Report: Finntroll + Naglfar + Amoral – Roma 17.04.05

Di Alberto Fittarelli - 1 Maggio 2005 - 0:00
Report: Finntroll + Naglfar + Amoral – Roma 17.04.05

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AMORAL

La serata – che si annuncia davvero impedibile per gli amanti della musica estrema di classe – si apre con gli
Amoral, giovane band finnica reduce dal buonissimo debut Wound Creations, il quale aveva messo in mostra un death metal tecnico e classico decisamente ben fatto. Live la proposta rimane sugli alti livelli del disco: gli Amoral sono puliti e compatti, ricalcano in maniera precisa le partiture dell’album e trovano in
Niko Kalliojärvi un frontman capace e pronto. Unica pecca della formazione scandinava è la mancanza di quella che possiamo definire “attitudine live”. Con la sola eccezione di Kalliojärvi, infatti, il combo finnico resta troppo impassibile, fermo e quasi pietrificato, con lo sguardo sullo strumento e una buona dose di paura da palcoscenico. Questi però sono solo difetti di gioventù di una band al primo grande tour.
Nel complesso il gruppo finlandese è stato protagonista di una prestazione musicalmente eccelsa, che ha reso ancora maggiore il rammarico per la vera delusione della serata… i Naglfar.

[Alessandro ‘Zac’ Zaccarini]


NAGLFAR

Era uno dei gruppi che più attendevo dal vivo: una delle band che non mi ha
mai deluso e che ho sempre considerato non abbastanza valutata per la sua
effettiva importanza. Peccato aver saputo poco tempo prima del concerto
dell’improvviso cambio in line-up, che ha visto il bassista Kristoffer Olivius
rimpiazzare lo storico cantante Jens Rydén, praticamente il responsabile di una
buona metà della bellezza dei 3 dischi pubblicati dal combo svedese. Il
risultato? Da piangere.

Mi dispiace dover essere così drastico, ma basta anche solo guardare il
video live di I am vengeance, registrato non molto tempo fa dai Naglfar nella
loro città natale, per notare le differenze: non più una presenza
carismatica e una grandissima voce, ma un singer che non sembra minimamente in
grado di accattivarsi il pubblico nonostante gli sforzi profusi; non pochi, tra
l’altro: si presenta infatti con un trench di pelle nera chiuso sino alle
orecchie e stivali con suola alta 20 cm, un atteggiamento tra il militaresco e
lo psicopatico e gli occhi spiritati. Ma il tutto sa pesantemente di forzato,
senza contare che la voce va bene per i suoi Setherial, assolutamente non
per le variegate ed espressive composizioni dei Naglfar. Diventano così
irriconoscibili, ve lo assicuro, complice anche la non eccelsa acustica dell’Alpheus,
capolavori come Horncrowned Majesty e The brimstone gate,
storpiati dalla timbrica gracchiante di Olivius e rese quasi statiche
dall’immobilità del resto della band: il maggior compositore, Andreas Nilsson,
è praticamente impalato nell’angolo destro del palco, appena più mobile invece
Vargher sulla sinistra. Davvero triste che l’unica canzone resa in modo
decente sia quella nuova, che a dire il vero non è sembrata granché: A
swarm of plagues
pare infatti proseguire la linea iper-aggressiva di Sheol
senza aggiungere molto altro. Il concerto si chiude con una I am vengeance
tutto sommato neanche eseguita male, ma che mette il sigillo a una performance
di scarso livello, assolutamente incapace (ed è questo il vero problema) di
ricreare sul palco le emozioni espresse dalla musica del quintetto di Umeå.
Speriamo che Jens finisca gli studi presto…

[Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli]


