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Live Report: Vision Divine + Burning Black + Teodasia @ Revolver Club, San Donà di Piave (Ve)

Di Marco Donè - 2 Febbraio 2017 - 10:00
Live Report: Vision Divine + Burning Black + Teodasia @ Revolver Club, San Donà di Piave (Ve)

Serata dedicata agli amanti della melodia, quella andata in scena sabato 28 gennaio al Revolver Club di San Donà di Piave, in provincia di Venezia. Vi hanno fatto tappa, infatti, i Vision Divine, per quello che risulta essere il loro ultimo show prima di iniziare a dedicarsi interamente al nuovo full length. Ad accompagnare la band toscana, aprendo le danze in questo appuntamento live, due agguerrite formazioni venete: i progster Teodasia, nelle cui fila milita Giacomo Voli, nuovo singer dei Rhapsody of Fire e fenomeno esploso grazie al talent show The Voice, e i classic metaller Burning Black. Due metal act che, sebbene possano vantare un’esperienza decennale, rappresentano il volto nuovo dell’underground italiano.

Una data che risulta estremamente interessante, offrendo, oltre alla sicura qualità musicale, alcuni spunti di riflessione. Il primo a balzare all’attenzione è lo “scherzetto” che il fato ha voluto regalarci, mettendo sullo stesso palco Fabio Lione e Giacomo Voli. Due nomi dal destino intrecciato, che, rispettivamente, rappresentano il glorioso passato e lo speranzoso futuro dei già citati Rhapsody of Fire. In occasioni del genere, immaginare, pensare a una sorta di confronto, è quantomai inevitabile. Altro punto da analizzare è sicuramente l’attuale formazione dei Vision Divine. Capire se, e quanto, la figura di Mike Terrana si sia integrata all’interno della band, se si sia creata quella complicità in grado di far nascere qualcosa di importante. Riflessioni, punti di domanda che proveremo a rispondere alla fine di questo articolo. Prima, però, eccovi il resoconto della serata.

 

 

Arriviamo al Revolver Club poco prima delle 21:00, orario in cui è previsto l’inizio delle esibizioni. Il locale, grazie a un calendario di prim’ordine, sta diventando uno dei punti di riferimento per i metalhead del Nord-Est. L’affluenza, al momento, non è elevatissima, ma risulta in continuo aumento. Siamo un po’ in ritardo sui tempi, le 21:00 sono abbondantemente passate ma i Teodasia devono ancora ultimare il soundcheck. Alle 21:50 la band veneta sale sul palco pronta a iniziare il proprio show. Un ritardo che le garantirà di suonare davanti a un pubblico ben più numeroso rispetto a quello presente alle 21:00. Il Revolver, infatti, si è riempito per metà, per quella che sarà l’affluenza massima della serata. Una risposta un po’ sotto le aspettative, almeno per chi sta scrivendo queste righe, ma comunque buona.

 

TEODASIA

 

Il quintetto veneto, negli utlimi anni, ha intrapreso un percorso di vero e proprio mutamento, modificando la propria proposta, virando verso un progressive rock. In questo cambiamento la band ha deciso di passare da una voce femminile a una maschile, ingaggiando il talentuoso Giacomo Voli. Il risultato di questa evoluzione è Metamorphosis, disco pubblicato sul finire del 2016, opera attorno cui si incentra l’esibizione di stasera. La band sale sul palco carica, trasmettendo una sensazione di sicurezza e convinzione nei propri mezzi. I Nostri esibiscono buone capacità tecniche, ma, già dopo poche note, traspare una piccola mancanza di attitudine live. Caratteristica fondamentale per riuscire a fare presa e conquistare il pubblico. Ci troviamo di fronte a degli ottimi musicisti che devono però migliorare la componente emotiva on stage. Quella teatralità in grado di fare la differenza tra un live suonato bene, ma che difficilmente rimarrà impresso nei presenti, e uno show capace di lasciare un ricordo, un’immagine nella memoria del pubblico. Proprio il pubblico, vuoi per quanto appena detto, vuoi per dei suoni non perfettamente bilanciati che sacrificano la chitarra, riducendo l’impatto delle varie song, reagisce in maniera freddina. I quaranta minuti a disposizione dei Teodasia scorrono, così, in maniera anonima. Siamo però fiduciosi che la formazione veneta, viste le grandi capacità tecniche, saprà sicuramente migliorare nella propria incisività in sede live. L’ingresso di Voli nei Rhapsody of Fire potrebbe fungere da traino in questa direzione. Là, dovendo calcare ben altri palchi, dovrà crescere velocemente. Da segnalare infine che, per l’occasione, i Teodasia hanno ufficializzato il nuovo batterista: Jacopo Tini.

 

BURNING BLACK

 

Totale cambio di registro con i trevigiani Burning Black, che iniziano il loro show verso le 23:00. Il quintetto di Treviso, nei suoi oltre dieci anni carriera, ha immagazzinato esperienza da vendere, calcando i palchi di mezz’ Europa come support act di formazioni quali Circle II Circle e Lordi. Esperienza che traspare immediatamente dal piglio con cui la formazione sale sul palco. Nulla è lasciato al caso, a partire dall’impatto visivo. Il quintetto si presenta con un look, comune a tutta la band, da defender anni Ottanta. Un aspetto, quello dell’impatto visivo, spesso dimenticato da molte, troppe band. Sul palco i Burning Black sanno come muoversi, sfruttando, soprattutto, la presenza scenica del cantante Massimo De Nardi. Il singer non sta fermo un attimo, alternando momenti da vero true metaller ad altri caratterizzati da tanta autoironia. Il tutto con l’intento di scaldare e coinvolgere il pubblico, nel tentativo di tenerlo in pugno, cercando di ottenere risposta ogni qualvolta ne chieda la partecipazione. Un obiettivo che viene c’entrato in pieno. Con i Burning Black i suoni migliorano nettamente e i Nostri, pescando a piene mani dalla propria discografia, si divertono e fanno divertire. La proposta della band è semplice ma efficace, ben rappresentata dalla scaletta della serata, in cui trovano spazio canzoni classicamente heavy, altre più power oriented e altre ancora più rockeggianti. I Burning Black chiudono una prestazione convincente con la hit Flag of Rock, salutano il pubblico e ricevono il meritato plauso.

 

VISION DIVINE

 

Il ritardo accumulato a inizio serata, porta i Vision Divine a entrare in scena alle 24:00 anziché alle 23:00. Un ritardo che, inevitabilmente, porterà a perdere una fetta di pubblico nella parte finale dello show, ma che, come vedremo, non toglierà stimoli ed energia alla band toscana. Sulle note dell’intro S’i Fosse Foco i Vision Divine fanno il loro ingresso, iniziando il proprio set con la splendida The Dream Maker. La band capitanata dal duo ThörsenLione appare carica. Il singer mette in mostra tutta l’esperienza accumuluta negli anni, tenendo il palco con classe, trasmettendo energia ed epicità con le sue movenze. Dal punto di vista vocale risulta impeccabile: preciso, potente, melodico. Ma è tutta la band a girare alla perfezione, in particolare Thörsen, alla chitarra, “Tower” Torricini, al basso, e quell’animale da palcoscenico che risponde al nome di Mike Terrana. Proprio il leggendario batterista americano trasmette una potenza e una carica che fatichiamo a descrivere a parole. Vedere la distanza da cui fa partire la bacchetta per picchiare il rullante, lascia esterrefatti. Un vero e proprio carroarmato in grado di alterare gli equilibri sonori sul palco. Lione, infatti, per un paio di canzoni, prova a chiedere l’intervento del fonico per migliorare la bilanciatura dei suoni in spia, ma, alla fine di God is Dead, con una battuta, rivolgendosi verso il mixer, alza bandiera bianca dicendo “Lascia stare, non è colpa tua. Il problema è che quando questo qui dietro” indicando Terrana decide di piacchiare, qui ci sentiamo poco”. Frase a cui il pubblico reagisce applaudendo e incitando il drummer americano. La scaletta scelta per l’occasione copre buona parte della discografia della band toscana, inanellando, in sequenza, gemme come la già citata God is Dead, Colours of My World e Violet Lonliness, lasciando poi spazio allo spettacolare assolo di Mike Terrana alla batteria. In tutto questo è facile notare come la band sia affiatata, carica di energia positiva. Lo si vede dagli sguardi che si scambiano Thörsen e Lione, dagli stacchi strumentali in cui Lione e Torricini si ritrovano schiena contro schiena, uno a fare groove con il proprio basso, l’altro impugnando l’asta del microfono. Anche il neo entrato Terrana sembra essersi ambientato alla perfezione nei meccanismi della band. Traspare, infatti, una forte sintonia tra il drummer americano e gli altri componenti. Basti citare i frangenti in cui Torricini e Puleri lo cercano, suonando fronte a lui, scambiandosi occhiate che sanno di stima reciproca. Ci stiamo avvicinando verso la fine dello spettacolo, l’ora inizia a essere tarda e un po’ di stanchezza affiora tra il pubblico. Lione lo percepisce e, sfruttando la sua esperienza, interagisce con i presenti, tenendone viva l’attenzione. Proprio da uno di questi momenti, quando chiede al pubblico “Siete stanchi?” e, come risposta, riceve un “No, entusiasti” il singer si apre, mostrando una parte di sé, delle sue passioni. Decanta il fascino della lingua italiana, di come possa descrivere emozioni con termini che altre lingue non hanno. Parole da cui è facile intuire tutto il suo interesse per la cultura e l’arte italiana. Il concerto è ormai in dirittura d’arrivo, i nostri fanno un salto nel passato, ai loro esordi, e attaccano con Taste of a Goodbye, seguita dalla splendida Vision Divine, che si conclude con tanto di jammata finale. C’è però ancora una canzone in programma. Lione crea un po’ di suspense, per poi presentare Send me an Angel. Il concerto finisce qui, con la band abbracciata sul palco a ricevere il meritato plauso da parte di un pubblico estremamente soddisfatto. Con un live così convincente, non poteva essere diversamente. La formazione toscana, dopo un veloce passaggio al backstage, si renderà poi disponibile al contatto con i fan, per quello che risulterà il giusto epilogo della serata.

Vision Divine setlist:

01. S’ì Fosse Foco
02. The Dream Maker
03. God Is Dead
04. The Streets of Laudomia
05. The Secret of Life
06. Colours of My World
06. Violet Loneliness
07. Drum Solo
08. Mermaids from their Moon
09. Message to Home
10. The House of the Angels
11. Taste of a Goodbye
12. Vision Divine
13. Send me an Angel

 

CONCLUSIONI

 

Quello andato in scena al Revolver Club è sicuramente un evento riuscito, che avrebbe meritato un po’ di affluenza in più. L’unica pecca che ci sentiamo di sottolineare, riguarda il ritardo accumulato nelle fasi iniziali, che ha obbligato le band a suonare con quasi un ora di ritardo sul ruolino di marcia. Una piccolezza, se consideriamo la qualità che la serata ha regalato. Così, dopo averne narrato gli avvenimenti, proviamo a dare delle risposte a quelle domande, quelle riflessioni che avevamo posto all’inizio di questo articolo.

L’inevitabile confronto, la sfida a distanza tra il presente e il passato dei Rhapsody of Fire, tra Giacomo Voli e Fabio Lione, si conclude con una netta affermazione di quest’ultimo. Le qualità vocali di entrambi non si discutono, inutile sindacare su chi sia più bravo o meno. Al momento, la differenza sta nell’attitudine live, la capacità di tenere il palco, trasmettere emozioni e interagire con il pubblico. L’essenza, l’anima, la personalità di un musicista si vede proprio nella dimensione live. Qui, Lione, si rivela di tutt’altra stoffa. Entrando nei Rhapsody of Fire, Voli ha accettato di confrontarsi con un’eredità pesante. Spetterà agli altri membri della band aiutarlo a non restarne schiacciato.

I nuovi Vision Divine avevano destato molta curiosità, e la formazione toscana, come descritto poco sopra, si è dimostrata un’autentica macchina da guerra. Nonostante il recente cambio di lineup, sembra essersi formato, da subito, un vero e proprio amalgama tra i componenti. Una complicità che fa ben sperare in previsione futura e che dà adito a importanti aspettative per il nuovo disco, i cui lavori inizieranno a breve. Considerando le altrettante elevate aspettative che ruotano attorno al nuovo lavoro dei cugini Labyrinth, immaginare che la rinascita del genere passi proprio dall’Italia, è tutto fuorchè eresia. Staremo a vedere cosa ci riserverà il futuro.

Chiudiamo dedicando due parole ai Burning Black. Una formazione mai troppo considerata e che meriterebbe qualche attenzione in più. La compagine trevigiana sembra poter dare il massimo in sede live, grazie a un modo di tenere il palco figlio diretto degli anni Ottanta. In chi sta scrivendo queste righe, in maniera del tutto naturale, la voglia, la passione con cui hanno portato avanti il loro show, ha creato un’ipotetica linea di continuità, un ponte con quanto espresso dai bolzanini Skanners. Scusate se è poco. Una band da tenere d’occhio.

 

Marco Donè