Report: Dream Theater e Symphony X (Bologna 25/10, Milano 28/10)
In occasione del tour italiano di DreamTheater e Symphony X, Truemetal.it ha seguito i concerti delle date di Bologna e Milano. Ecco i resoconti delle due serate.
Bologna, 25 ottobre 2007, Land Rover Arena
Avevano già diviso i palchi del Gods of Metal all’inizio dell’estate. Ora li ritroviamo on stage assieme nella tutt’altro che spaziosa ma tutto sommato accogliente Land Rover Arena di Bologna. Per celebrare il rinnovato sodalizio tra Dream Theater e Symphony X i rubinetti del cielo sopra l’urbe felsinea si aprono in grande stile raffreddando il turbolento pubblico accorso ai cancelli del Paladozza con una scrosciante cascata d’acqua. Elevate com’è lecito aspettarsi le aspettative nei confronti di entrambe le formazioni – logicamente sono i cinque di Long Island i più attesi, non solo per il sostanzioso minutaggio a disposizione (si tratta pur sempre del loro tour europeo) ma anche per il buon ricordo che un paio d’anni fa avevano lasciato agli spettatori presenti al Palamalaguti.
SYMPHONY X (a cura di Riccardo Angelini)
Tocca però ai Symphony X per primi riscaldare la turba infreddolita: giusto il tempo per armare l’arsenale con l’intro ‘Oculos Ex Inferi’, poi Michael Romeo imbraccia il lanciafiamme e dà fuoco alle polveri. ‘Set the World on Fire’, ‘Domination’, ‘Serpent’s Kiss’ investono il pubblico con la potenza di un fiume in piena, incastrando una sequenza di riff schiacciasassi con la fragorosa esuberanza di una sezione ritmica semplicemente incontenibile. A trascinare letteralmente la folla è uno scatenato Russell Allen, che incurante di acciacchi e raffreddamenti vari si esalta con una prestazione da grande protagonista. Il mastodontico frontman ruggisce su ogni strofa, lasciando qualche boccone di coro alla folla ma tenendo sempre per sé la parte del leone. La raffica di proiettili da Paradise Lost si placa con la title-track dell’album, che concede un attimo di respiro prima di un terzetto di classici da urlo. ‘Smoke and Mirrors’, ‘Sea of Lies’ (introdotta da un duetto a sorpresa Romeo-Lepond) e ‘Of Sins and Shadows’ scardinano letteralmente il pubblico sotto il palco, che gradisce e rilancia. Quando dopo neanche quaranta minuti la band si placa, congedandosi dal pubblico per lasciare spazio ai legittimi titolari della serata, qualcuno si lascia sfuggire un sospiro di rammarico: chissà che macello avrebbero combinato questi ragazzi con due ore e mezza a disposizione…
Setlist:
Oculus ex Inferni
Set the World on Fire
Domination
Serpent’s Kiss
Smoke and Mirrors
Of Sins and Shadows
DREAM THEATER (a cura di Nicola “nik76” Furlan)
I Dream Theater sono il classico gruppo in fronte al quale molti si inchinano e che altrettanti bacchettano ad ogni occasione, spaccando così la moltitudine di aspettative, giudizi tecnici e impressioni che sono capaci di suscitare ogni qualvolta immettano un disco sul mercato o si presentino sul palco. Potete credermi o no, ma è ormai da una vita che sto nel giro della musica e sono sufficientemente svincolato dal concetto di detrattore o supporter, soprattutto quando mi devo presentare in veste di redattore. Certo le emozioni nascono spontanee e diverse in ciascun individuo, e le impressioni restano soggettive a prescindere da qualsiasi considerazione tecnica. Sulla base di quanto visto penso comunque si possano trarre alcune conclusioni condivisibili da quanti conoscano la band e l’abbiano seguita anche in altri contesti. Tali considerazioni possono essere sintetizzate essenzialmente in due punti.
