)
C’era una volta Paul O’Neill e una strumentale composta per gli Scorpions, che peró nulla aveva a che fare con gli Scorpions. Cosí Paul O’Neill si reca da tale Jon Oliva e gliela porge in dono dicendo “fanne una canzone dei Savatage”. La canzone diventa Christmas Eve (Sarajevo 12/24) e finisce su Dead Winter Dead e su un promo che viene mandato a 500 radio americane. Tutte rispondono all’unisono che non passano singoli heavy metal dagli anni ’80 e che quindi il pezzo non andrá in onda. Jon Oliva é abituato a questo tipo di rigetti, Paul O’Neill invece ci rimane male. E rimurgina. Rimurgina fino a una mattina, ore 6 di mattina, quando alza il telefono e chiama il buon Jon Oliva. Dopo aver esordito con un perentorio “fuck them” illustra il suo piano diabolico: lo stesso identico brano verrá rimandato alle stesse radio sotto il nome Trans Siberian Orchestra. Convoca Oliva a New York e intorno a Christmas Eve (Sarajevo 12/24) costruisce un intero disco. Il singolo prende il largo verso gli studi delle stesse identiche stazioni che qualche settimana prima avevano dato picche e diventa numero 1 nelle chart di 479 di queste radio.
Da quel momento la Trans Siberian Orchestra é un assoluto fenomeno negli Stati Uniti, con due differenti compagnie itineranti (una sulla costa Est e una sulla costa Ovest) con record e record spazzati via, tra cui 4 concerti sold-out nello stesso giorno.
Nel 2000, dopo due album completamente dedicati a suoni e melodie natalizie, la Trans Siberian Orchestra patrorisce quello che, a distanza di una decade, rimane ancora il momento piú ispirato di O’Neill e soci: Beethoven’s Last Night. Si tratta di un concept sull’ultima notte del compositore di Bonn, in una storia che segue le trame del teatro classico con spiriti, demoni, muse e inganni. Ha la struttura quasi di una colonna sonora, i cui cardini sono temi ricorrenti pescati dalla discografia di Beethoven e non solo: il fantasma di Mozart porta alla causa l’Overture de Le Nozze di Figaro, la Sonata Facile e il Requiem. Per festeggiare il decimo compleanno dell’opera la TSO imbastice uno show a metá tra il teatro e il concerto metal, come da tradizione, che finalmente tocca il nostro amato vecchio continente in Germania e Regno Unito.
La data di Londra trova tetto, luci e palcoscenico nell’HMV Apollo di Hammersmith e vede la TSO quasi al meglio con Pitrelli e Caffery alle asce e Lee Middleton al basso. Manca Jon Oliva, che é costretto a rinunciare all’ultimo per problemi familiari, ma c’é Jeff Scott Soto nelle parti del demonio, Mephistopheles.
Le lancette del vecchio orologio a pendolo girano al contrario vorticosamente e ci portano indietro nel tempo fino al 26 marzo 1827. Dalla Sonata al Chiaro di Luna prende vita l’Overture, ricca di citazioni dalla quinta e dalla nona. Un calderone che esplode e sparge le sue armonie sui tanti capitoli che compongono la storia. Un narratore lega le vicende e guida lo spettatore/ascoltatore con pezzi in prosa tra un brano e l’altro, mentre la TSO si prende la libertá di modificare qua e lá le versioni del disco, introducendo nuove parti, tagliandone altre. Apporta cambi dove é necessario, ovvero quei momenti piú popolati di linee strumentali difficilmente riproponibili in sede live. Uno stratosferico Al Pitrelli nelle vesti di direttore sul palco guida e coordina un coro di 7 elementi, i 6 archi che creano l’ensamble classico quasi da camera e la band nell’accezione piú classica del termine, a cui si aggiungono piano, tastiere e un drappello di prime voci tra cui spicca senza dubbio quella di Soto.
