Mayhem – 28/04 (Milano) – report del concerto
La calata dei Mayhem in Italia ormai non è più, forse, un evento di quelli
memorabili nel metal estremo, dato che la band ha ormai da tempo abbandonato le
velleità da band di rigoroso “culto” per una maggiore apertura a
tutto quello che concerne il rapporto col pubblico: niente più tour in Germania
Est a bordo di treni merci, quindi, ma tournèe di vaste proporzioni ben
schedulate e condite da supporters scelti dal management. Resta il fatto che per
una band come la loro è impossibile non provare almeno una certa curiosità:
“originatori dell’oscurità nordica”, come li definisce il titolo del
disco-tributo a loro dedicato, i 4 norvegesi restano la colonna portante
di quello che è lo stile musicale più oscuro, profondo e mistico mai creato in
ambito metal.
Purtroppo i cambi di sound ed una certa ‘demistificazione’ della band dovuta
a trovate più o meno discutibili hanno effettivamente avuto un impatto negativo
sul pubblico: è evidente appena entro nell’Indian’s Saloon, dato che la sala
non è certo stracolma, anzi, e la quantità di gente presente non supererà mai
di molto la metà della capienza totale. Il contorno sembra essere quello tipico
del concerto di metal estremo, ma sicuramente non si respira quell’aria da
“evento” che avrebbe caratterizzato un live dei Mayhem sino anche a
solo pochi anni fa: pensate alla registrazione sempre in quel di Milano di
“Mediolanum Capta Est” ed avrete un quadro del tutto diverso da quello
di stasera, quanto a feeling e risposta della folla.
Ma andiamo con ordine: a dare il benvenuto ai primi accorsi, al contrario di
quello che sembrava qualche settimana fa, sono i giapponesi Defiled; un gruppo
black metal che mi è sembrato molto old-fashioned, specialmente nel modo di
porsi sul palco, e decisamente volonteroso: tutto il combo si impegna non poco
per coinvolgere il pubblico, ancora ridotto a 4/5 file davanti al palco, e
chiaramente fa quello che può, anche in rapporto al suo status di band ancora
semi-sconosciuta in Italia. Della musica purtroppo però non posso dire
moltissimo: l’amplificazione da palco è regolata malissimo, gli speakers sono
troppo in alto e chi, come me, si trovava direttamente davanti ai musicisti non
è riuscito a capire molto, se non che il black sound proposto dai 4 non ha
abbellimenti di sorta, nè arrangiamenti particolarmente complessi.
Ma il vero minimalismo arriva con la successiva performance dei Cadaver:
anche loro norvegesi, tornati al vecchio monicker dopo una parentesi col nome di
Cadaver Inc. ed una scelta d’immagine (felicissima a livello di marketing e di
raro humour nero, secondo me) volta a presentare la band come una ditta addetta
alla ‘sparizione’ di persone indesiderate…
Il sound da loro proposto è quello già presente sul disco Discipline, del
2001, e ripetuto anche sul nuovo Necrosis: un black tiratissimo, old-style come
pochi ma anche pulito e dai suoni compatti e moderni, che ha tra le sue fonti di
ispirazione la scena norvegese degli anni ’90 come certi Thorns, ad esempio,
esclusivamente per quanto riguarda la scelta sonora. La loro esibizione è
semplicemente tagliente come una lama: vero che inizialmente le composizioni
sembrano assomigliarsi un po’ troppo, ma il carisma del loro frontman e la
compattezza della band sul palco non possono che attirare l’attenzione del
pubblico, ormai ai massimi della serata quanto a numero. Gli occhi di molti, ed
i miei per primi, sono puntati sulla grande performance del batterista, Czral,
un vero mostro di velocità; non sbaglia un colpo, sorregge le ritmiche assurde
dei pezzi dei Cadaver e sostiene da solo metà del loro sound: assolutamente
perfetto. Insomma, da una band attiva dall’88 e con musicisti di DHG, Aura Noir
ed altri abbiamo la riconferma che la “vecchia guardia” nordica è dura
a morire…
E’ ora il momento degli headliners: la preparazione del palco da parte dei
tecnici non è brevissima, dato che viene preparata una scenografia essenziale
composta da croci (indovinatene l’orientamento) di ferro, ma soprattutto che
viene finalmente scoperto il drum-kit di Hellhammer: per averne un’idea,
immaginate quello di Pete Sandoval ed ampliatelo ulteriormente.
Ed il funambolico ed onnipresente batterista lo userà tutto: a partire dall’opener
Whore, song d’apertura dell’ultimo album, che scuote da subito la gente davanti
al palco col suo black tirato ed allo stesso tempo progressivo. L’entrata sul
palco della band del resto mostra come i 4 musicisti (anzi, questa sera 5: c’è
anche un chitarrista session non identificato) siano elementi da prendere
singolarmente, più che come un amalgama unico: ognuno ha il suo modo di
atteggiarsi, da quello glaciale di Maniac, a quello attento e professionale di
Blasphemer, a quello “trasandato” di Necrobutcher; il bassista entra
in scena addirittura con la sigaretta in bocca, suona con convinzione e tiene il
palco come pochi.