Primo
La band di Portnoy & Co. ha messo in luce un bagaglio tecnico notevole. Sono rimasto davvero molto colpito dai duetti Petrucci/Rudess, dalla sempre vivida e coinvolgente capacità tecnico/espressiva di Portnoy. John Myung sempre impassibilmente presente e professionale durante tutta l’esibizione (in vent’anni credo poco sia cambiato) mostra di se la presenza che tutti ci si aspettava. LaBrie canta discretamente (molto sotto i livelli di Score) e sembra sprigionare maggior espressività più nei ultimi pezzi (Costant Motion e parte del medley) che nei vari classici quali Home e Take the Time. Panoramica complessiva quindi abbondantemente positiva che già darebbe all’ascoltatore il piacere di essersi goduto una serata positiva con degli euro ben spesi.
Secondo
La scaletta mi ha lasciato perplesso. Mi aspettavo qualcosa di più. Accontentare se stessi per rompere la solita raffica di classici non sempre accontenta necessariamente i presenti. Parliamo sempre di grandi brani e ad onor del merito mi sento di evidenziare un’apertura vincente con la doppietta Costant Motion/Panick Attack, ma in quasi due ore di concerto il mood è andato a scemare sia causa dei troppi intervalli strumentali proposti che hanno appesantito l’ascolto, sia perchè non di rado l’impressione mia è stata quella di voler tirare avanti in attesa di proseguire verso mete più ambite in termini geografici. Mi ripeto, non sta a me giudicare la bellezza, la riuscita indiscutibile dei brani di setlist, ma qualcosa di più in termini di classici e qualche puntata più frequeste di LaBrie dietro al microfono di certo avrebbero impreziosito il ricordo dei Dream Theater in quel di Bologna.
Le mie impressioni? Giudico la prestazione sufficiente e nulla di più. Mi rimane il rammarico che forse avrei potuto assistere ad un grandissimo concerto, risultato che sarebbe stata facilmente alla portata della band rivedendo qualche scelta nella scaletta, proponendo magari pezzi meno carichi di sezioni strumentali e spingendosi verso un atteggiamento un pò meno “formale” nel rapporto con il pubblico (e qui gli opener Symphony X una bella lezione la hanno data). Ho discusso con più d’uno in merito al concerto, chi la pensa come me, chi all’opposto. E’ il destino del doversi mettere a giudicare, o forse il semplice peso di chiamarsi Dream Theater.
Setlist:
Intro
Costant Motion
Panick Attack
Endless Sacrifice
Dark Eternal Night
Home
Misunderstood
Take the Time
In the Presence of Enemies
Medley:
– Trial Of Tears
– Finally Free
– Learning To Live
– In The Name Of God
– Octavarium (Razor’s Edge)
Milano, 28 ottobre 2007, DatchForum (a cura di Stefano Risso)
Un DatchForum praticamente al completo accoglie due big della scena prog mondiale nella penultima data italiana. Dopo i successi a Bologna, Roma e Andria, anche a Milano Symphony X e Dream Theater allestiscono uno spettacolo eccezionale. Ecco il resoconto della serata.
Cliccate sulle foto per ingrandirle.
SYMPHONY X
Un’esibizione che lascia l’amaro in bocca quella dei Symphony X. Certamente non per demeriti propri, ma per il ruolo marginale che hanno avuto nello svolgimento della serata, con la possibilità di esibirsi per una miseria di sette canzoni appena, per giunta relegati su un lembo di palco, senza godere di una resa sonora adeguata. Ho voluto parlare subito dell’aspetto meno piacevole dello show della band del New Jersey perchè i nostri il loro mestiere lo hanno fatto alla perfezione, coniugando una performance musicale da urlo, con una presenza scenica che, francamente, ha fatto impallidire quella messa in mostra dai colleghi protagonisti della serata.
