Live Report: Wine Spirit, Mojito Club di Pontenure (PC), 18/10/2008
Dopo un’attesa durata quattro anni, dal 25 ottobre è in vendita nei negozi “Three of a Kind”, ultimogenito di casa Wine Spirit: direi che un concerto con la presentazione di qualche brano inedito dell’inossidabile trio lombardo costituisce la migliore occasione per celebrare l’anelato evento.
Arrivo nelle accoglienti campagne piacentine all’ora dell’aperitivo, ansioso di soddisfare i miei sensi più goderecci. Obiettivi: gnocco fritto, salumi e tortelli per il mio palato, e una robusta dose di Hard & Heavy per il mio udito.
Amici veri, cucina ruspante e musica sincera: il mix ideale per una Saturday Night a cinque stelle! Cosa si può desiderare di più?
Allo scoccare della mezzanotte, tutto è pronto per l’inizio e i ragazzi prendono posto sul palco:
– GRAZIANO DEMURTAS (IL CONTE): guitar
– ALBERTO BOLLATI (EL GUAPO): bass
– CORRADO CICERI (CC NAIL): drums
Si attacca subito con un antipasto dal sapore deciso, ovvero OFF MY HEAD (che appartiene al primo album “Bombs Away”), innaffiato da possenti riff e condito da una base ritmica sostenuta e rocciosa. I suoni arrivano nitidi e puliti, a riprova del fatto che – nonostante la problematica situazione acustica del locale – anche oggi il sound engineer Fabio Marchesi sta svolgendo il suo compito con ottimi risultati. Ci si concentra sempre su quanto accade sul palco, dimenticando cosa si nasconda, in realtà, dietro l’aspetto qualitativo dei suoni e trascurando l’importanza – ai fini della resa finale – dell’oscuro lavoro dei tecnici: in verità, a questi personaggi va attribuito il merito di riuscire a confezionare, spesso tra mille difficoltà, un prodotto che sia all’altezza della fama dei musicisti. Mi pare giusto sottolinearlo in questa circostanza, proprio in ragione delle criticità che sovente presentano certi contesti ambientali.
Si prosegue con un altro piatto forte: HIDE AND KILL, altrettanto energico e incalzante. I più informati sapranno che questa traccia è stata scelta come colonna sonora dello spot della Birra Peroni, associato al Motomondiale 2005.
I ragazzi sono belli caldi, oltre che felici di riscontrare tanta partecipazione da parte del pubblico, specie quello che si agita nelle prime file. E’ la volta di un’altra portata per palati fini, DAMNED CLOCKSTROKE (tratta dal primogenito “Bombs Away”), che ci introduce nell’atmosfera Heavy trainata dalla potenza “bicilindrica” (tanto per usare una terminologia cara ai bikers) di Alberto e Corrado, con il trademark dei Wine Spirit impresso dalle sonorità della chitarra del Conte. Aspetto con impazienza il momento dell’assolo, assai tecnico e accattivante: le sue note si innestano a meraviglia sull’impianto della canzone, fondendosi nella familiarità di un sound smaccatamente “ottantiano”.
Arriva il momento di sfornare la prima specialità inedita della casa, attingendo alla fresca dispensa del nuovo CD. Il pezzo proposto si chiama LIKE A SINNER, dinamico e frizzante, dal retrogusto direi quasi “maideniano” nella struttura, con trame di chitarra e basso che sostengono un lavoro vocale alquanto impegnativo: il Conte e il Guapo si alternano in acuti di ardua esecuzione, lanciando le rispettive ugole fin dove osano le aquile, lungo pareti verticali di sesto grado, alla conquista di ottave d’alta quota proibite ai comuni mortali.
Bando alle vertigini, si prosegue nel segno della novità con la pepata YOU’LL BE MINE, un’altra imperiosa cavalcata in stile Hard, che pone in evidenza i disperati nitriti della chitarra del Conte impegnato a rincorrere il super drumming di un Corrado in gran spolvero.
A questo punto la band intende tributare un doveroso omaggio a quella leggenda vivente che risponde al nome di Ronnie James Dio, proponendo un’esplosiva HOLY DIVER piuttosto fedele all’originale, seppur con alcune digressioni nell’assolo, comunque indovinate e pertinenti. Credo che uno dei meriti ascrivibili a un artista, in ambito cover, consista proprio in quella capacità di trovare il giusto equilibrio tra fedeltà al modello di riferimento e interpretazione soggettiva, senza che ciò comporti un allontanamento troppo disorientante in chi ascolta, a salvaguardia dell’armonia e del feeling che ne hanno ispirato la struttura.
Sempre in tema di cover, ecco YOU’VE GOT ANOTHER THING COMING, caratterizzata da influssi di stampo Judas’ Priest e da un tiro tremendamente pesante e cadenzato, per la gioia di tutti i metallari presenti.
