Report concerto Satyricon
Era una serata per soli blackster? Inutile negarlo, no. E’ stata una serata magnifica? Senza dubbi sì. Il Transylvania ha ospitato due gruppi con una cosa fondamentale in comune: la voglia di suonare per soddisfare chi era sotto il palco. Una voglia che traspariva in ogni sequenza dello show, e che è stata trasmessa con poche scenografie e tanta tanta sostanza. Esattamente quello che ci si aspettava da una leggenda come i Satyricon. I Khold hanno il titanico compito di aprire davanti ad un pubblico molto esigente, e lo fanno a mio parere in maniera impeccabile. La risposta e la partecipazione non sono altissime, salvo un gruppetto di fan tra le prime file, ma questo è abbastanza scontato per due motivi. Innanzitutto pochi conoscono la band norvegese (se non di nome) e dunque pochi hanno modo di godersi a pieno l’esecuzione; poi c’è la scelta dei pezzi da proporre, che certo non è stata fatta in maniera “ruffiana”. Rinunciando ad un live set come quello che li aveva visti impegnati poco meno di un anno fa, la band sceglie quasi esclusivamente i brani più lenti del proprio repertorio. L’impatto è molto pesante, degno dell’approccio old-style che caratterizza i loro lavori in studio, e come tale non da modo a chi non li conosce di esaltarsi. Spiacevole perchè secondo me il loro è stato un ottimo modo di presentarsi per quel che sono, contornato da un’esecuzione minima ma impeccabile e da una presenza scenica ancora una volta basilare ma sicuramente forte. Dopo questa ennesima prova, posso solo augurarmi che il tempo gli renda giustizia e che alla prossima apparizione dalle nostre parti siano di più i fan sotto quel palco a godere della loro ottima musica.
All’igresso dei Satyricon i fan hanno modo di sfogare tutta la loro ansia per l’attesa; un’attesa ben ripagata da un live show grandissimo e soddisfacente anche come durata (e non dite che è un aspetto secondario…). La scelta dei pezzi cade quasi interamente sull’ultimo Volcano, l’album più discusso dell’ultimo anno. Satyr fin da subito instaura un certo rapporto col pubblico, che reagisce positivamente ad ogni suo incitamento; e il primo vero momento di estasi arriva quasi subito, quando ad essere annunciata è “Nemesis Divina”.
Certo, i loro ultimi lavori hanno influito notevolmente sul pubblico presente; lo stesso si può dire del loro approccio sul palco, radicalmente diverso da quello di qualche anno fa. Nessuno si aspettava più scene di misantropia (come Satyr che si ferma perchè non vuole i cori mentre suona…) o distacco totale dai fan; l’unico a rimanere fedele a tale immagine è il buon vecchio Frost, che oltre a mostrarsi in un’esecuzione veramente pazzesca, riesce anche a riportare su quel palco un po’ dei Satyricon della vecchia era.
Prima o poi doveva venire questo momento, che avrebbe soddisfatto la mia curiosità; sto parlando di “Fuel For Hatred”… La reazione del pubblico presente certo non sembra rispecchiare i tanti commenti sentiti su questa canzone, visto che per tutta la sua durata si scatenano poghi sparsi e che le prime file sembrano essere quasi impazzite. A favore di una simile reazione di sicuro anche la natura molto diretta della canzone, perfetta appunto per un live. Bellissima piuttosto “Repined Bastard Nation”, che quasi arriva a sciogliermi con i suoi arrangiamenti in continuo contrasto con il nuovo suono della band.
Ma quella che per me è stata la vera chicca della serata, tanto inaspettata quanto eccitante, è stata “Blessed From Below” (tratta dal mcd Intermezzo II). Incredibile come si sia saputo riportare dal vivo un’atmosfera così particolare e suggestiva come quella che il brano suggerisce su cd; il pubblico quasi si immobilizza e in certi tratti si vive una situazione di irrealtà, sostenuta dalle galleggianti note della canzone più anomala che il gruppo abbia mai scritto.
Una conclusione indimenticabile è quello che ci regala la band norvegese. La lunga carrellata verso la fine parte con “Havoc Vulture”, il cui ritornello quasi marziale è cantato a squarciagola da praticamente tutto il pubblico presente. Da questo brano emerge tutta la bravura (che d’altronde non necessitava di conferme) che Frost ci aveva fatto conoscere con le ritmiche forsennate di Rebel Extravaganza. Tripudio vero e proprio per “Hvite Krists Dod”, che ci riporta indietro negli anni se pensiamo alla discografia, e nei secoli se ci abbandoniamo alla musica… Riproposta con grandissima classe, in una versione fedele all’originale soprattutto nell’attitudine, non lascia indifferente nessuno dei presenti per la sua bellezza.
La vera e propria conclusione non è certo una sorpresa, ma ciò non toglie nulla all’emozione del sentire annunciare l’immortale “Mother North”: sicuramente il brano più famoso mai scritto dal duo Satyr-Frost, senza dubbi tra le loro punte di diamante, si dimostra degna a distanza di anni di essere considerata un classico del black metal. Passando tra parti atmosferiche e altre più tirate, scatena un vero delirio tra la folla, che certo attendeva questo momento con un ansia assolutamente giustificata. Insomma, un gran finale per un gran concerto, meritevole di lode in ogni suo attimo.
Una serata nella quale i Satyricon hanno sicuramente voluto rendere omaggio al loro ultimo album, nel quale evidentemente credono molto, e che dei lavori precedenti ha toccato solo i pezzi forti (a parte Dark Medieval Times, praticamente escluso per intero salvo un assaggino ad inizio spettacolo). Per chi come me adora Volcano non esistono veramente motivi per lamentarsi; per tutti gli altri, una considerazione obiettiva è d’obbligo, in quanto a prescindere dai pezzi il gruppo ha saputo dare una prova assolutamente convincente e fuori dall’ordinario. E’ spontaneo comunque un sentimento di nostalgia, perchè una serata come questa non può non essere l’ennesima conferma di un allontanamento sempre più evidente dal passato; che il presente sia comunque roseo non basta certo a far dimenticare quello che i Satyricon sono stati, ossia una leggenda che nessuno potrà mai dimenticare.