Mi sembra quasi inutile sottolineare quanto sia stata stupefacente la prestazione di Michael Romeo, a dir poco funambolica, o quanto sia ampio lo spettro vocale espresso da Russell Allen, passando senza difficoltà da un regime all’altro, senza per questo dimenticare il fondamentale supporto degli altri componenti. Nella breve setlist dei Symphony X viene privilegiato, come prevedibile, il nuovo spettacolare album Paradise Lost, eseguendo i primi quattro brani in perfetta sequenza, come su disco. Set the World on Fire (The Lie of Lies) mette subito in risalto la grande potenza che i nostri riescono ad esprimere, con un Allen subito veramente in palla, iniziando lo show come meglio non si poteva. Giusto qualche secondo per riprendere fiato e il basso di Mike LePond annuncia l’arrivo di Domination, un brano destinato a diventare un classico della band, con un memorabile Romeo nell’assolo a metà canzone. Continuando l’analisi del concerto il rischio di ripetermi è alto, visto che con The Serpent’s Kiss il copione è il medesimo… spettacolo puro. Dopo un trittico del genere viene proposta Paradise Lost, in cui la suadente voce di Allen aleggia sul pubblico creando un’atmosfera difficile da dimenticare.
Il tempo stringe e senza perdersi in chicchere si fa un passo in dietro verso The Odyssey con Inferno (Unleash the Fire), per ritornare al presente con The Walls of Babylon, con lo splendido crescendo musicale sino al riffone della prima strofa, chiudendo alla grande con Of Sins and Shadows da The Divine Wings of Tragedy. Mettendo per un attimo da parte la prova superlativa dei SymphonyX, rimane il dubbio su quanto sia valsa la pena veder così “mutilata” la propria esibizione. Evidentemente una vetrina così importante come quella che possono offrire i Dream Theater val bene una mezz’oretta abbondante di concerto, come una qualsiasi band di supporto. L’augurio è di poter accogliere i Symphony X con un tour da headliner, magari proprio dopo questa esperienza. Peccato dover levare le tende proprio sul più bello…
Quando un roadie posiziona due formiche giganti ai lati del palco e il tendone viene calato, mostrando l’enorme batteria che troneggia al centro dello stage, è segno che i Dream Theater stanno per cominciare. Infatti di lì a poco si abbassano le luci, parte una lunga intro, e cominciano a scorrere le immagini proiettate su un telo sullo sfondo, fino a quando compare il logo della band e si cominciano a intravedere i nostri prendere posizione sul palco. Posizione che lasceranno raramente, a dire il vero, rimanendo fermi praticamente per tutta la durata del concerto (ad eccezione di LaBrie). L’inizio è affidato a Constant Motion, tratto dal recente Systematic Chaos, un brano ideale per accendere gli animi dei presenti. Anche in questo caso, giudicare musicisti come i Dream Theater avrebbe quasi del paradossale, specialmente quando sfoderano una prova impeccabile nel vero senso della parola, e non sbagliano nulla (ma proprio nulla!), perfettamente affiatati, in un’armonia di suoni che difficilmente lascia indifferenti.
E’ proprio questa la cosa che mi ha stupito di più assistendo a oltre due ore di concerto, non essendo un fan accanito della band, e quindi leggermente “estraneo” a tutti quelli che mi circondavano in platea. Che piacciano o meno, i Dream Theater hanno il grande merito, a mio avviso, di poter proporre un materiale altamente variegato, soddisfacendo un po’ tutti i gusti di un pubblico altrettanto variegato, riuscendo poi a far collimare tutti quanti entro i propri parametri, rapendo, in un certo senso, i sensi agli accorsi, che non possono fare altro che ammirare. Almeno questa è la mia esperienza, essendo questa la prima volta al cospetto del Teatro del Sogno, che siano ballate strappalacrime, robuste composizioni dotate di un notevole (e insospettabile) impatto, o magnifiche progressioni musicali, non cambia molto l’effetto. Se a tutto questo ci aggiungiamo una resa sonora perfetta, tanto da assomigliare a una registrazione di un live album ascoltato in “diretta”, possiamo dire che la prova dei nostri è stata veramente prossima alla perfezione. Gli unici appunti meno entusiastici li ho raccolti da diversi sostenitori durante e a fine concerto, riguardo la scelta della setlist, auspicando qualche particolare brano della sterminata discografia dei newyorkesi. A mio avviso un’altra testimonianza della grandezza di un gruppo che pur tralasciando classici ormai consacrati dalla storia (ad esempio… Pull Me Under, Take the Time o Metropolis, Pt. 1, tanto per fare tre nomi), riesce comunque ad allestire un concerto memorabile.
