Report: Forbidden (Bologna, 25/06/08)
Doveva essere un “aperitivo”, un antipasto in attesa del più pubblicizzato Gods of Metal; niente male per una band che ha monopolizzato per anni i sogni proibiti dei fan, che da tempo auspicavano una reunion (tentata anche un’infruttuosa petizione). Il 2008 è l’anno buono per i Forbidden e chi si era già messo il cuore in pace avrà tracciato una bella croce sul calendario: nel mese di giugno anche l’Italia può accogliere una delle più grandi leggende del thrash Bay Area, in azione a Torino e, due giorni dopo, in quel di Bologna. La sempre attivissima Bologna Rock City di Emiliano Nanni non si è lasciata scappare l’occasione di riempire il Sottotetto e il pubblico ha risposto bene, dimostrando un crescente interesse per un genere rinato dalle proprie ceneri. Chi è mancato all’appello ha perso uno dei migliori concerti della stagione, un vero e proprio appuntamento con la storia: da mangiarsi le mani.
Inside.
Suoni caotici e ancora in via di definizione hanno pesantemente compromesso lo show di Inside, death metal band con una certa predilezione per brani tortuosi e impegnativi. La relativa assenza di pubblico (chi ancora in viaggio, chi concentrato sugli Europei di calcio) ha fatto il resto, pur senza scoraggiare il gruppo campano. Rimandando a posteriori un giudizio sulla qualità del concerto (impossibile in queste condizioni), si è vista all’opera una formazione coesa e sicura dei propri mezzi; egregio, in particolare, l’operato del cantante/chitarrista Ago (palesemente ispirato al Chuck Shuldiner frontman) e del collega Val. La qualità non manca, ma tutto passa in secondo piano se non sussistono le condizioni ideali per promuoverla. Conto in sospeso.
Neurasthenia.
Reduci da una fortunata comparsa a fianco dei Municipal Waste, astro nascente della scena americana, i bolognesi Neurasthenia erano chiamati alla prova del nove: dividere il palco con autentici mostri sacri, potenziali ispiratori del combo felsineo. Test con esito positivo, anche se rispetto alle uscite precedenti l’azione di gruppo è risultata meno convincente; l’esibizione del quartetto ha tuttavia beneficiato di suoni adeguati, “aggiustati” dopo la cacofonia imposta agli opener, e di un pubblico evidentemente familiare con il repertorio proposto. Efficaci Neurasthenia, brano eponimo nonché manifesto stilistico della band, e la cover di Phobia (Kreator) eseguita con la necessaria cattiveria. Tra i singoli menzione per il batterista Steve Rivolta, rigenerato dopo qualche passaggio a vuoto in quel di Pinarella. Buona conferma.
La strada della reunion è un percorso impervio, che non ammette esitazioni. Si gioca col fuoco, con una storia ingombrante che schiaccia chi non è in grado di rinverdire i fasti di un tempo glorioso. Per i Forbidden deponeva a sfavore un lungo periodo di silenzio, che alimentava perplessità circa la tenuta del palco e, inevitabilmente, suggeriva un paragone improbo con il passato. Niente di più falso: a Bologna – come già a Torino – il quintetto californiano ha sfoderato una prestazione maiuscola, spazzando via i dubbi di chi li immaginava lenti e imbolsiti. Nonostante qualche chiletto di troppo (Alvelais e Anderson sono sulla buona strada per raggiungere Jon Oliva!), pareggiato da un Craig Locicero in splendida forma, i Nostri hanno dato vita a uno show esemplare per intensità e precisione; nulla da eccepire sulla scaletta, costruita sui due capisaldi del gruppo (Forbidden Evil e Twisted Into Form). Una devastante March Into Fire ha subito messo le cose in chiaro: la band non è tornata in pista per pagare bollette in arretrato. La proverbiale solidità della sezione ritmica è concreta oggi come vent’anni fa, con Matt Camacho affiancato da Mark Hernandez (Defiance, Heathen); il pur mitico Paul Bostaph può dormire sonni tranquilli e dedicarsi alla causa dei Testament, anche perchè l’ombra di un certo Gene Hoglan incombe minacciosa. Forbidden Evil, Twisted Into Form, Off the Edge hanno fomentato continui circle-pit, anche se i più hanno atteso le celebrate Step By Step e Chalice of Blood (micidiale) per dar sfogo alle ultime energie. Il repertorio in programma ha soddisfatto tutti, dai fan di Through Eyes of Glass a quelli di Out of Body (Out of Mind), senza concedersi pause rilevanti; unica eccezione l’oscura One Foot In Hell, che rappresenta un capitolo a parte nella discografia. Brillante il tandem Locicero–Alvelais: una delle coppie più agguerrite della Bay Area non ha perso lo smalto dei giorni migliori, nonostante qualche primavera in più sulle spalle. Lo stesso dicasi per l’insostituibile Russ Anderson, tornato a cantare su buoni livelli e minacciosissimo nel nuovo formato omino Michelin.
Doveva essere un “aperitivo” – dicevamo – invece si è trasformato nel piatto forte: i Forbidden entrano in punta di piedi ed escono da vincitori, surclassando per qualità e quantità diversi colleghi visti alla tre giorni del Parco Nord. Di motivi ce ne sarebbero a iosa, ma ne bastano cinque: Russ Anderson, Craig Locicero, Glen Alvelais, Matt Camacho e Mark Hernandez. Serve altro?