FINNTROLL

Dopo che alcuni loschi figuri, tutti orgogliosamente oltre il quintale di peso, hanno sistemato le attrezzature targate
Finntroll, è seguito un breve sound check per stabilire i volumi delle chitarre e della batteria, momento in cui un dichiaratamente brillo
Beast Dominator si è adagiato sulla tastiera del novello session per eseguire il test: il centinaio abbondante di persone presenti ricorderà con gran gusto i suoi virtuosismi sui tasti, ai quali sono seguiti ululati di apprezzamento del pubblico e un gesto di vittoria del corpulento batterista. Luci basse ed ecco classica intro
Krig ad aprire la scorrazzata in quel di Roma dei Finntroll. Volumi certo un po’ bassi per essere un caos trolliforme, ma la carica della band c’era tutta.
Wilska si è adagiato come un vero troll dietro al microfono, con tanto di vestiti stracciati, capelli ammassati sulla faccia, barba sfatta e due occhi di ghiaccio che hanno dominato la folla per tutta lo show. La band intera è stata leggermente statica a dire il vero, ma Wilska sembrava sapere bene il fatto suo, e con grande sicurezza ha introdotto con dovizia di particolari ogni canzone. Una nota di demerito bisogna spenderla per il nuovo tastierista,
Alexi Virta degli Imperanon, che ha preso il posto di Trollhorn per questo tour di
Nattfodd: quasi annoiato, non ha fatto altro che eseguire le scale che gli competevano senza troppa presenza scenica o espressioni particolarmente convinte – sicuramente la sua controparte avrebbe creato un vero pandemonio. Ottimo, come detto, il grosso frontman, che con grande teatralità ha interpretato le canzoni con grugniti e mimi, ora impersonificando i bimbi morti di
Fiskarens Fiende toccandosi la schiena, ora ribaltando gli occhi simulando lo stordimento dei funghi di
Ursvamp e ora passandosi le dita sulle palpebre mimando la cecità di Skogen Hamnd. Non è stato difficile accorgersi inoltre di uno
Skrymer leggermente ubriaco, ma di buona presenza sul palco, anche se un po’ defilato. Insomma musicisti come buoni operai e un cantante in piena forma che ha svolto appieno tutte le sue mansioni, elargendo battute al vetriolo e non lasciandosi innervosire dagli occasionali stage diving, a dire la verità eccessivi e favoriti da una sicurezza del tutto inesistente. Scaletta improntata ovviamente sul nuovo
Nattfodd, che ha offerto il suo massiccio contributo alla causa con ben 7 estratti tra cui spiccano la magnifica
Fiskarens Fiende, proposta in una devastante accoppiata con Jaktens Tid, e una
Ursvamp capace di indiavolate oltremodo il pubblico dell’Alpheus. Di grande impatto anche
Eliytres, con cui si apre l’encore, la title track Nattfodd e ovviamente l’acclamatissima
Trollhammaren. Grande entusiasmo anche per Grottans Barn, accolta da band e pubblico come pseudo-ballata, sistemata a dovere per consentire a tutti di riprendere fiato in vista della tirata finale. Ad avviso di chi scrive un pelo sotto la media
Det Iskalla Trollblodet, composizione pluri-osannata ma sinceramente non tra le migliori cose dell’album, e non esattamente un pezzo da grande resa live, data la prima parte di canzone abbastanza transitoria.
Nonostante una così massiccia presenza di brani nuovi, la band è brava a non dimenticare nulla di indispensabile dai vecchi lavori, salvo forse per una
Forsvinn Du Som Lyser che non avrebbe di certo guastato come rappresentante del divino
Visor Om Slutet. Vengono infatti ripescati tutti i classicissimi come la clamorosa
Rivfader, la feroce Slaget vid Blodsälv, la grande Midnattens Widunder
e la bellissima Skogens Hämnd. Inutile nascondere un pelo di rammarico per uno
Jaktens Tid un po’ trascurato, ma come detto l’essenziale c’è tutto. Anzi, c’è anche qualcosa di più: la graditissima sorpresa
Batuvisan, introdotta dal buon Wilska come “a song of two priests, one troll and violence…” e un quantitativo di pezzi da
Midnattens Widunder piuttosto inaspettato. Oltre alle tre perle già citate, si vanno infatti ad aggiungere alla setlist della serata
Svartberg, Vätteanda e la conclusiva Sergesång, la quale ha messo la parola fine ad un concerto che ha lasciato il pubblico decisamente soddisfatto. Proprio ai presenti va il merito di essersi giustamente dedicati al divertimento e alla baldoria, piuttosto che concentrare le proprie forze sugli errori che, qua e là, di tanto in tanto, hanno fatto capolino.

L’acustica dell’Alpheus non si è rivelata malvagia, peccato per la colonna in mezzo al pubblico che in qualche modo spezzava l’audio verso il fondo, e i volumi che come già detto sono risultati decisamente sotto la norma. Per chi si trovava nelle prime file è stato abbastanza complesso definire le canzoni in tutta la loro durata: molte tra le più caotiche (Trollhammaren,
Ursvamp, Bastuvisan) si riuscivano a seguire a malapena, ma è un difetto abbastanza comune a tutti i live dei troll finnici. Va inoltre segnalato il volume della tastiera che ogni tanto andava e ogni tanto veniva: per la maggior parte del concerto è stato decisamente troppo basso, mentre è stato alzato in maniera decisa durante l’assolo di
Rivfader. Sarebbe stato preferibile un po’ più di risalto e di omogeneità, ma sono piccolezze di fronte a uno show più che buono e sicuramente coinvolgente.

Un’ultima menzione, per onore di completezza, va al merchandising decisamente ricco offerto dalla band: il palchetto vantava ben tre maglie diverse, tutte e tre del periodo Trollhammaren-Nattfodd, più i tre vinili – abbastanza rari – di Jaktens Tid, Visor om Slutet e Nattfodd, un accendino dei Finntroll e un ‘fan pack’, che per 5 euro offriva toppe e adesivi dei troll. Un buon momento per acquistare materiale oggettivamente difficile da reperire in terra italica.

[Daniele ‘Fenrir’ Balestrieri – Alessandro ‘Zac’ Zaccarini]