Live Report: TrueMetal Fest a Settimo Milanese
Certe storie, non c’è bisogno di raccontarle. Vivono, srotolandosi sotto i nostri occhi e arrestando gli istanti in cui esistono, come se il tempo si cristallizzasse nelle note suonate da una band e chi ci è accanto, in quel momento, diventa semplicemente “uno di noi”. Quando protagonista è l’atmosfera creata da un gruppo di persone ristretto ma profondamente legato, si respira qualcosa di diverso dal solito heavy metal. L’onore di immortalare questo momento è andato a due valide realtà nostrane, in occasione del TrueMetal Fest che si è svolto a Palazzo Granaio, a Settimo Milanese. A calcare le scene e infuocare gli strumenti si sono alternati Holy Martyr e Bejelit, i primi in grado di sconvolgere gli stilemi del classico heavy metal confezionando un sound personale e coinvolgente opportunamente definito come war epic metal, i secondi freschi di terza release con “You Die And I…”. Un appuntamento in cui ciascuno ha contribuito a creare un clima completamente alieno dalla mera logica di consumo e in cui tutti hanno condiviso qualcosa, mostrando la passione che indistintamente lega ognuno di noi: quella per la musica.
Report a cura di Stefano Vianello e Lucia Cal
Foto a cura di Daniele Peluso
Holy Martyr
Primi in ordine di tempo a sfoderare il loro repertorio, gli Holy Martyr si impongono sulla scena macinando riff e mostrando di cosa è capace il frontman Alex Mereu, voce dall’estensione invidiabile e carisma da autentico condottiero a contornare una performance riuscita da tutti i punti di vista. Unico neo, percepibile sin dai primi minuti, un’acustica mordace e invadente che spesso ha inciso sulla resa dei pezzi, che tuttavia non ha nulla a che vedere con la performance degli armigeri di terra sarda, imputabile piuttosto alle dimensioni ridotte del locale che si presta spesso ad effetto di feedback acustico. L’attitudine degli Holy Martyr a dispetto delle sbavature acustiche mantiene intatta la professionalità della band, alternando momenti di grande spessore artistico a intermezzi goliardici (chi era presente ricorderà la presentazione con dovizia di particolari dei ‘membri’ della band attraverso un arguto gioco di parole). Apertura coraggiosa attraverso un inedito, pezzo contraddistinto da ritmiche furiose e più classic heavy oriented, dove a farla da padrona sono come sempre le chitarre della coppia Spiga/Melis, entrambi capaci sia a livello ritmico, sia alternandosi in fase solistica. Non da meno Nicola Pirroni al basso, nonostante una performance a tratti oscurata dall’onnipresente sonorità impastata ma comunque godibile, e la precisione chirurgica dietro le pelli dimostrata da Daniele Ferru. Setlist che soddisfa nostalgici e non, occhieggiando a consolidate eccellenze come ‘Vis Et Honor’ e ‘Ave Atque Vale’ (tratte dal primo “Still At War”) e ad ulteriori ottimi lavori come ‘Spartan Phalanx’ e ‘Lakedaimon’, cavalli di battaglia da “Hellenic Warrior Spirit” impreziosite da un nuovo, ulteriore inedito. Finale coinvolgente e toccante, in cui i ragazzi decidono di donare i loro ultimi minuti a disposizione nel ricordare Ronnie James Dio interpretando ‘Holy Diver’ con enfasi nostalgica ed empatia impeccabile regalando l’ennesimo ottimo pezzo eseguito alla perfezione, assaporato appieno dallo stuolo di headbangers nelle prime file. Gli Holy Martyr si riconfermano in sede live una delle migliori realtà del nostro paese, dal notevole lavoro dimostrato negli studio album, ma che riesce ad esprimere interamente il proprio potenziale solamente a contatto coi fan: interazione, tecnica, maestria, carisma. Doti di autentici guerrieri.
Lucia Cal
Bejelit
Dopo una breve pausa per il cambio palco, i Bejelit arrivano sotto i riflettori suonando a tutto volume Rostov, traccia di apertura del nuovo disco fresco di stampa You Die And I… . Purtroppo per buona parte di tutto il concerto, i nostri vengono penalizzati da suoni non ottimali, con bassi che rientrano nei microfoni creando un fastidioso effetto larsen e strumenti eccessivamente impastati tra loro che li rendevano difficili da distinguere.
Nonostante molta gente si sia allontanata dalle prime file per cercare refrigerio dal gran caldo, il gruppo propone Hauter Of The Dark, brano veloce e tirato estratto dal primo album Hellgate. Ottima la presenza scenica da parte di tutta la band e decisamente sopra le righe la prestazione vocale del singer Fabio Privitera che sfodera una voce potente, calda e dagli acuti come giustamente una band power deve avere: altissimi! C’è spazio anche per estratti dal secondo lavoro in studio come Son Of Death, ma sicuramente quelli con più grinta sono quelli appena pubblicati: vengono infatti proposti a raffica Astaroth e Saint From Beyond.
E’ il momento di far placare un attimino gli animi, per cui ecco proposto un medley tra Flower Of Winter e I Won’t Die Everyday: per l’occasione il batterista Giulio Capone si dedica completamente al pianoforte, creando un’atmosfera decisamente soft e coinvolgente.
Il concerto si avvia verso la fine, ma c’è ancora tempo per altri due brani estratti da You Die And I, ovvero Shinigami (ribattezzata per l’occasione Sushi Sushi) e Orfeo X. La chiusura della serata viene lasciata a In Void We Trust e la rocciosa Bejelith, ormai cavallo di battaglia per la band.
Un Truemetal Fest con i fiocchi quello di sabato scorso, peccato che i problemi audio e le luci stroboscopiche, tenute costantemente accese e puntate ad altezza viso, abbiano disturbato la visione del concerto di queste ottime band.
Stefano Vianello