Node, Dystopya, Dying – live report

Di Alberto Fittarelli - 15 Novembre 2006 - 11:12
Node, Dystopya, Dying – live report

Report a cura di Nicola ‘nik76’ Furlan

27 ottobre 2006, Rock Club (Ronchi dei Legionari – Gorizia): Dying, Dystopya e Node si esibiscono sul palco davanti a un pubblico
ristretto, ma che ha risposto bene al clima che le band hanno saputo creare
e alle sensazioni che hanno saputo infondere. Acustica impeccabile e
buonissima birra a prezzo popolare (almeno un locale in Italia esiste!) gli
ingredienti che hanno contribuito a rendere il venerdì sera una serata ad
alto rendimento metallico.

DYING

Arrivo tardi e i pezzi dei brutallers Dying già stanno triturando il
locale. I pezzi che suscitano coinvolgimento per velocità ed aggressività
espressiva ci sono, ma scarseggiano in tiro e brutalità come invece ci si
aspetterebbe. I blast al drumming sono incalzanti e metronomati al punto
giusto però troppo incisivi, plasmandosi di fatto troppo spesso ad un
fruscio soffocato dalle distorte e pesanti ritmiche proposte. I punti forti
espressi nella loro prestazione sono le rabbiose e sparate core che ogni
tanto vengono inchiodate qua e là, ma manca ancora qualcosa per poter
lasciare memoria di loro. C’è ancora un bel po’ di strada da fare anche, se
ad onor di prestazione, una valutazione distinta va all’axeman e singer per
il coinvolgimento artistico che è riuscito a trasmettere, unitamente
all’esecuzione precisa delle guitar parts.
Rimandati.

DYSTOPYA

Salgono sul palco per secondi i milanesi Dystopya. La band si presenta con
una prestazione esplosiva, nata da ceneri di Panteriana memoria. Luca
Gherardi graffia le canzoni con un cantato atteggiato all’Anselmo style
senza sfigurare. Lode a Ivan Leone per la perfetta esecuzione alle 6 corde,
ordinaria e precisa la prova sui comparti ritmici di Marco Mattioli ed Elio
La Greca. Notevoli quantità di corrosiva emotività vengono scaricati
dall’ugola di Luca soprattutto durante l’esecuzione di Domination con tanto
di dedica al compianto artista ispiratore Dimebag Darrell. La scaletta
proposta estrapola molto dall’ancora anonimo full-lenght di prossima uscita
eccezion fatta per alcune tratte dall’EP “Alameida” e per il capolavoro di
“Cowboys from Hell”. Una band che ha saputo mostrare se stessa per quello
che poteva dare lasciando tutti con una bella carica di post thrash
adrenalinico nelle vene. Da vedere assolutamente.
Promossi.

Setlist:
As Moths
Moon’s Crying
Timanfaya
Dystopya (Alameida EP)
Fog of Fear (Alameida EP)
P.I.L.
Domination (Pantera cover)
Alameida

NODE

Chi non ha mai visto i Node su un palco alzi la mano, beh, se avete il
braccio proteso al cielo tiratelo giù e dirigetelo verso la tastiera del pc
e, usufruendo di un motore di ricerca, trovate il posto più vicino a casa
vostra per andare a vederli. La band è una vera macchina da palco.
Estremamente convincenti sotto tutti i punti di vista ed in grado di tenere
la scena impeccabilmente dall’intro alla closer senza un minimo di
inflessione. Il combo sfoggia una chicca tecnico/artistica dietro l’altra, a
tratti ricordando le prestazioni di mostri sacri quali Meshuggah. Il
bassista Klaus è veramente da applauso.
Dalle travolgenti intelaiature ritmiche di Redrum, ai bagliori esplosivi dei
nuovi pezzi quali Hellywood. Il singer spacca tutto con Cancer scaldando
finalmente un pubblico più meditativo che partecipe. Dalle marcate
puntellature post-thrash di Shotgun Blast Propaganda alla violenza della
titletrack dell’ultimo full-length As God Kills che coinvolge ormai tutto il
pubblico in dinamici headbanging. Gente che riesce davvero a tirare fuori la
rabbia attraverso note e parole quando l’axeman D’Eramo innalza l’onore
dell’underground italiano criticando l’oggettiva difficoltà ad emergere sul
suolo italiano con un “…allora si lavora, si suona e vaffanc**o”. Una band
che prova che lo smalto faceva già parte del proprio corredo genetico alla
riproposizione di Children, brano di decennale esistenza, ma di vivissimo ed
intaccabile headbanging feeling. Gesta tecniche che sfiorano il jazzing su
Jerry Mander, tanto da chiedersi se dietro quelle pelli ci sia un certo
Marco Di Salvia e non una combinazione clonata di Portnoy ed Haake. Saluto
con Das Kapital marcatamente ricercata nelle sue strutture velatamente prog
per il genere che pian piano questa band si sta ritagliando e che merita
davvero considerazione. Se è in parte vero che la bravura si misura
soprattutto in sede live qui ne avremo da goderne per un bel po’. Fortunato
chi c’era, fortunato chi ci sarà. Le parole o i riassunti non rendono, è il
consiglio più sincero che possa darvi al momento.
Promossi con lode.

Setlist:
Intro Redrum Old Nick Watcher of a Failed Generation Hellywood
Cancer Shotgun Blast Propaganda
As God Kills
Through Fail and Foul
History Seeds
Children
Outpost
Jerry Mander
Das Kapital