Live Report: Within Temptation + Blind8 + Annisokay @ Alcatraz, Milano – 01/12/2024
Live Report: Within Temptation + Blind8 + Annisokay @ Alcatraz, Milano – 01/12/2024
a cura di Martina L’Insalata
Tornano in Italia, a distanza di due anni, i Within Temptation: la symphonic metal band olandese fa tappa all’Alcatraz di Milano per il loro Bleed Out tour, in supporto all’album omonimo uscito lo scorso anno e con loro sul palco ci sono Blind8 ed Annisokay.
Mi guardo intorno incuriosita: il pubblico è variegato, tendenzialmente adulto ma le fasce d’età individuate sono diverse ed è sempre bello accorgersene. Ad accomunarci sono i corsetti, i platform alti e, come sempre, le maglie di una qualche band affine.
Siamo all’inizio della serata e non siamo così pochi nel momento in cui i Blind8 salgono sul palco: la band ucraina presenta pezzi come Laniakea e Nightmare dal loro primo disco More Than One, suonando un metal moderno che strizza l’occhio a sfumature metalcore, con pezzi e ritornelli più melodici come in abandoned e bulletproof.
Il cambio set prevede una playlist insolita per una serata simile: da Dua Lipa a Katy Perry, passando per Call Me Maybe e Wrecking Ball (che, nonostante il voler sfoggiare l’aria seriosa da duri, ci siamo divertiti a cantare). Tutto sicuramente in contrasto con la musica degli Annisokay fatta di chitarre metalcore e doppie voci in pulito e in scream in pezzi come Throne of the Sunset e Ultraviolet. A raggiungerli sul palco è Sharon den Adel, cantante dei Within Temptation, per il featuring su Like A Parasite. Suonano One Step Closer in omaggio ai Linkin Park e accendono il pubblico con Calamity e STFU, ultimo singolo uscito lo scorso agosto.
La scenografia sul palco, composta da archi a colonna, sembra avere più senso ora che a salire sul palco mancano solo gli headliner: sullo schermo si alternano lapidi e girasoli mentre i Within Temptation salutano il pubblico con We Go to War e Bleed Out, dedicata alla memoria di Mahsa Amini, vittima della repressione iraniana. Sharon den Adel ci tiene a ricordarla, così come a tener conto di tutti i presenti senza distinzione alcuna. “Non dite agli altri come vivere la vita, siate voi stessi”, dice prima di Don’t Pray For Me.
Ai messaggi di solidarietà si alternano atmosfere un po’ gotiche, un po’ vampiresche: sembra di essere dentro una scena de La Regina Dei Dannati quando suonano Ritual, o all’interno delle catacombe quando parte Wireless e sullo schermo ci sono dei teschi. I visual a supporto raccontano vere e proprie storie, come le scene di guerra e libertà su The Reckoning.
Sharon si ferma, si accerta che tutti stiano bene e che si stiano divertendo. Ringrazia i fan per il supporto, consapevole della presenza di persone provenienti da diverse parti del mondo: qualcuno le risponde, altri le chiedono di sposarla, altri ancora le parlano sopra.
Riesce a zittire tutti facendo scoppiare a ridere l’intero locale, per poi proseguire con lo show: sale sul palco Alex Yarmak del progetto Dronefall a supporto dei civili ucraini, per A Fool’s Parade. La complicità sul palco è così forte da sembrare La Bella e La Bestia, ma in versione gotica. A seguire The Promise, suonata con Tarja Turunen nelle date precedenti del tour. “Tarja non è qui, ma le diremo che vi manca!”, precisa Sharon che in quanto a doti canore non ha nulla da invidiarle con il suo range da mezzosoprano. Il pubblico si diverte su Supernova battendo le mani a tempo, mentre rimane più attento ad ascoltare su Angels.
“Ci buttano fuori tra poco, ma non prima di questa”, annuncia Sharon per Faster, su cui tutti si scatenano. Ad aprire l’encore Our Solemn Hour, seguita dal momento torce accese su All I Need, dall’atmosfera suggestiva. A chiudere la serata invece è Mother Earth. Realizzo che Sharon den Adel non è altro che una sirena: se Pirati dei Caraibi avesse una colonna sonora symphonic metal, sono certa sarebbe proprio questa.