Report: 27/11 Rage a Reggio Emilia
Nel tour di celebrazione di 20 lunghi e produttivi anni di carriera i Rage arrivano a Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia, per la terza e ultima data della parentesi italiana. Ad accompagnarli Rain e Deadsoul Tribe.
RAIN: Dopo una piccola odissea nella nebbia padana e una lunga attesa alla cassa per problemi organizzativi, al mio arrivo i Rain sono già sul palco. Fortunatamente la band ha iniziato da poco più di un paio di minuti e posso così godere quasi a pieno dell’heavy energetico del combo bolognese che come da copione, nonostante il poco tempo a disposizione, riesce ad accattivarsi simpatie e supporto dei (ancora pochi) arrivati al Tempo Rock. Una toccata e fuga di una venti minuti che non delude nessuno e riesce a dare la solita buona impressione delle capacità in sede live della band emiliana. Peccato per l’assenza del singer Tronco, comunque rimpiazzato egregiamente dal giovane Alessio Amadio.
Setlist: Headshaker, Energy, Heavy Metal, Only For The Rain Crew, Yellow Putrefaction, Rocker Ram, Born to Kill.
DEADSOUL TRIBE: Non conoscendo niente della band in questione mi appresto a seguire la loro esibizione abbastanza incuriosito, ma presto la curiosità diviene prima noia e poi delusione totale. Ritmi lenti e riff monotematici che si mescolano in una lagna ripetitiva e soporifera. Come me pare pensarla anche il pubblico che rimane impietrito, immobile e annoiato di fronte al palco, procedendo col conto alla rovescia e sperando che capitan Peavy Wagner giunga presto a salvarli. Decisamente fuori luogo tra due band che viaggiano su canoni decisamente classici e alte velocità.
RAGE: Dopo un intro che tanto suona da promo per un colossal cinematografico i Rage arrivano sul palco e mostrano subito di avere intenzioni serie con un’accoppiata micidiale di pezzi come il vecchio capolavoro Don’t Fear The Winter e la nuova Great Old Ones. Pubblico caldo e pronto a partire per una carrellata attraverso gli ultimi anni della band con pezzi più o meno recenti come le title track Black In Mind e Soundchaser o Down. I suoni non sono perfetti ma i Rage sono come al solito un fiume in piena, e nonostante un paio di cali alla voce di Peavy (chi non ne ha?!) lo show arriva alla strumentale Unity dove Victor Smolski mette in mostra le sue doti tecniche per poi lasciare spazio e palco al solo di Mike Terrana. Una decina di minuti in cui il drummer devasta la povera Premier finita tra le sue grinfie, concedendosi anche un paio di prestazioni canore. Peavy Wagner e Victor Smolski tornano e c’è tempo per un siparietto con ancora protagonista prima Mike Terrana che si mette a correre per il palco con una mantellina grigio fluorescente a mo’ di supreroe definendosi “Il batterista più sexy del mondo”. Il pubblico apprezza e tocca a Wagner scherzare, così il singer spiega la ragione per cui la bionda cresta di Terrana ha lasciato da tempo gli US… “per via del presidente” e proprio a Bush il padre dei Rage dedica la seguente splendida Set This World On Fire. Tra un tuffo indietro alla bellissima Sent By The Devil e episodi più attuali si arriva a un’altra coppie di gemme vecchio stampo con la granitica From The Cradle To The Grave e Firestorm a chiudere il set. Qualche istante ed ecco l’encore con War Of Worlds e il rito conclusivo Higher Than The Sky.
I Rage hanno dimostrato per l’ennesima volta di saperci fare alla grande, grazie a tanto affiatamento e a una grande voglia di suonare. Hanno dato vita a un bellissimo spettacolo che ha soddisfatto a pieno il pubblico e per l’ennesima volta hanno reso noto quanto meritino il successo, il seguito, gli spazi e i tempi che vengono riservati alle grandi band.
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini