Report Bathory Tribute 21-11-04 presso Sitting Bull/Defender di Certosa di Pavia
“Under the Sign of the Black Mark Night” – Questo il nome del tributo alla storica band svedese che ha visto luce domenica 21 novembre 2004 al Sitting Bull/DEFENDER di Certosa di Pavia per commemorare la morte della mente del celebre gruppo, Quorthon, vero leader incontrastato del genere, fondamentale per l’apporto dato al mondo del metal. Per la particolare occasione sono stati chiamati alla partecipazione quattro tra i gruppi più significativi della scena black metal italiana odierna: Frostmoon Eclipse (La Spezia), Black Flame (Torino), The True Endless (Novara) e Fearbringer (Parma). Per motivi interni, i “Frostmoon Eclipse” non hanno potuto prender parte all’evento e al loro posto, con soli due giorni di anticipo è stata invitata un’altra band di Torino, gli “Unholy Storm”. Ma iniziamo a descrivere nei dettagli una delle migliori serate black della storia del celebre locale metal/rock pavese.
Ad aprire la serata alle ore 20.20 ecco gli Unholy Storm, band torinese composta da tre membri (Negatium Corporis – basso e voce, Nebiros – chitarra, Shadowmaster – batteria) che si è esibita per meno di 30 minuti proponendo un discreto black metal. Non avendo potuto preparare in tempo nessun pezzo dei Bathory per l’evento, dopo l’improvviso ritiro dei Frostmoon Eclipse, i tre torinesi hanno presentato sei brani propri, caratterizzati da diversi e complessi cambi ritmici, componenti pagane, stacchi acustici, intermezzi melodici e ottimi riffs/temi di chitarra, trasmettendo la violenza più pura del black grezzo, ma attenuandola professionalmente senza risultare eccessivi o stancanti. Al momento gli Unholy Storm stanno registrando il primo demo, in cui saranno inserite le canzoni mostrate al tributo di domenica: tra queste è convincente in particolare “Pagan Tears”, composta da una contrapposizione tra parti sostenute e pause atmosferiche. In generale la band è tecnicamente abbastanza matura, ma le difficoltà a mio parere sorgono nell’ambito dei testi e del cantato, che dovrebbero essere perfezionati in futuro, anche in sede live. Nonostante il pubblico non sia stato molto caloroso, la prestazione è apparsa sicuramente buona, considerando la tempestività con cui hanno risposto positivamente per lo spettacolo.
Secondi a salire sul palco del Sitting Bull/Defender sono stati i concittadini degli “Unholy Storm”, i “Black Flame” (Cardinale Italo Martire – voce e chitarra, Serpentrax – basso, m:A Fog – batteria), reduci dalla recente pubblicazione del full lenght “Torment and Glory”. Pur essendo certamente più esperti dei precedenti, hanno avuto alcune carenze stilistiche durante il concerto, nonostante l’ottima prestazione tecnica, inserendo vera ferocia e violenza nei riffs insostenibili suonati.
Le note convincenti della loro esibizione sono stati indubbiamente i tre pezzi dei Bathory (“Possessed”, “The Stallion” e “The Rite Of Darkness”), rivisitati musicalmente dai tre e interpretati in maniera convincente.
Penetrante la voce in screaming, deliranti i riffs di batteria: questi sono i due elementi fondamentali del sound dei “Black Flame”, che si dimostrano padroni incontrastati del palco e del pubblico nella prima parte della serata. Terminata la loro buona performance di 45 minuti, è toccato ai novaresi “The True Endless” deliziare i padiglioni auricolari dei presenti.