Proseguendo con il report del concerto, vengono proposte a seguire Strange Deja Vu e Blind Faith, per arrivare poi a Surrounded, impreziosita da due bellissime digressioni: Sugar Mice dei Marillion e Mother dei Pink Floyd, arrivando a uno dei momenti più spettacolari: The Dark Eternal Night. L’atmosfera “cattiva e moderna” del brano, viene accompagnata da un buffo cartone animato proiettato alle spalle dei musicisti, dove i nostri si trovano a combattere contro un mostruoso ciclope, sottolineando di pari passo, con immagini e colori sempre più incalzanti, lo svolgimento del brano. Arriva poi il turno di Lines in the Sand, preceduta da un lunghissimo assolo di Jordan Rudess, pure troppo lungo… Si tocca ancora l’ultimo album con The Ministry of Lost Souls, a tratti da pelle d’oca, e con In the Presence of Enemies. Non è ancora arrivato il momento dei saluti, perchè dopo qualche minuto i nostri si ripresentano sul palco con un medley composto da Trial of Tears, Learning to Live, Finally Free, In the Name of God e Octavarium, praticamente tutti brani conclusivi di cinque album differenti. Ai Dream Theater non resta quindi che prendersi le ovazioni calorosissime del pubblico, inchinarsi, ringraziare e sparire dietro le quinte. Cosa dire di più… Saranno pure una delle band più amate/odiate al mondo, saranno considerati dei “freddi manici” senza lasciare spazio alle emozioni, dite quello che volete, ma un concerto come quello offerto dai Dream Theater l’altra sera, è qualcosa da ricordare a lungo. E detto da un “profano”, credo che possa avere ancora più valore.
Conclusioni:
Tirando le somme, si può dire che per chi ha assistito all’evento, lo spettacolo sia valso il prezzo del biglietto. L’autentico valore aggiunto sono stati i Symphony X, che nell’esiguo tempo a loro disposizione hanno aggredito ogni nota, senza scialacquare un solo secondo. Non si può dire lo stesso dei Dream Theater, che particolarmente nella data bolognese hanno spesso dato l’impressione di voler dilatare i tempi con lunghe sezioni strumentali, nel tentativo di coprire i persistenti e non del tutto giustificati allontanamenti di Labrie dal palco. Passi la necessità di James di preservare la voce in previsione di un tour dai ritmi particolarmente serrati, ma il confronto con il collega Allen rischia di essere impietoso. Tra i cinque di Long Island, il più attivo è parso al solito l’incontenibile Portnoy, che di certo se non fosse costretto per vincoli di mestiere a staresene col sedere appiccicato al panchetto per la gran parte dell’esibizione, si scatenerebbe rovesciandosi a destra e manca per tutto il palco. Al di là dei limiti scenici, resta da parte degli headliner uno show ancora una volta impressionante per affiatamento e precisione. Da loro però ci si aspetta sempre qualcosa di più: il coinvolgimento che pure non era mancato nel corso dell’ultimo tour di Octavarium, e magari una maggiore generosità della scaletta nei confronti dei primi tre album, pressoché ignorati in favore del passato più recente. Entrambe le band hanno privilegiato in quest’occasione i loro pezzi più recenti e pesanti, ma laddove i primi non hanno rinunciato ad accontentare il pubblico con una manciata di vecchi successi, i secondi hanno optato per una setlist più avventata che coraggiosa, di quelle che finiscono per lasciare un po’ di amaro in bocca, perché sì, si è assistito a un concerto dei DreamTheater ma, perbacco, dov’erano i classici?
Il bilancio del concerto può da ultimo considerarsi ampiamente positivo, soprattutto per quanto riguarda i Symphony X, che qualcuno ha voluto perfino eleggere veri protagonisti della serata. Resta dunque la curiosità di vedere questi ultimi in tour da headliner con un minutaggio degno di questo nome a disposizione, come resta la voglia di rivedere gli headliner odierni in circostanze più felici. Con la consapevolezza che, comunque, la pagnotta se la sono guadagnata tutti quanti.
Riccardo Angelini, Nicola Furlan, Stefano Risso