Report concerto dei Wine Spirit del 15/11/2002
GALLIATE (NO) – HALF & HALF
Ore 22.30: mettiamo a nanna i nostri bambini e ci avventuriamo, con un pick up veramente “rock”, alla volta di Galliate, sulle rive del Ticino; siamo in quattro e abbiamo appuntamento con il grande Fabrizio Fratucelli, chitarrista dei “60/70” nonché del “Project” omonimo, venuto appositamente da Torino per assistere ad un concerto dei Wine Spirit.
Ci incontriamo sotto un diluvio di carattere universale, ma i veri rockers – si sa – sono inarrestabili: we rock! Arriviamo all’Half & Half e incontriamo subito Alberto Bollati (bassista dei Wine Spirit), il quale accompagna me e Fabrizio nel backstage, proprio mentre Graziano Demurtas (il mitico Conte, lo strepitoso guitar-hero) e Corrado Ciceri (il drummer tostissimo e simpaticissimo) si stanno dedicando al rituale warm-up, scaldandosi le dita e i polsi prima del concerto. Così abbiamo modo di fare due chiacchiere con loro in tema di musica, sullo scenario attuale, sui programmi della band ecc., e Fabrizio può anche scambiare alcune opinioni di carattere tecnico con il suo “collega”.
Dopo una buona mezzoretta lasciamo i ragazzi al loro lavoro e ritorniamo in sala, dove il pubblico (che non manca mai agli show dei Wine Spirit) a poco a poco sta occupando i posti a disposizione. Ci gustiamo l’immancabile birra nell’attesa dell’inizio del concerto.
Verso mezzanotte, la voce del disc-jockey annuncia la comparsa dei nostri eroi. It’s time to rock!
Il primo pezzo è lo sferzante “Off my Head”, che fa parte di “Bombs Away”, il primo album dei Wine Spirit prodotto da Frontiers Records, che finora ha registrato un buonissimo volume di vendite. Purtroppo l’acustica non risulta delle migliori, ma il sound dei Wine Spirit non tradisce mai, è solo questione di abituare l’orecchio.
Segue “Voyager”, un altro brano tratto dal primo album, molto granitico e ben costruito, con ottimi intrecci armonici in cui il Conte dà il meglio di se stesso. Mi gusto in pieno l’assolo, che giudico il più bello, il più ricco, il più originale, insomma quello destinato a rimanere più scolpito nella mente, di tutto l’album.
È ora la volta di “Wheels of Steel”, in omaggio agli inossidabili Saxon, un vero inno per tutti i bikers rockettari: chiudi gli occhi e ti senti il vento in faccia, col rombo del motore sotto di te che sprigiona tutta la sua potenza. Vedo i ragazzi molto ispirati: c’è davvero tanto feeling in quello che fanno, ed è per questo motivo che li seguo con immutato calore fin dal 1996, anno del loro esordio “in pista”.
Dopo questo salto in una dimensione onirica, veniamo bruscamente riportati alla realtà con un riff molto familiare: sono le note della immortale “Long Live Rock and Roll”, sparate con grinta e decisione; lo sguardo d’intesa e il sorriso che ci scambiamo io e Fabrizio sta a sottolineare che abbiamo colto l’impronta decisamente “heavy” di questa esecuzione, di puro ed inconfondibile stampo Wine Spirit.
“Damned Clockstroke” ci introduce nell’atmosfera tipicamente “hard and heavy” caratterizzata da una base ritmica impressionante, condita dai sapienti accordi del Conte: anche qui si avverte veramente il marchio dei Wine Spirit.
Ma il ritmo è destinato ad aumentare ancora: ormai siamo tutti belli caldi, soprattutto i palmi delle mani; ed allora eccoci “Proud to be Loud”, sparato a tutta velocità. Le nostre orecchie, in verità un po’ martoriate, ora si sono abituate e possiamo distinguere bene i suoni ed apprezzare ancora di più la performance dei nostri amici. Qualcuno mi fa notare la splendida tecnica di Alberto “el Guapo” Bollati, ed in effetti riconosco che mi pare ogni volta più bravo e trascinante!
Proprio Alberto introduce ora una canzone del Madman per eccellenza, ossia la bellissima “Crazy Train” di Ozzy Osbourne. Il riff del Conte, scandito dalle martellate di Corrado, ci riporta indietro negli anni, ai tempi sfarzosi della band di Ozzy con l’indimenticato (e indimenticabile) Randy Rhoads; anche qui i ragazzi riescono a dare la loro impronta e, a parte la simpatia che ispirano a vederli sul palco, bisogna riconoscere che ci mettono l’anima e si vede!