La band, composta di quattro elementi (basso, chitarra, voce e batteria), propone un buon Raw Black diretto e potente, inframmezzato da mid-tempo che non fanno altro che aggiungere profondità e spessore alle canzoni. Colonne portanti del gruppo sono stati sicuramente il batterista, un vero mostro, ed il cantante, che, anche se aiutato da un effetto che distorceva la voce, si è fatto valere in più di un’occasione. Ovviamente un gruppo così non poteva che suonare canzoni dell’epoca Black dei Bathory: e infatti hanno eseguito due fantastiche cover di “Raise The Dead” e “Woman Of Dark Desires”, in cui ho davvero molto apprezzato il riadattamento vocale del cantante, assai più estremo di quello cantato da Quorthon. L’unica parte del loro concerto che non mi ha convinto appieno è stata la cover di “Home Of The Once Brave”; mi sembra che usando il growl abbiano travisato lo spirito della canzone facendole perdere tutta la sua maestosa epicità. L’unico difetto che posso trovare nella loro comunque molto buona performance è un certo senso di vuoto che si avvertiva durante tutta l’esibizione, che, secondo me, sarebbe colmato appieno dall’uso di una seconda chitarra. Molto bravi in ogni caso.
Ma sia gli “Unholy Storm” che i “Black Flame” che i “The True Endless” non reggono il confronto con il gruppo (o forse dovrei dire il personaggio) che è stato l’indiscusso dominatore della serata; “Fearbringer”. Non avevo mai sentito niente di questa seppur –relativamente- famosa one-man band, ma subito dopo il concerto non ho potuto fare a meno di precipitarmi al banchetto ad acquistare “Le Notti Del Peccato”. Le canzoni in sé sono già molto belle, sentite, drammatiche, ma dal vivo acquistavano un fascino ed un potere d’attrazione veramente notevole e non da tutti. Tutto questo per non parlare dell’incredibile carisma del Fearbringer, un ragazzo a cui non avresti dato un centesimo, prima di vederlo in azione. Ma imbracciata la chitarra, si è rivelato per quello che realmente è: un animale da palcoscenico, senza mezzi termini. Ha retto lo show in maniera sopraffina, catturando l’attenzione dei presenti e coinvolgendo l’intero locale da subito. Come se non bastasse, a mio parere è l’unico ad aver compreso lo spirito della serata: nessuno di noi era lì per sentire le nuove leve del Black italiano, per scandagliare nell’underground in cerca di qualche chicca. Eravamo lì per rendere il nostro doveroso omaggio ad una delle menti più geniali dell’intero movimento Metal, Quorthon, scomparso troppo presto e troppo velocemente perché ancora oggi non si senta terribilmente la sua mancanza. E questo “Fearbringer” l’ha capito immediatamente. Ha cominciato suonando un’eccellente versione di “Call From The Grave”, e ha continuato con una versione altamente evocativa di “The Lake”, dimostrando agli astanti di avere una voce pulita straordinariamente epica e visionaria. Dopo gli altri pezzi tratti dal progetto “Fearbringer” e dagli altri mille gruppi di questo poliedrico artista (l’Armata di Carona, “Tunguska”…), il cui migliore resta secondo me “Le Notti Del Peccato”, davvero trascinante, la serata si è chiusa con un commovente rifacimento di “A Fine Day To Die”, che ha coinvolto tutti i presenti, nessuno escluso, stregati dalle immortali note di Quorthon e dall’innegabile presenza scenica del “Fearbringer”.
E’ stata una serata commovente, senza dubbio. Chissà se Quorthon poteva sentirci, chissà se si è fermato un attimo nel suo infinito viaggio per ascoltare quello che dei poveri mortali sono riusciti a mettere insieme per rendergli omaggio. Chissà se tutto questo gli avrebbe fatto piacere, lui che non era certo tipo da celebrazioni ed elogi, lui che per primo scherzava sulla sua fama da satanista “cocksucker of Odin”… certo è che non ti scorderemo mai, Thomas, e serate come quelle di domenica scorsa sono la prova tangibile di quanto hai fatto per tutti noi, nel corso della tua vita. Una volta di più, Grazie.
Hail To The Hordes!
Edoardo “Opeth” Baldini
Alberto “Olaf” Sansone
foto di Mario Munaretto – elaborazione web di Alex “Engash-Krul” Calvi