Live Report: Truemetal.it Festival @ Circolo Colony
Salgono poi sul palco i viking deathster Ulvedharr. Forti del loro ultimo album, Ragnarök, e della capacità di mettere in piedi degli show sempre coinvolgenti ed energici, i bergamaschi si stanno ultimamente guadagnando una certa fama a livello locale. La proposta del combo, anche virtù delle liriche epico-barbariche, s’intona perfettamente allo stile della serata e agli altri gruppi partecipanti, così come ai gusti del pubblico. Quest’ultimo si raduna infatti senza esitazione sotto il palco e si dimostra reattivo ai cenni del frontman Ark Nattlig Ulv e al ritmo della musica.
I suoni sono perfettibili ma in compenso la prestazione di tutti i membri è ottima e a dir poco furiosa. Spicca, in particolare, quella del batterista Mike, una macchina che non sbaglia un colpo e che, insieme alla chitarra ritmica del frontman, costituisce il nucleo fondamentale del thrash/death dei Nostri. La band si dimostra inoltre sicura si sé e perfettamente a suo agio nel tenere il palco, nonostante la giovinezza dei componenti.
La scaletta eseguita varia da pezzi tritaossa a pezzi più cadenzati ma sempre energici e va naturalmente a toccare entrambi gli album della band. L’acme dell’esibizione è però probabilmente costituita dall’ultimo brano, Onward to Valhalla: il brano, che sembra si stia imponendo come cavallo di battaglia degli Ulvedharr, riesce a coinvolgere l’audience e a terminare in gloria un concerto che ha scaldato alla grande l’ambiente del Colony.
I Belphegor dal vivo regalano sempre emozioni, nel bene o nel male sono una delle band più in nota all’interno del circuito estremo degli ultimi anni. Tamarri, intolleranti e menefreghisti, o li si ama o li si odia; il pubblico conscio di tale bidimensionalità opportunistica, assiepato numeroso all’inizio dell’esibizione, aveva due scelte: pillola blu, «vado via e scappo in attesa degli headliner»; pillola rossa, «mi distruggo i padiglioni auricolari per omaggiare Satana il capro».
La mia storia è scritta su una pillola rossa, devoto al verbo di Helmut e soci, non mi esulto dal farmi triturare le meningi per quello che ad oggi è il mio quinto capitolo live con questi barbari gentiluomini, che a conti fatti per l’ennesima volta mi dimostrano quanto non servano molti orpelli per decretare una vittoria a mani basse, ma che bastino una sana dose di sangue, ossa e maschere a gas. Avevano dichiarato un’esibizione particolare, definendola ‘Special ritual show’ e così è stato con una serie di brani incentrati per la maggior parte sui mid-tempo, uno show pieno di intermezzi strumentali e un desiderio morboso di glorificare le divinità del male. Tutto studiato nei minimi dettagli con movenze teatrali, pose plastiche e sussurri demoniaci ai microfoni, con gli occhi diretti sul pubblico mentre tutti impietriti non riuscivano a staccare gli occhi da quei musicisti tutti d’un pezzo.
Musicalmente se si escludono le terremotanti “Lucifer Incestus”, “Bondage-Goat-Zombie” e “Gasmask Terror”, lo show proposto dagli austriaci è quanto di più liturgico creato in anni di carriera; una scelta azzeccata, che riesce a rivalutare il lato più profondo ed introspettivo di una band sempre stata sottovalutata dalla maggior parte dei metalheads, non trovando in loro per questa occasione solo i classici blast-beats, muri in faccia e zero innovazione. Per chi conosce il gruppo da diverso tempo, questa è stata l’occasione per riscoprire il ‘darkside of the goat’, per gli altri si consiglia di ripassare in futuro con show più devastanti, scoprendo come i Belphegor possono diventare ambasciatori del male in terra per l’ora di spettacolo.
Ottima la riuscita dal vivo di “Conjuring The Dead”, “Belphegor Hell’s Ambassdor” e “Rex Tremendea Majestatis” con l’aiuto della sacerdotessa che cospargeva il pubblico di incenso attraverso il turibolo. Dopo le prime due tre canzoni, a volumi finalmente corretti a dovere, si manifesta la dimensione ottimale che aiuta ad addentrarsi al meglio nel surreale, nell’intollerante e nell’inaspettato.
Dilungarsi non serve, questa serata è riuscita, il pubblico ha gradito e con il fumo di scena la band scende dal palco tra gli applausi; il successo che in molti ancora oggi non riesco a comprendere è dimostrato in sede live volta dopo volta.
See you in hell!
Luca Rimola