Si prosegue con estratti da un po’ tutta la ridotta discografia dei nostri: a
seguire è Fall of Seraphs, dal MCD “Wolf Lair’s Abyss”, a convincere
le prime file a lanciarsi nel pogo; la prestazione del cantante Maniac è
davvero incisiva, si nota chiaramente ul cambio di stile attuato con l’ultimo
album, che l’ha portato ad avvicinarsi allo standard black senza per questo
perdere in qualità, anzi. Da notare anche l’apporto di Blasphemer e
Necrobutcher alle backing vocals; ma già da questi primi 2 pezzi non si può
che restare ammaliati dalla bravura di Hellhammer, un batterista ormai prog
prestato alla musica estrema, che utilizza al 100% il suo strumento, senza una
minima imprecisione.
Con Carnage si fa un tuffo all’indietro, andando a ripescare
uno dei pezzi storici della band, eseguito ovviamente al top, e dove a dire la
verità la batteria triggeratissima fa una certa impressione: per vivere a pieno
lo spirito del pezzo non si può che guardare Necrobutcher, ormai del tutto
invasato. La folla si scatena, lo stage-diving è immediato: grande impatto per
un grande quanto semplice pezzo. Come simile sarà il responso della folla per
pezzi come Freezing Moon, la più recente Ancient Skin e
l’inno Deathcrush: per quest’ultima c’è naturalmente un vero
boato, già dal momento in cui viene introdotta con la classica apertura di Silvester
Anfang; tutta la band dà il massimo, con Maniac che dialoga a più
riprese con il pubblico e si lancia a strigere mani alle prime file.
Ma anche su pezzi decisamente più moderni, come View From Nihil Part III
(da “A Grand declaration of war”), Dark Night of the Soul,
In The Lies Where Upon You Lay ma soprattutto My Death
i Mayhem esprimono tutta la violenza di cui sono capaci, anche tramite
strutture complesse: è uno spettacolo vedere l’intro di un pezzo mediocre come “View…”
assumere una grande atmosfera con la sentita interpretazione di Maniac
nel recitare i versi iniziali… ma ancora migliore è l’effetto creato dai
fraseggi di chitarra, quasi doom, di Blasphemer su My Death, una
delle hit di Chimera: ed i cupi cori finali, incorniciati da un sistema
di luci finalmente sfruttato a pieno, sono da brividi.
Il finale della scaletta riserva al pubblico l’esecuzione di un altro grande
pezzo, quella Pagan Fears che cosituisce una delle tracce più
gelide di De Misteriis Dom Sathanas; purtroppo però qui è rovinata
dall’unico brutto episodio della serata: Maniac infatti lascia quasi
subito il microfono per avvicinarsi al pubblico e minacciare apparentemente una
persona, invitandola ripetutamente a salire sul palco per “risolvere la
situazione”…. una scena che da un professionista non ci si può
aspettare, neanche davanti alle provocazioni. Si sa che l’indole del personaggio
non è mai stata tranquilla, ma credo che anche agli altri sarebbe piaciuto
sentire eseguire degnamente una canzone storica.
Resta il fatto che la band riesce a chiudere lo show, dopo una breve pausa,
con la riproposizione di quella Pure Fucking Armageddon che resta
immancabile nei loro spettacoli, e che demolisce definitivamente le ultime
resistenze delle prime file: ormai è impossibile sottrarsi alla pressione del
pogo, e la band lascia il palco ringraziando i presenti visibilmente
soddisfatta.
Nel complesso un concerto davvero valido, quindi, dove il valore dello show
è stato proporzionale all’importanza e notorietà di chi ne era protagonista:
se i Defiled sono comunque riusciti a incuriosire e si sono dimostrati
(anche dopo la loro esibizione) simpatici e disponibilissimi, conferme arrivano
da Cadaver e soprattutto Mayhem, una band che ormai sembra aver
ritrovato una propria via a dispetto delle tante critiche piovutele addosso in
seguito a scelte discutibili ma sicuramente coraggiose. Peccato per la scarsa
affluenza, ma del resto lo stesso Blasphemer ha dichiarato che i Mayhem
“li si ama o li si odia”… e molti hanno cambiato schieramento
ultimamente.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Setlist:
– Whore
– Fall of Seraphs
– Carnage
– View From Nihil Part III
– Dark Night of the Soul
– Ancient skin
– Silvester anfang
– Deathcrush
– Freezing Moon
– In The Lies Where Upon You Lay
– My death
– Pagan fears
– Pure Fucking Armageddon