Con CATCH 22 il trio imprime una brusca accelerata, pescando questa ruvida canzone dal pentolone di “Fire in the Hole” e servendola ai tavoli di un’audience scatenata: riffoni graffianti, stacchi mozzafiato e un assolo alla Van Halen, quale suggello di un altro gradito episodio nel menu di stasera, versatile e gustoso come sempre.
La lista offre ora un regalo dedicato a tutti gli irriducibili sabbathiani: THE SHINING, che evoca visioni mistiche grazie alla fantastica riproduzione di suoni cupi e dark, così tenebrosi e inquietanti da far venire la pelle d’oca. Un plauso particolare va al Conte, per un cantato con alto coefficiente di difficoltà.
La ricetta della saporita KING OF THE MONSTERS (geniale creazione di un grande chef, tale Paul Gilbert) prevede uno strabiliante sfoggio di tecnica e velocità allo stato puro, in un crescendo di scale vertiginose sparate all’unisono da chitarra e basso; la resa finale è grintosa e supersonica, ma nello stesso tempo altamente spettacolare: il boato finale dei presenti risulta più che meritato in questa circostanza.
Il Conte annuncia ora, simpaticamente, un tributo a una band chiamata… WINE SPIRIT, e la sua testata comincia a spararci in faccia le inconfondibili note del refrain dell’omonima canzone; al momento del coro gli aficionados non si fanno pregare e intonano: “There’s Wine Spirit… There’s Wine Spirit…”.
In tema di tributi non poteva certo mancare un riconoscimento ai Deep Purple. “Senza di loro non saremmo qui a fare questa musica” – è l’ammissione di Graziano Demurtas, prima di attaccare con una pirotecnica BURN, impreziosita da un improvvisato botta e risposta tra basso e chitarra che entusiasma i presenti.
El Guapo e CC Nail si prendono un break, mentre il Conte ripone l’ascia da guerra per dotarsi della sua acustica laccata di nero. L’atmosfera diviene più soft, ma l’intensità del pathos non cala. La dolce THE WORLD WE CREATED (omaggio alla premiata Ditta Mercury/May) incanta e coinvolge la sfera emotiva di tutti coloro che, sotto le borchie, hanno un cuore che batte, così come l’eterna CHILD IN TIME, anch’essa interpretata con licenza artistica dal nostro guitar-hero. Gusto e originalità sono gli ingredienti del delizioso cocktail offerto da Mr. Demurtas ai fortunati spettatori.
Mentre il pubblico si spella le mani, rientrano in scena gli altri componenti pronti a proseguire nello show: si riapre, dunque, la manetta del gas e il rombo di DOGS OF WAR (Saxon) sortisce l’effetto di un’irresistibile adunata per gli scatenati metallari che spontaneamente si accalcano in prima fila: corna levate al cielo (o meglio: al soffitto) e contestuale tentativo di pogo.
L’aria è ancora bella calda e, visto il gradimento dimostrato per i pezzi del nuovo album, vengono proposti altri due piccanti assaggi, nell’ordine: il pomposo THE GREEDY KING, epico mid-tempo di antica reminescenza, e il vicace HANKY PANKY, quest’ultimo richiesto a gran voce dai fans (i più fedeli ricorderanno che la traccia era già presente sul “demo” del 1996).
C’è ancora il tempo di scatenarsi tutti insieme con I WANNA BE SOMEBODY, indimenticato anthem dei Wasp e pretesto per un coro collettivo che segna la fine del concerto, chiudendo nel modo migliore l’ennesima scoppiettante esibizione dei nostri eroi, davanti a una platea sazia e soddisfatta per questa abbuffata di eccelsa qualità.
Dire che i Wine Spirit sono tornati non sarebbe corretto, perché in realtà la band – durante questi quattro anni di assenza dal mercato – non si è mai fermata, toureggiando in Italia e anche Oltralpe, dove sempre più frequentemente (ahimè) i nostri prodotti risultano di gran lunga più apprezzati rispetto a quanto accade in Patria.
Autentici animali da palcoscenico, anche stasera i W.S. (coerenti e fedeli al genere, dalla cima delle chiome fino alla punta degli stivali) sono riusciti a emozionare e a trascinare tutti quanti, grazie a una performance maiuscola eseguita con consueta immediatezza e spontaneità, mettendo il loro timbro su un’altra strabiliante serata di puro Hard & Heavy.
Quanto alle tracce del nuovo CD, quelle ascoltate stasera lasciano chiaramente intendere che i Wine Spirit sono più che mai decisi a riconfermarsi come una delle migliori realtà del panorama italiano.
Marcello Catozzi