Live Report: Voivod a Roma
Init Club, Roma 06-05-2011
Si era creata una grande attesa nella capitale per questa calata primaverile dei Voivod: seminale band di culto del thrash metal d’oltreoceano che, in tempi affatto sospetti, si era resa capace di reinventare questo genere così immediato e d’impatto con la sua particolarissima ricetta a base di fantascienza e ritmiche progressive.
All’Init si respirava sin dall’inizio della serata e, soprattutto, si leggeva sui volti di ogni età che si incontravano nella sala, quel senso di placida ma ansiosa attesa per quello che, per i più giovani come per i più navigati fanatici della scena, appariva come un piccolo grande evento.
Foto e report a cura di Francesco Sorricaro
Ad alleviare questa tensione ci hanno pensato i Black Land, doom metal band dalle tinte settantiane nata da una costola dei Doomraiser che, a Roma, ha giocato in casa. L’accentuata componente esoterica e gli inconfondibili riferimenti a diverse e notissime formazioni britanniche, che hanno dato origine al genere a cavallo tra i ’70 e gli ’80, hanno reso fin da subito palesi i gusti musicali dei quattro che, con innegabile bravura e carica coinvolgente hanno eseguito il proprio set composto da brani variegati e prolissi, raccogliendo l’apprezzamento del pubblico che non ha mai fatto mancare il suo plauso convinto.
Niente di nuovo sotto il sole ma la dimostrazione che mettere passione in quello che si fa paga sempre.
Dopo un breve cambio di palcoscenico, le sagome dei 4 canadesi sono apparse sulle assi portandosi dietro un carico di semplicità che deriva direttamente da un’altra epoca: zero sceneggiate, scenografia ridotta ad un semplice telone con il logo del gruppo disegnato dal batterista/artista Away e tanta gioia di suonare la propria musica davanti al proprio pubblico.
L’incedere barcollante del gigantesco, ghignante Snake è il marchio di fabbrica registrato per uno show che è partito subito forte con The Unknown Knows.
L’energia sprigionata da uno come Blacky sin dalla prima nota eseguita con il suo strumento è quanto di più coinvolgente abbia avuto modo di vedere durante un concerto, ed è stato solo l’incipit di una tempesta che sarebbe scemata solo a spettacolo ultimato.
La scaletta dei Voivod si è concentrata quasi interamente su classici del suo mai troppo celebrato passato: brani come Ripping Headaches, Ravenous Medicine, Nothingface, Forlorn, hanno dipinto uno spaccato stupendo della loro carriera, e sono stati eseguiti con la stessa ruvida e folle spensieratezza dei tempi d’oro, tra sorrisi ed ammiccamenti continui, pose divertenti ed occhiate compiaciute verso una platea che ha dato vita ad un perpetuo e turbinante pogo selvaggio, con tanto di stage-diving d’ordinanza. Alla sola Global Warning, tratta dal recente Infini, è spettato il compito di rappresentare la nuova produzione della band, quella “newstediana” che va dall’omonimo del 2003 in poi: un brano, scelto per la sua dinamicità, che dal vivo acquista punti rispetto ad una versione su disco un po’ piatta.
Quello che mi ha stupito ancora una volta, durante questo show, è stato come ormai Daniel “Chewy“ Mongrain, ottimo musicista nonché sostituto dell’indimenticato Denis “Piggy” D’Amour, sia entrato naturalmente nei meccanismi e nelle dinamiche del gruppo, fornendo non solo la propria indiscussa perizia tecnica nell’esecuzione di pezzi comunque non facili, ma anche cominciando a far valere la propria presenza scenica al pari degli altri. Da applausi la sua prova, in attesa di vederlo contribuire decisamente al songwriting dei prossimi lavori, dei quali un piccolo assaggio è stato fornito dalla scoppiettante Kaleidos, il sorprendente inedito regalato al pubblico di questo tour che, sinuoso ed ispirato, ha solleticato non poco il palato di tutti i presenti.
È stata Overreaction a chiudere momentaneamente lo spettacolo, offrendo una piccola pausa alle schiene martoriate in prima fila, mandando la band nel backstage per un paio di minuti. Il valore dei Voivod si misura anche dalle richieste da juke-box continue che si sono susseguite durante la serata, segno tangibile della compattezza di 30 anni di discografia, che non sono certo calate di intensità in questo breve intervallo; d’altronde la chiusura poteva essere tranquillamente immaginata, e non poteva che essere affidata all’inno Voivod. La grettezza e le ritmiche serrate di War and Pain, disco d’esordio dei nostri, hanno invaso in men che non si dica tutto l’Init, scatenando il putiferio, nonché l’urlo unanime dei fan durante il refrain. Away, con la sua consueta espressione ieratica, è stato una macchina perfetta dietro le sue pelli, anche quando, come se niente fosse, si è passati a Nuclear War, sempre tratta dal medesimo disco, che ha praticamente sbriciolato le residue inibizioni delle prime file, scatenando l’inferno, grazie anche alla direzione di un Blacky che sembrava pronto a tuffarsi dal palco da un momento all’altro (cosa che in realtà farà davvero al termine dello show).
Per concludere questa bella serata non poteva mancare l’omaggio sentito a Piggy, per il quale l’amico Snake, col suo vocione da grizzly, ha intonato un roboante coro, subito seguito a ruota da tutta la sala, prima che Chewy intonasse le prime note di Astronomy Domine con la sua chitarra.
La cover dei Pink Floyd, che oramai ha stabilmente indosso una seconda veste nella versione dei Voivod, con il suo sound psichedelico ed etereo sembra perfetta per lanciare un saluto a qualcuno nello spazio siderale e così è stato anche da Roma, quando lo spirito di Denis è parso quasi materializzarsi accanto ai suoi compagni, mentre Snake cambiava registro senza difficoltà sfoderando il suo tono più evocativo.
È terminato così il concerto romano dei Voivod, con un interminabile feedback assordante dopo un’intensa ora e mezzo di musica, con l’apprezzamento convinto di tutti i presenti e le facce soddisfatte dei canadesi, i quali si sarebbero trattenuti a lungo per rispondere alle domande curiose di chiunque, oltre che per le foto e gli autografi di rito.
I Voivod hanno saputo ripagare l’attesa di tutti coloro i quali, fin dal primo annuncio, avevano gioito all’idea di poter assistere ad una loro esibizione a Roma, e che hanno potuto vedere con i propri occhi quanto contino ancora, in un genere sempre più inquinato dal mainstream come l’heavy metal, la semplicità e la felicità di divertirsi a suonare dal vivo; aspetti che aveva sempre incarnato anche lo stesso Piggy, nel nome del quale speriamo di continuare a vedere questa band continuare così per tanti anni ancora a venire.
Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro
Setlist dei Voivod
The Unknown Knows
The Prow
Ripping Headaches
Ravenous Medicine
Forlorn
Tribal Convictions
Global Warning
Experiment
Nothingface
Missing Sequences
Kaleidos
Overreaction
Voivod
Nuclear War
Astronomy Domine