Magna Grecia Festival: report completo

Di Redazione - 20 Giugno 2005 - 17:49
Magna Grecia Festival: report completo

Giunta alla 3° edizione, il Magna Grecia Festival questa volta fa le cose in grande, come gruppo headliner addirittura vengono invitati i Grave Digger. Erano anni ed anni che a Napoli (terza città d’Italia) non giungeva un gruppo Heavy Metal di caratura internazionale. In una città come questa, dove la prevalenza dei concerti è rappresentato da gruppi come 99posse e compagnia brutta, i Grave Digger hanno rappresentato un fulmine a ciel sereno, un’improvviso vortice di metallo incandescente abbattutosi su di un Palapartenope da anni ed anni a secco di un evento del genere.

Impressioni iniziali
L’affluenza del pubblico all’evento live è nella media, mi aspettavo molte più persone in verità, ma forse il bill ha tenuto a casa chi, come molti, sarebbe venuto da fuori regione per assistere all’evento: poco estremo per gli estremisti, poco “old heavy metal oriented” per il target del pubblico che sarebbe venuto ad assistere per le sonorità di stampo “Grave Digger”. La cosa certa è un’altra comunque, ed è quella che difficilmente risco a giustificare una presenza così scarna del pubblico anche e specialmente in virtù di un ipotetico confronto con l’Agglutination (che ha il grande svantaggio di svolgersi in un paesino dell’entroterra lucano privo di collegamenti pubblici).
Mi aspettavo come minimo una presenza molto più intensa per quella che è la terza metropoli d’Italia. Ma cimentiamoci in un’analisi, più o meno approfondita, dell’esibizione dei vari gruppi.

Live show.
Larsen. Ad aprire il concerto sono i Larsen, giovane band napoletana dedita ad un Heavy Metal classico di più che pregevole fattura. L’impatto live della band è assolutamente fuori dal comune per un gruppo che, addirittura (ed immeritatamente) non ha ancora un full lenght alle spalle. Ogni musicista fa eccellentemente il proprio lavoro, una menzione particolare per l’ottimo singer, vero trascinatore del gruppo, carismatico personaggio in grado di coinvolgere anche tra quelli che, nella folla, apparivano un po’ distaccati. Bene, è questo l’unico modo, nonché quello giusto, affinché una band giovane (e quindi con un repertorio di pezzi non famoso) possa riuscire in un live show.

Marshall. Ragazzi i Marshall, storico gruppo di Napoli, mettono sul palco tutta la loro decennale esperienza riuscendo a creare un live show di alti livelli seppur ingiustamente penalizzato da un impianto sonoro non certo all’altezza della musica molto tecnica e progressiva proposta dalla band (penalizzate oltre ogni misura sicuramente le tastiere). Ma l’ottima preparazione di ogni singolo musicista riesce, per fortuna, a sopperire anche a queste mancanze tecnico/strutturali andando così a porre su livelli davvero ottimi l’intera esibizione. Passione, attitudine, esperienza e ottima preparazione sono gli ingredienti che fanno dei Marshall un’eccellente live-band.

Atrocity, Mortuari Drape, Grimness. L’altro gruppo di un certo spessore e di fama internazionale presente all’evento sono gli Atrocity insieme a Liv Kristine (come guest star). Ragazzi io vorrei capire una cosa, ma questi qui dove vogliono andare? Innanzi tutto nel mio modesto (ma non tanto) parere non riesco a comprendere una presenza così schiacciante di gruppi dediti a sonorità così estreme quando, come headliner, vi è un gruppo, i Grave Digger, che attira indubbiamente tutto un altro target di utenza d’ascolto. Bisognava, secondo me, puntare più su band sulla falsariga di Marshall e Larsen. Ora se è pur vero che, mischiando le carte in tavola, c’era la possibilità di attirare molte più persone con la varietà di stili proposta dal bill, è anche vero che molti miei amici di Roma e d’intorni non si son spinti fin qui proprio a causa del bill così estremo.
Cmq sia, per quanto io possa capirne di musica estrema, l’esibizione dei Grimness mi è sembrata tutto sommato decente, così come quella dei Mortuary Drape, gruppo che alla fin fine ha una notevole esperienza sulle spalle.
Tornando ai deathsters Atrocity mi son sembrati molto ruffiani e pacchiani almeno è questa l’impressione che ne ho tratto. Qui dobbiamo essere chiari, non esiste proprio che una band sul palco esordista bestemmiando e lasciando perplessi non uno solo tra i presenti, non esiste una cosa del genere, non per una band di caratura internazionale tanto più quando si era nettamente al di fuori di un evento “totally black oriented”. Queste uscite fuori luogo vanno sempre a minare la sicurezza della stessa band che, evidentemente, non possiede nemmeno quel briciolo di cervello per comprendere che eravamo in Italia e per di più ad un evento al quale la maggior parte delle persone non era certo addentro all’ideologia (?) “estreme metal”. Tecnicamente si sa, i livelli sono buoni, ma la presenza di Liv Kristine ancora non mi è stata tanto chiara, cantava? Volava? Si spogliava? Cosa avrebbe mai dovuto significare? Ragazzi per piacere…

Grave Digger. Finalmente dopo tutte queste “atrocità” arriva la storia al Palapartenope, e la storia (musicale s’intende) in questo caso prende il nome di Grave Digger. La band è in forma decisamente ottima, così come è ottima la resa sonora di tutti i brani dal vivo. Si comincia con “The last Supper” (che acquista un’impensabile carica nella sua veste concertuale) per poi passare attraverso brani puramente “eighty oriented” come “Witch Hunter” o “The Grave Dancer” per poi addirittura cimentarsi in pezzi tratti dal controverso e “fiacco” Excalibur che, incredibilmente, acquistano dal vivo un’ulteriore carica di potenza. A dimostrazione di ciò vi è stato sicuramente l’immortale ritornello di “Excalibur” (swor of the king!) e la ferrea aggressività della splendida killer song “Morgane Le Fay”. Ma c’è anche spazio per il capolavoro dei capolavori, quel “Tunes of War” che tanto successo ha apportato al gruppo. Ed è così che vengono intonate le mistiche note della travolgentissima “The Dark of The Sun” e “Rebellion (The Clans are marching)”. C’è anche spazio per “Rheingold” e per il supremo “Knights of The Cross” con la, a dir poco, eroica “Knights of The Cross” che acquista una notevole carica leggerissimamente distruttiva dal vivo. Dopo altri brani (ragazzi non mi ricordo l’ordine preciso di tutte le song del live-show purtroppo) la band prende una breve pausa per poi irrompere nuovamente sul palco con la hit song “Rebellion (the clans are marching)”. Ragazzi quando un brano come Rebellion viene intonato dal vivo, è come se scendesse sui presenti (quei 4 o 5 che conoscevano a memoria il pezzo) una sorta di mistico alone fatto di saghe lontane e battaglie perdute che rivive atrtraverso quei mitici ritornelli intonati a squarciagola dai metallers. Chiude lo spettacolo l’inossidabile e travolgentissima “Heavy Metal Breakdown” (grandissima l’interpretazione di Chris) brano scritto (nei lontani anni 80) evidentemente proprio per porre il sigillo finale agli splendidi live della band tedesca, ed è proprio con Heavy Metal Breakdown che si pone la parola fine ad una prova assolutamente esemplare che rimarra per sempre scritta negli annali storico/musicali di questa splendida città che è Napoli.
Unico rammarico non aver potuto intervistare la band, nonostante abbia atteso fino all’ 1:50 quest’intervista preventivamente concordata (e meno male!).

Conclusioni.
Vorrei sentitamente ringraziare gli organizzatori dell’evento, Dino della delirioconcerti e Lino dei Marshall che hanno reso possibile tutto questo in una città arida da questo punto di vista musicale.
Il pubblico non è stato molto numeroso. Presenti oramai come sempre il solito manipolo di 10 o 15 idioti intenti in un pogo sfrenato (ah dove sei vecchio spirito live Heavy metal? Morto e sepolto) grazie al quale una povera ragazzina è rimasta contusa al volto. Come già accennato in precedenza, l’affluenza mi ha un po’ deluso, venivano i Grave Digger, mica l’ultimo gruppetto tedesco di turno. E’ strano pensare che in una città così grande quando a suonare sono gruppi beceri pseudo-rock si faccia il pienone e quando la storia del rock chiama davvero, ben in pochi si presentano.

I festival del Sud.
Sicuramente dopo l’Agglutination Metal Festival, il Magna Grecia Festival si sta affermando come il secondo evento live più importante del Sud Italia. Sul trono, nel complesso, resta ancora l’Agglutination, grazie ad un’esperienza annuale sicuramente maggiore e grazie ad un un giro economico sicuramente più elevato e che garantisce maggiore efficienza organizzativa. Esperienza che si tramuta anche nel rapporto con noi inviati di importanti (settorialmente) webzine. E’ infatti di tutt’altro stampo l’accoglienza riservataci sempre alle varie edizioni dell’Agglutination, dove, addirittura, ci veniva gentilmente offerto cibo e bevande, mentre al Magna Grecia non sono stato in grado di ottenere nemmeno un bicchiere d’acqua dall’addetto alla distribuzione di bibite, individuo che distribuiva bevande praticamente a tutti tranne che a noi (3 persone), tra l’altro unica zine presente nel backstage, un minino di buon senso sarebbe stato più gradito (ma magari sarebbe crollata la situazione finanziaria). A parte tutto devo dire che il Magna Grecia Festival si sta davvero affermando come l’unica manifestazione in grado di rivaleggiare ed intaccare (magari in un prossimo futuro) la supremazia dell’Agglutination. La sfida è aperta, ma di miglioramenti ne devono ancora esser fatti molti. Spero che il Magna Grecia cresca ancor di più diventando un appuntamento fisso con la città, anche se, una maggiore attenzione nei confronti del primo portale Heavy Metal italiano non sarebbe certo stata sgradita. Alla prossima edizione.

Vincenzo Ferrara