Il Conte ci presenta un altro pezzo scritto da loro in onore di un leggendario chitarrista, ed il titolo non necessita di ulteriori spiegazioni: “Orangutangus”. Il sound della band si fonde con quello tipico ed inconfondibile degli AC-DC, in un magico connubio che pervade tutta la platea suscitando una meritatissima ovazione.
Il Conte ci introduce ora un altro tributo ad una band che ha segnato la storia del Rock; si tratta della suggestiva “Wasted Sunset”, unica canzone non scritta dai Wine Spirit presente sull’album “Bombs Away”. Il Conte la dedica a Fabrizio Fratucelli, segnalando così la presenza in sala del leader dei “60/70”, il nostro Man in Black tricolore. E gli applausi si intrecciano con le prime note di questo stupendo brano, eseguito con intenso feeling e straordinario gusto e calore, specialmente negli strepitosi assoli di chitarra, capaci di farci letteralmente drizzare i peli e di suscitare grandi emozioni in tutti noi, irriducibili amanti del buon vecchio sano e genuino hard rock.
Arriva poi il momento dell’inno divenuto ormai famosissimo, avendo varcato addirittura i confini nazionali: è la pomposa title-track “Wine Spirit”. Trascinati dagli accordi per noi più che familiari, cantiamo tutti il ritornello in un crescendo di entusiasmo, lasciando che le robuste cannonate ci attraversino da parte a parte: “there’s Wine Spirit”!!!
A questo punto Corrado “CC Nail” e Alberto “el Guapo” lasciano il palco e il Conte imbraccia la sua acustica: siamo tutti in attesa della consueta performance per venire deliziati dalle cascate di note del Volo del Calabrone, dell’Adagio di Albinoni o di chissà quale altro pezzo, interpretato con stratosferica maestria dal nostro guitar-hero. Purtroppo, a causa di qualche imbecille rumoroso oltre i limiti, non ci è possibile godere fino in fondo l’esecuzione; noto una sinistra luce negli occhi del Conte, il quale (chiaramente infastidito dall’interferenza) raccoglie lo scrosciante applauso da parte del pubblico “sano” ed attacca con “Sailing Ship” del grande David Coverdale.
Dopo questa splendida canzone, che ha descritto come al solito una intensa escalation di sound e di emozioni (e, per i più sensibili, un po’ di pelle d’oca), siamo tutti belli carichi di energia e i ragazzi sul palco lo avvertono pienamente.
E così’ i nostri tre musicisti ci regalano una scoppiettante ed incazzatissima “Breaking the Rules”, nella quale ci sfoghiamo a cantare il ritornello a squarciagola!
E’ il momento di Alberto Bollati, che incanta tutti con la sua personalissima esibizione. Vorrei spendere due parole a questo proposito: come già detto in precedenza, l’Alberto mi pare ogni volta più bravo e, in effetti, anche in questa occasione non tradisce le attese. I miei amici sono esterrefatti, Fabrizio sorride compiaciuto. Questo “bass – solo” è un trionfo di tecnica e di velocità, senza però dimenticare il particolare gusto che emerge da questi giri vorticosi che si rincorrono aumentando il ritmo a più non posso; eh, caro Alberto, tu non sembri proprio appartenere a questo pianeta!!!
L’entusiasmo del pubblico è davvero indescrivibile: a tanto è arrivato il magico basso del Guapo! Tra gli applausi che sembrano non finire mai il Conte invita tutti davanti al palco, condizione essenziale per continuare a suonare. Non ci facciamo pregare, ed eccoci tutti lì in prima fila, a diretto contatto con i nostri eroi che non mollano mai.
La band ci regala “Thunderstruck”, ritmata dal battimani del pubblico e tutti ci ritroviamo a urlare “thunder!” in una esplosiva miscela di vero heavy metal di marca AC-DC.
Visto che siamo così caldi e partecipi, veniamo ancora gratificati con “Highway to Hell”, in cui possiamo cantare e saltare come tanti invasati assatanati di musica.
Con un finale “rossiniano” il concerto si conclude e i nostri meravigliosi amici se ne vanno, dopo aver dato il cinque ai kids delle prime file, con la loro innata e consueta simpatia.
Che posso dire? Prendendo spunto dal mio idolo di sempre, Ronnie James Dio, il miglior complimento sincero per i Wine Spirit, che proviene direttamente dal mio cuore, è: YOU ROCK !
Alla prossima!
Marcello Catozzi