L’apertura della serata spetta ai milanesi
Methedras, una band con i dovuti attributi che ha avuto modo di dire la sua sia in contesti nazionali (coi due album
Recursive e
The Worst Within), sia in quelli internazionali (memorabile la loro performance al Wacken Open Air 2004). Il loro thrash/death è potentissimo e gode, questa sera, anche di suoni tutto sommato buoni, nonostante un’acustica non ottimale e diversi problemi tecnici; il solo appunto che si possa muovere loro è forse l’eccessiva somiglianza coi mostri sacri del genere, Testament su tutti. Questa sera sono prelevati estratti da entrambi i dischi, col risultato di far scaldare immediatamente una sala piccola (il Voodoo Lounge, locale sul lungofiume dublinese, non è certo un’arena) e ancora parzialmente sguarnita. Avvistati polacchi in furioso headbanging coi primi pezzi; irlandesi che incitano la band durante i gusti tecnici (a un certo punto si verifica un problema con la cassa della batteria e la band è costretta a fermare l’esecuzione per qualche minuto); persino balletti (!) improvvisati in sala durante la riuscita cover di
Davidian dei Machine Head. Ottimi, devono solo personalizzare un po’ la propria musica e avere chances di apparizioni in contesti meno ristretti.
I Methedras all’opera
Il cantante Claudio Facheris
Dopo i Methedras è la volta dei polacchi
Devilish Impressions, forti di un album come
Diabolicanos – Act III: Armageddon, che pare abbia risvegliato su di loro l’interesse di diversi magazines europei. La situazione risulta diversa comunque dal vivo, dove i polacchi in questione danno l’impressione (ops) di voler essere un mix tra i Behemoth di una volta, quelli visceralmente black, e certi Dimmu Borgir ancora sinfonici, prima quindi degli ultimi tre album. Niente di eccezionale il loro concerto, anzi: molto scenografico (ovviamente in canoni underground), con pentacoli di sfondo, microfoni “artistici” e un po’ H.R. Giger, corpse-paint e la classica tastierista dark/goth, ma sia la musica che l’insieme risulta troppo banale per interessare davvero. Il cantante
Quazarre si sforza troppo di assomigliare, nella voce e nella postura, a Nergal, e il risultato è quello di una cover band indecisa sul da farsi. La loro tecnica è indiscussa, come del resto la tenuta di palco, ma il pubblico che ha ormai riempito il Voodoo non rimane colpito enormemente, se non per l’interazione del frontman con le prime file e con apprezzamente non esattamente di ambito musicale alla tastierista. Rimandati.
Quazarre
Ecco arrivare infine il turno dei Dismember, dopo una lunga preparazione di strumenti e palco: David Blomqvist si affretta ad appendere bandiere dei suoi idoli musicali sugli amplificatori (dai Judas Priest agli Iron Maiden), litiga con un pedale per la distorsione della chitarra, saluta il pubblico e rientra nel backstage. Ne esce poco dopo insieme ai compagni di gruppo, due parole di saluto e si attacca subito con Death Conquers All, sberla in faccia e splendida opener dell’ultimo, omonimo album della band svedese. Parte inevitabilmente il pogo, con Matti Kärki e la sua voce da camionista turco incazzato sugli scudi per tutto il concerto. Paradossalmente, divertenti sono le smorfie dei membri della band e il loro affiatamento e atteggiamento scherzoso durante i pezzi piu’ pesanti e di tema blasfemo, da Pieces a Soon to be dead, da On frozen fields a Skin her alive, su cui la gente impazzisce. Risate, pezzi in successione serrata, headbanging e un’attitudine da metal anni ’90, indifferente all’immagine e attenta solo al risultato. Apici del concerto sicuramente si dimostrano la nuova Under a bloodred sky, con il gruppo che si lascia andare, oltre che a un chorus ripetuto e perfetto per il palco, al lungo assolo finale di chitarra e basso, con una postura molto maideniana; e l’ormai classicissima Dreaming in red, introdotta dal basso di Tobias Christiansson e ben supportata dal drumming del neo-arrivato Thomas Daun, ex-Insision e perfetto per il sound del gruppo di Stoccolma; inevitabile un altro balletto, questa volta sul palco, sulle note del riff cadenzato di questo brano. Niente Casket Garden o altri pezzi che eravamo abituati a sentire da loro, nonostante le richieste del pubblico, ma con un repertorio simile bisogna impegnarsi per scegliere canzoni inadatta alla setlist: e i Dismember infatti non lo fanno, dando vita a un’ora di concerto intensissima e per cui il biglietto è sempre ben speso. Unstoppable.
Un salto nel passato: David Blomqvist mette in chiaro i suoi gusti musicali
Matti “Satan Claus” Kärki
David Blomqvist e il suo roadie personale
Scream for me, Dublin
I Dismember in versione “Vergine di Ferro” sull’assolo di ‘Under a bloodred sky’