Si nota sin da subito come la TSO sia ormai un macchina perfetta in cui ogni ingranaggio funziona a meraviglia: ogni brano é eseguito con perfezione chirurgica, sia quando é il tratto tecnico-strumentale a scandire modi e attitudine, come nel trascinante duetto violino-chitarra di Figaro, sia quando é l’interpretazione a fare la differenza, come nella stupenda Dreams of Candlelight. Ci sono anziane signore, famiglie, bambini, il metalhead versione 1.0 con chiodo e capello lungo. Ci sono le magliette dei Sava, ovviamente. Ci sono i programmi in vendita, come una sera a teatro nel West End, perché finalmente qualcuno ha capito che il legame tra il metal classico e la musica classica puó essere fino come un mi cantino. In ambiente hard rock e classic rock, per non parlare di prog e folk, quello con la musica classica é un connubio ormai ben consolidato da generazioni. Il metal ha sempre storto il naso davanti a contaminazioni dal lato alto, quello accademico e “secchione”. Talvolta a ragione, talvolta a torto. La Trans Siberian Orchestra é non a caso un nome che divide. Da un lato chi ha finalmente trovato il pomposo alfiere di questa alleanza metal/classica, dall’altra chi vorrebbe che il metal fosse rimasto ai Venom. Se é vero che gli episodi natalizi conditi di angioletti, regali e buoni sentimenti sono fin troppo melensi, Beethoven’s Last Night é un piccolo capolavoro. Dalla storia alla rielaborazione dei temi del buon Ludwig, tutto é curato con grande dovizia e gusto.
É un alfiere talvolta pacchiano, la TSO, ma con classe. Grande classe. Basta prestare attenzione agli arrangiamenti di questa sera, all’accuratezza e allo scrupolosa esecuzione di Caffery e Pitrelli. Al modo in cui un susseguirsi di 5-6 voci diverse si alternano dietro al microfono con professionalitá e carisma. Fino al mero numero di brani proposti e tempo passato sul palco, in un’epoca fatta di esibizioni fugaci 12-pezzi-e-via.
Allo scoccare delle due ore il prezzo del biglietto é pienamente ripagato, ma la TSO ha in serbo altro. Fa il suo ingress sul palco Paul O’Neill. La fine del tour Europeo é momento di orgoglio per il padre della TSO, soprattutto quando ad ospitare la creature é un palco importante come Londra. O’Neill non perde occasione per ricordare quanto la musica debba a quest’isola del nord Europa, citando e ringraziando le sue band preferite, tutte rigorosamente britanniche: ELP, Queen, Yes, The Who, Beatles e Pink Floyd. Una presenza come quella di O’neill non va sprecata e infatti ecco si apre una sorprendente seconda parte di show. La apre proprio O’Neill che si diletta prima all’acustica in un duetto con voce femminile poi all’elettrica, in una formazione a 3 con Caffery e Pitrelli che passando per un tributo ai Beatles – una versione metal di Help! – riporta in vita The Dungeons are Calling/Prelude to Madness in un momento strumentale. Gli si accodano una bellissima Sleep da Edge of Thorns e O Fortuna dai Carmina Burana di Orff . Finale con il botto e Chance, ancora di marchio Sava ma questa volta da Handful of Rain.
Tre ore piene di concerto, diverse standing ovation – perché sí, i posti sono tutti rigorosamente a sedere – e l’immancabile promessa: “torneremo presto”. Parola di Paul O’Neill. Il vecchio continente aspetta.
Setlist:
Overture
Midnight
Fate
What Good This Deafness
Mephistopheles
What Is Eternal
Mozart and Memories
Vienna
Mozart/Figaro
The Dreams of Candlelight
Requiem (The Fifth)
The Dark
Für Elise
After the Fall
A Last Illusion
This Is Who You Are
Beethoven
Misery
Who Is This Child
A Final Dream
Toccata – Carpimus Noctem
The Dungeons are Calling/Prelude to Madness (Strumentale)
Sleep (Savatage)
Help! (The Beatles)
The Child Unseen
Another Way You Can Die
O Fortuna
Chance (Savatage)
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini