Live Report: Vista Chino + Monster Truck a Trezzo Sull’Adda (MI)

Di Stefano Burini - 20 Novembre 2013 - 22:00
Live Report: Vista Chino + Monster Truck a Trezzo Sull’Adda (MI)

VISTA CHINO + MONSTER TRUCK + THOSE FURIOUS FLAMES

16/11/2013 @Live Music Club, Trezzo Sull’Adda (MI)
 

 

Chiamateli con il nome che volete: KyussKyuss Lives o Vista Chino, non importa; ciò che conta è lo spirito e i quattro eredi del Verbo, di spirito ne hanno da vendere. Entrambi ormai sulla quarantina, e magari con qualche chilo di troppo rispetto ai tempi d’oro, John Garcia e Brant Bjork, coadiuvati dall’ormai fido Bruno Fevery e dal sempre grande Mike Dean (in prestito dai Corrosion Of Conformity) costituiscono ben più di quella che i critici più snob definiscono una “cover band di lusso” ed è sufficiente ascoltare il nuovo “Peace” per rendersene conto. L’attesa, complice anche il grande tam tam che ha seguito le ultime, devastanti, prestazioni live dei Vista Chino, è quindi elevata e, complici anche dei comprimari di un certo livello, non manchiamo di arrivare al Live di Trezzo sull’Adda con un buon anticipo. Il locale è vuoto andante e l’atmosfera ancora piuttosto fredda, ma ci sono alcuni ragazzi provenienti addirittura dalla Svizzera; l’arcano è, tuttavia, presto svelato: la prima band della serata, i Those Furious Flames, proviene proprio dalla Svizzera e toccherà proprio a loro il compito di dare il La show di qui a pochi istanti.

 


 

La serata inizia per il verso giusto nel segno dell’hard rock di marca settantina degli svizzeri Those Furious Flames. La band elvetica, capitanata da Yari Copt alla voce e completata da Yann Nick alla chitarra, G.B. al basso e Big Boss alla batteria, mette sul piatto della bilancia un bel suono dalle venature stoner, fascinosamente vintage e con una certa propensione alla psichedelia che rende i brani piuttosto vari e ben riusciti. Le canzoni proposte, dalla semiballata “Jane” con i suoi accenti da cowboy stoned song e il bel finale elettrico, alla mastodontica “The Lost Wonder” con i riffoni di memoria sabbathiana, convincono senza riserve. In più alcune trovate, come l’utilizzo del Theremin per un inconsueto assolo ad opera del bassista, danno una marcia in più ad una band meritevole di attenzione e che non si risparmia, seppur davanti ad un pubblico decisamente sparuto, onorando in maniera più che apprezzabile il proprio ruolo di opening act.

 

Ore 22 in punto: dopo lo show dei Those Furious Flames è la volta dei canadesi Monster Truck e il locale sembra essersi già decisamente riempito, seppur rimanendo ancora lontano dal “tutto esaurito”. Il motivo è presto detto: i canadesi, band rivelazione degli ultimi anni con all’attivo due EP e un debut album uscito proprio la primavera scorsa, godono di buona fama ed in effetti la curiosità dei presenti appare palpabile, con alcuni ragazzi che raccontano di essere venuti apposta per loro. Il loro sound é compatto e serratissimo: un misto di  hard anni ’70, blues e stoner, nel quale si distinguono il vocalismo di memoria roots/blues del cantante/bassista John Harvey e le tastiere (con suono Hammond) di Brandon Bliss; completano, infine, la formazione l’esagitato Jeremy Widerman alla chitarra e Steve Kiely alla batteria.

Come da copione la setlist è incentrata su buona parte dei brani che compongono il nuovo “Furiosity” e l’impatto risulta sempre elevatissimo, addirittura crescente con lo scorrere dei minuti, sorretto dalle poderose corde vocali dello schivo Harvey e dall’eroico scorrazzare e saltabeccare di Widerman a destra e a sinistra di uno stage per lo più occupato dalla strumentazione degli headliner. “Old Train”, “The Lion” e “The Giant” si susseguono praticamente senza pause e con intensità, come anticipato, crescente fino a “Power Of The People”, addirittura imperiosa nel suo incedere. Tocca alla splendida “For The Sun” ed è un grande hard blues, teso, rovente ed emozionate, quello che accarezza i nostri sensi, valorizzato dall’ottima prestazione vocale di un ispiratissimo John Harvey. Chiude la riuscitissima esibizione un’altra carrellata di brani sempre sospesi a mezza via tra blues, metal, hard rock e stoner massiccio; brani dal grande tiro e dall’ottima resa che non possono che suscitare l’approvazione dei presenti, siano essi fan o semplici curiosi in attesa dell’entrata in scena dei Vista Chino.

Setlist:
01. Old Train
02. The Lion
03. The Giant
04. Power of the People
05. For The Sun
06. Psychics
07. Sweet Mountain River
08. Righteous Smoke
09. Seven Seas Blues
10. Call It A Spade 

 

 

Come da orario prestabilito, alle 23:10 precise i Kyus… pardon, i Vista Chino fanno il ingresso sul palco. La scenografia rimane la stessa vista sinora, ovverosia nulla, con la riuscita dello show affidata quindi interamente all’impatto live dei Tre Americani più Uno. Bruno Fevery e Mike Dean, si posizionano rispettivamente alla sinistra e alla destra di Brant Bjork, mentre l’ultimo a fare la proprio entrata in scena è proprio John Garcia, certamente la star della serata. L’apertura, un po’ a sorpresa (almeno, per chi non abbia spulciato on line la scaletta del tour per evitare spoiler), è affidata ad “Adara”, estratta dal nuovissimo “Peace”, il primo album dei Vista Chino uscito proprio qualche settimana fa. I suoni sono inizialmente imperfetti e la voce di John Garcia, piazzato in mezzo al palco in jeans e camicia fuori dai pantaloni con fare quasi scazzato, è talmente indietro da rendere davvero ardua una valutazione del suo stato di forma. Le cose cominciano, fortunatamente, a migliorare già con la successiva “One Inch Man”, prima scorribanda nel territorio dei Kyuss estratta dal sottovalutato “… And The Circus Leaves Town” e, soprattutto con “Dargona Dragona”, sulle cui note il granitico frontman sembra aver finalmente scaldato a dovere le proprie corde vocali.

Da qui in avanti il concerto prende definitivamente quota lasciando chiaramente capire il motivo per il quale i Vista Chino, pur in veste di headliner, non abbiano voluto alcun orpello a fare da scenografia sul palco: semplicemente non ne hanno alcun bisogno. L’impatto della chitarra di Bruno Fevery è impressionante, al punto da non far sentire in alcun modo la mancanza di Josh Homme, mentre la sezione ritmica conferisce una spinta continua e incessante a tutte le canzoni, in un crescendo di quelli che lasciano il segno. Completa il quadro la voce ancora potente e ringhiosa come ai tempi d’oro di John Garcia; inutile dire che la forza d’urto complessiva di tutte queste componenti è letteralmente devastante, paragonabile a quella di una frana che trascini dei carro armati giù da un pendio. 
 

Su “Hurricane”, un macigno di dieci metri di diametro scagliato a tutta velocità contro la platea, si scatena un pogo a dir poco folle ma la risposta continua a rimanere ad altissimi livelli di partecipazione anche su “Sweet Remain”, energica e coinvolgente, con un John Garcia ora davvero straripante. Si può fare di più? Eccome! E con la spettacolare “Gardenia” i Vista Chino ne danno ampiamente prova: grande tiro, esecuzione da manuale e tutta la complicità possibile del pubblico, sempre più immerso nell’affascinante universo “stoned” dei mitici Kyuss. Potenza della musica. Spazio, di nuovo, all’ultimo parto degli ex ragazzi di Palm Desert con la bella “As You Wish”, una delle migliori tracce presenti su “Peace”, ed è positivo notare come i Vista Chino credano (giustamente, ndJ) parecchio nel loro album e come non esitino a usarne alcuni pezzi per inframmezzare i classici della Vecchia Gestione, per nulla impauriti da un confronto che è sì sfavorevole ma non certo schiacciante. Il concerto prosegue a livelli assolutamente pazzeschi con “Asteroid”, uno strumentale “da guerra” che gasa il pubblico come rare volte mi è capitato di vedere, e con la sua gemella “Supa Scoopa And The Mighty Scoop”, forse il brano principe di quel capolavoro che risponde al nome di “Welcome To Sky Valley”, qui eseguito in tutta la sua forza immaginifica. Da brividi. Tocca a “Dark And Lovely”, altra piccola gemma di recente scrittura valorizzata dalla prestazione monstre di un John Garcia che si aggrappa al suo fido microfono e arrota una serie di «YEEEEEAH!» in maniera impareggiabile, ma il bello deve ancora venire: fino ad ora, infatti, nemmeno un accordo del leggendario “Blues For The Red Sun”, con una setlist perlopiù incentrata sugli ultimi due lavori di casa Kyuss e con il più celebrato lasciato, viceversa, al palo. L’attesa viene, ad ogni modo, ripagata da una tripletta che definire storica è dire poco: parte “Thumb” e nelle prime file si scatena il delirio orchestrato da un Garcia che abbandona il caratteristico aplomb mettendosi addirittura a scapocciare a ritmo; seguono “Green Machine” e “Freedom Run” e tra riff assassini, ritmiche spezza collo e vocals ruggenti, l’intero Live va in visibilio al cospetto di un tale dispiego di Watt e Decibel.

John esce momentaneamente di scena e lo stage è tutto per Dean, Fevery e, soprattutto, Bjork, per qualche minuto anche in veste di cantante su “Planets 1&2”. Al rientro in scena, il frontman viene acclamato come un Re e mostra, finalmente, riconoscenza ai propri sudditi, riusciti nella grande impresa di strappargli addirittura un sorriso un applauso convinto. Ci avviciniamo alla fine del set e, dopo la consueta pausa, è il momento del doppio bis, affidato alla splendida “Whitewater”, da lacrime, e alla conclusiva e sempre convincente “Odissey”, entrambe estrapolate dalla Valle del Cielo.

Personalmente, e come avrete ben intuito, mi ritengo un grande fan dei Kyuss/Vista Chino; potete quindi immaginare la grande soddisfazione nel poterli ammirare live e in questo stato di forma. Avercene di “cover band” di questo livello: la potenza, fisica e immaginifica, della loro musica non è cosa che si trova tutti i giorni e dal vivo le già grandi composizioni che abbiamo adorato su disco acquistano ulteriore spessore, tiro ed atmosfera. Un solo consiglio: dovessero ripassare dalle vostre parti, non fateveli scappare per alcun motivo!

Setlist:
01. Adara
02. One Inch Man (Kyuss cover, “… And The Circus Leaves Town”)
03. Dargona Dragona
04. Hurricane (Kyuss cover, “… And The Circus Leaves Town”)
05. Sweet Remain
06. Gardenia (Kyuss cover, “Welcome To Sky Valley”)
07. As You Wish
08. Asteroid (Kyuss cover, “Welcome To Sky Valley”)
09.Supa Scoopa And The Mighty Scoop (Kyuss cover, “Welcome To Sky Valley”)
10. Dark And Lovely
11.Thumb (Kyuss cover, “Blues For The Red Sun”)
12. Green machine (Kyuss cover, “Blues For The Red Sun”)
13. Freedom Run (Kyuss cover, “Blues For The Red Sun”)
14. Planets 1 & 2
15. Whitewater (Kyuss cover, “Welcome To Sky Valley”)
16. Odissey (Kyuss cover, “Welcome To Sky Valley”)

Live Report a cura di Stefano Burini

Clicca qui per vedere il Photo Report della serata, a cura di Luca Fumi!