Report: Daffogo! Metalfest 2005
Evento: Daffogo! Metalfest 2005
Report: Giorgio Vicentini
Foto: Veronica Mariani
Location: Teatro Tenda Estravagario – Verona
Prima assoluta per il sottoscritto al Teatro Tenda Estravagario, che avevo frequentato più di una volta per le fiere del disco ma che conoscevo soltanto di fama come luogo di concerti. Stimolante il programma che riserva nomi sconosciuti o emergenti (Shining Fear ed Eviscerate), altri affermati tra gli intenditori (Mind Snare), altri ancora ben più famosi quali Stormlord e gli storici Necrodeath.
Dopo un breve check di routine aprono i giovani Shining Fear, dispersi su un palco troppo grande per la loro presenza scenica tutta da affinare. Purtroppo, sia l’aria del teatro (fredda) che l’audience (scarso) non aiutano di certo il quartetto che con passione ed impegno si lancia in un classico gothic con voce femminile che in più d’un momento ricorda i Nightwish ma senza averne potenza e capacità (ovviamente). Esecuzione non proprio certosina, una chimica generale sufficiente per ora ma da perfezionare in futuro, pezzi dalle strutture spesso elementari ma di buona presa. Ottima la base di partenza della cantante, con una timbrica piacevole e melodiosa (Tarja docet) che non teme i momenti canori impegnativi dai quali ricava quasi sempre un buon risultato, ma restando decisamente senza fiato tra un pezzo e l’altro. Una prestazione positiva che si è lasciata ascoltare piacevolmente grazie anche alla bontà del genere stesso, che non adoro ma che male non fa. Sinceri e mi auguro anche in crescita per il futuro in fatto di personalità a 360°.
Altro mini check, qualche timido figuro in più tra la folla ed arrivano i bresciani Eviscerate, per i quali non nutrivo grosse speranze avendo sentito qualche sample… in tempo zero mi sono preso un sonoro pugno sul grugno che mi ha sbattuto a terra! Semplicemente grandiosi ed altrettanto semplicemente non erano il gruppo che credevo io, della serie “provaci ancora Giorgio”. Swedish death/thrash feroce, potentissimo, tecnicamente misurato ed efficace. Una sorpresa per il qui presente che si è sentito in obbligo morale di procurarsi il loro mini appena uscito ed intitolato Shadow out of time, dal quale sono stati estratti dei brani.
Troppo facile ed immediato ascoltarli e “scapoiare” tra accordature potenti, cambi di tempo, break stoppati e facce truci dell’ottimo cantante/chitarrista dallo scream graffiante e sicuro. Brani variegati tra violenza e melodia, impreziositi da assoli gustosi dell’altro chitarrista e sporadico corista (la cui voce era spesso coperta). Convincenti basso e batterista “cabarettista”, sicuro tecnicamente e ricco di espressioni comiche per gasarsi e vivere i pezzi, ma disperso solo-soletto dietro il suo strumento in una angolo del palco (come tutti i drummer delle band minori). Direi che notevoli è la parola che più calza, affiatati (suonano dal 1996) ed accattivanti grazie alla presenza del frontman. Peccato per il problema tecnico/audio all’amplificatore della seconda chitarra, motivo di leggera defaiance recuperata facilmente.
Energici, da sentire altre mille volte e più, olè!
Terza pausa, bar pieno all’entrata e platea che inizia a riempirsi per i Mind Snare, alfieri storici del death metal italiano in american style. Un set all’insegna della possenza e del buio che cala inesorabile sulle ali della musica distorta, cupa e dall’alone magmatico. Buoni pezzi, classica la strutturazione delle composizioni che in qualche frangente risente dei limiti tipici dell’essere old style; granitici i break rompicollo ed immancabili le sfuriate ultra fast. Per loro cd in uscita ai primi di febbraio 2005 ed intitolato From blood and dust.
Non eccelso il suono della chitarra, troppo aperto per i miei gusti, giustamente settato per fare “volume” (sono un terzetto) ma impastato e poco preciso, lasciando l’impressione che Chris Benso fosse fuori tempo…e in alcuni momenti lo è stato a mio parere. Tra tutti, do la palma di migliore a Gigi Casini, frontman che cerca ed ottiene la carica dall’audience, direttore d’orchestra che imbracciando il basso grugnisce fiero contro tutti. Onesto lavoro per il chitarrista che si sobbarca la sezione “sterminio e violenza” e prestazione con alti e bassi del batterista pesante come un maniscalco, ottimo quando lanciato nei blast beat ma non sempre chirurgico nelle rullate più tecniche.
Purtroppo, anche per loro qualche problema tecnico, stavolta alla cassa dal lato di basso a batteria, che da un certo punto in poi ha menomato a fasi alterne alcuni passaggi slabbrandoli. Molto convincenti per attitudine: loro suonano death metal con i contro “C” dal 1989 e si vede. Onore ai torinesi e buon massacro a tutti noi che ci siamo goduti la brutalizzazione di Reign in blood.
Ovviamente la serata era destinata a scaldarsi veramente con la coppia di headliners e così è stato, complice principale l’ottima attitudine dei romani Stormlord: un assalto d’energia ed entusiasmo. Ottima presenza scenica, un mare di movimento ed una chimica complessiva perfetta che non ha patito della mancanza di Giglioni, chitarrista in pianta stabile ma sostituito più che degnamente. Ovvio che tutta la lena profusa non ha garantito uno show da puristi dello stile e della forma che comunque ne ha risentito marginalmente. Non del tutto ottimali i settali della parte elettrica, che per buona parte dello show hanno coperto la voce. Scaletta completa e variegata a cavallo tra pezzi più duri ed altri più melodici nei quali le tastiere si prendono il loro spazio, il tutto estrapolato dall’ultimo lavoro oltre a vari capitoli ripresi dalla loro discografia, compreso il ripescaggio dal primissimo disco; scelte oculate e funzionali allo spirito del loro show.
Sono rimasto soddisfatto nell’ascoltare gli affondi growl estremamente profondi del minuto Borchi, che non si è risparmiato come nessuno dei suoi compagni, attirando l’attenzione anche per la sua mimica facciale, strillando e riuscendo anche ad uscire degnamente allo scoperto dopo qualche aggiustamento dei suoni che inizialmente lo coprivano. Una nota di colore: sinistra la somiglianza del tastierista Simone Scazzocchio con Sergio Muniz, paragone che credo possa soltanto fargli piacere.
Io non sono un loro fan e non credo lo sarò mai per gusti personali, ma assistere ad un set così volitivo e vigoroso è sempre un piacere che mi ha fatto scoprire un lato godibilissimo della band.
Capitolo finale: Necrodeath.
Che fossero l’EVENTO s’è capito all’istante: stage ripulito della strumentazione superflua, mini struttura lignea per sollevare ulteriormente la batteria di Peso, attesa tattica, intro ed intermezzi per coprire le pause e creare l’atmosfera malvagia tipica della band. Suoni calibrati fin da subito e corretta miscela tra la voglia degli Stormlord e l’efficacia nell’esecuzione.
Scaletta interpretata con generosità, ricca di riferimenti raccolti dagli anni di carriera, con predilezione personale per Mater tenebrarum e per i brani tratti dall’ultimo capitolo tra i quali “Last tones of hate“ e “Perseverance pays“. Estremamente graditi i due omaggi fuori programma quali Black Sabbath (indovinate di chi?), eseguita e rivisitata ottimamente riuscendo potente e fedele con un tocco malvagio in più e la conclusiva “Countess Bathory“ dei Venom.
Band quadrata, con l’indemoniato Flegias in totale simbiosi col pubblico completamente esaltato al suo cospetto. Professionalità e competenza indiscutibili, senza particolari tecnicismi o picchi sopra la media eccezion fatta per l’iperattività del singer. Un plebiscito, sancito anche da alcune foto d’eccezione richieste esplicitamente da Flegias e scattate dal palco immortalandolo con il pubblico come sfondo.
Conclusioni.
Appuntamento decisamente positivo, soprattutto divertente ed appagante, nel quale non sono mancate delle ottime sorprese come gli Eviscerate ai quali assegno la palma di migliori insieme ai Necrodeath.
Soddisfacente la qualità dei suoni, quasi sempre correttamente rivisiti in corsa nei casi in cui ciò era auspicabile, buona l’affluenza e ben organizzato il tutto senza perdite di tempo fastidiose o lunghi avvicendamenti; un plauso all’attitudine di tutti i gruppi che hanno saputo regalarsi senza atteggiamenti, dimostrando qual è il lato positivo dei live.
Mini commento personale sull’ora d’inizio: a mio avviso l’apertura alle 19.00 è stata un’idea valida nelle intenzioni ma controproducente per le band minori, che non hanno potuto godere efficacemente dell’effetto traino che i grossi nomi hanno sugli show. Forse le ore 20.00 sarebbero state più adatte?