Live Report: Trivium a Trezzo Sull’Adda (MI)
TRIVIUM + MISS MAY I + BATTLECROSS
18/02/2014 @Live Club, Trezzo Sull’Adda (MI)
Dopo l’ultimo concerto tenutosi nel novembre 2012, i Trivium tornano al Live Club per l’unica data italiana del “Vengeance Falls Over Europe”, tour promozionale a sostegno del loro sesto studio album uscito nell’ottobre 2013. I quattro floridiani sono particolarmente amati dal pubblico italiano, come testimonia il nugolo di fedelissimi fan appostati ai cancelli fin dalla mattinata; sicché, pur trattandosi di un martedì, con la maggior parte della gente giunta dopo la scuola o il lavoro, all’ora di apertura dei cancelli l’affluenza è già notevole e la corsa alla tanto ambita transenna, scatenata.
Il ruolo di opening act della serata è affidato ai Battlecross, band americana nata nel 2003 e forte della pubblicazione del terzo album, “War Of Will”, uscito l’anno scorso. Accolti calorosamente, gli statunitensi aprono le danze con “Danni Eats Penis” dando subito prova di grande energia con il loro metal/core elaborato e dominato dalle chitarre di Tony Asta e Hiran Deraniyagala, dalle quali fuoriescono riff taglienti contornati da assoli micidiali e interessanti sfumature death. Completano il quadro Don Slater al basso, molto abile nel conferire pienezza al sound, il batterista Adam Pierce, con tutto il suo bagaglio crossover e, infine, il frontman Kyle Gunther, decisamente a suo agio nell’alternare differenti stili vocali che vanno dal growl allo scream apportando ulteriori dosi di groove. I Battlecross hanno un forte impatto scenico e calpestano ogni centimetro del palco trasmettendo grande energia, con particolare menzione per il bassista, notevole per tecnica e agilità; tuttavia, nonostante la potenza sonora sprigionata, tra il pubblico (apparentemente più attento all’ascolto che non alla fisicità dei pezzi), si accende solo qualche lieve accenno di pogo. Ad ogni modo la risposta ai vari incitamenti da parte di Kyle ad ogni canzone è sicuramente positiva e sottolineata da abbondanti applausi: senza dubbio i cinque ragazzi di detroit si sono fatti onore, dimostrando grandi capacità tecniche e una buona padronanza del palco.
Setlist:
01. Danni Eats Penis
02. My Vaccine
03. Beast
04. Flesh And Bone
05. Get Over IT
06. Kaleb
07. Push Pull Destroy
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È il turno dei Miss May I, band nata nel 2006 in Ohio e con, per ora, all’attivo il debut-album “At Heart” inciso nel 2012, sul quale si basa buona parte del repertorio live. Si prosegue, dunque, nella scia del metalcore, con gli statunitensi che fanno capolino sul palco sulle note di “Relentless Chaos”, mentre il pubblico, già riscaldato a dovere, inizia a scapocciare da par suo. Purtroppo sin dall’inizio la voce di Levi Benton risulta poco udibile e il problema persisterà fino alla fine; un vero peccato perché, al di là di tutto, Justin Aufdemkampe e BJ Stead suonano riff di un certo spessore tipici del genere, fortificati da Ryan Neff al basso, e scanditi dalle scalpitanti pelli di Jerod Boyd mentre lo stesso Benton si fa in quattro, seppur penalizzato dalla resa sonora, per cercare di interagire il più possibile col pubblico, incitandolo a dovere. Nel volgere di alcuni pezzi sorgono, tuttavia, ulteriori problemi, con le chitarre che si fanno impastate e in ogni caso totalmente sovrastate dalla batteria; in più un songwriting non esattamente brillante finisce per appiattire il tutto, rendendo le canzoni monotone, sicché l’iniziale entusiasmo cala e il pubblico si limita ad applaudire al termine di ogni brano fino alla fine dello show. Purtroppo non si è trattato di un’esibizione brillante dal punto di vista esecutivo e i problemi d’audio non sono stati certo d’aiuto; si spera che questi giovani ragazzi col tempo maturino e che ci sia l’occasione per rivederli in circostanze migliori.
Setlist:
01. Relentless Chaos
02. Masses Of A Dying Breed
03. Our Kings
04. Ballad Of A Broken Man
05. Forgive And Forget
06. Dance With Aera Cura
07. Gone
08. Day By Day
09. Refuse to Believe
10. Hey Mister
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La sfortunata performance dei Miss May I ha reso i fans ancora più impazienti e nel frattempo il locale si è riempito, con la folla intenta ad acclamare a gran voce gli headliner della serata. Finalmente le luci si spengono e parte l’intro: la tensione cresce e quando il batterista fa la sua comparsa sul palco si alza un boato; a seguire entrano un ad uno gli altri musicisti i quali, dopo un rapido saluto sulle note di “Brave This Storm”, non aspettano altro che scatenare il delirio. Nella prima metà dello show si concentrano brani tratti da “Vengeance Falls” come “Strife” e “Through Blood And Dirt And Bone”, accompagnati da altre perle tipo “Like Light To The Flies” e “Shattering the Skies Above”. Matt Heafy e Corey Beaulieu scaraventano sulla folla riff ed assoli tenaci cementati dalle dure linee di basso di Paolo Gregoletto, mentre Nick Augusto si diverte a sfasciare piatti e pelli senza sosta, viaggiando sul doppio pedale; Matt domina, ovviamente, la scena imponendo il suo growl e alternandolo perfettamente alle partiture in voce pulita. I fan, esaltatissimi, cantano a squarciagola e i Trivium non perdono occasione per incitarli a fare circle-pit, muovendosi continuamente sullo stage per scambiarsi di posizione quasi fossero sentinelle incaricate di controllare che ogni singola persona si diverta. Chi vi scrive ha più volte visto questa band, e si aspettava più violenza da parte dei presenti, con pogo costante e schiacciamenti alla transenna; al contrario, la situazione si è mantenuta relativamente tranquilla, anche in virtù del grande spazio lasciato dai Trivium ai momenti più melodici. Si notano in maniera equivocabile la grande passione e sinergia con la quale i floridiani suonano e occupano lo stage, ma ciò che colpisce in maniera particolare è proprio il viso di Matt, illuminato da un sorriso soddisfatto nel vedere i fans divertirsi, oltre che dalle immancabili linguacce. Pezzo dopo pezzo Heafy e compagnia spaziano per l’intera discografia, terminando con la doppia cannonata “Down from the Sky”/“Shogun” per poi ritirarsi nel backstage per una meritata pausa. Gli immancabili cori di rito scandiscono i pochi istanti prima del rientro per il bis, affidato alla potentissima “In Waves” e a “Pull Harder On The Strings Of Your Martyr”, con tanto di wall of death a porre il sigillo su di una performance come sempre impeccabile, coinvolgente e carica di energia. Purtroppo anche per il quartetto d’Orlando l’audio non è stato al top, con la voce che andava e veniva e le chitarre spesso impastate; la risposta del pubblico è stata in ogni caso attiva e calorosa nel supportare il gruppo a stelle e strisce, che dopo prolungati saluti e un generoso lancio di plettri, si ritira trionfante.
Setlist:
01. Brave This Storm
02. Like Light to the Flies
03. No Way to Heal
04. Strife
05. Shattering the Skies Above
06. Through Blood And Dirt And Bone
07. Of All These Yesterdays
08. Forsake Not the Dream
09. A Gunshot To The head Of Trepidation
10. Becoming the Dragon
11. Down from the Sky
12. Shogun
Encore:
13. In Waves
14. Pull Harder on the Strings of Your Martyr
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Live Report a cura di Giacomo Cerutti