Report Gods of Metal 2004 di Matteo Lavazza
Sabato 5 giugno
Domine: Il mio Gods of Metal inizia con loro. Come al solito il gruppo è molto compatto, ma purtroppo, come sempre, la loro prestazione mi annoia presto, non che abbiano particolari colpe i musicisti coinvolti o i pessimi suoni che hanno avuto, sono proprio le loro canzoni che n0on riescono a coinvolgermi, questione di gusti…. Di certo la band è tecnicamente molto preparata, e anche dal punto di vista della presenza scenica migliorano ogni volta, quindi credo che i loro fans si siano gustati un buon concerto.
Rage: Grandissimi come sempre, dal vivo i Rage sono praticamente una macchina perfetta, che nemmeno dei suoni che definire orrendi è poco riescono a placare la loro furia, purtroppo il tempo a loro disposizione è assolutamente ridicolo, e dopo appena 5 canzoni sono costretti a salutare i molti fans che volevano ascoltare ancora la loro musica. Rimane il fatto che soprattutto Mike Terrana ha sfoderato una prestazione assolutamente grandiosa, sia per tecnica che per potenza, dietro alle pelli, e che il gruppo, grazie al fatto di aver suonato solo canzoni molto famose del suo repertorio, su tutte “Higher than the Sky” e la storica “Don’t Fear the Winter”, peccato davvero per i molti inconvenienti, come i già citati suoni orrendi e un microfono che andava un po’ sì e un po’ no, ma nonostante tutto i presenti si sono potuti gustare, anche se per meno di 30 minuti, uyno dei gruppi più validi e sottovalutati della scena tedesca.
Anathema: Non li conosco molto, anzi quasi per niente, e quindi li ho seguiti davvero molto poco, mi è parso però evidente come la loro proposta musicale sia davvero poco adatta ad happening di questo tipo, ovviamente è un parere mio, ma che mi è sembrato condiviso da molti dei presenti.
Symphony X: Altro gruppo la cui musica non rientra tra ciò che mi piace, e infatti anche dal vivo li ho trovati decisamente noiosi e prolissi, nonostante una tecnica strumentale davvero incredibile, immagino che i loro fans ne siano rimasti entusiasti, ma io durante il loro show mi sono accomodato comodamente in disparte.
Nevermore: La band di Warrel Dane è, secondo me, una delle più sopravvalutate degli ultimi anni, è vero che hanno sfornato dischi di qualità piuttosto alta ed anche molto originali a loro modo, ma dal vivo il gruppo non è mai riuscito a convincermi, ed anche questa volta il gruppo mi ha deluso.
I musicisti sono tutti molto bravi, tecnicamente ineccepibili, ma purtroppo ho dovuto prendere atto come anche questa volta il gruppo dal vivo ha la stessa aggressività di un orso in letargo, cioè potenzialmente con le canzoni a loro disposizione potrebbe spazzare via l’audience, invece si limitano a riproporle in maniera molto fedele alle versioni da studio ma con ancora meno carica, complice anche un Warrel Dane davvero fuori forma. Spero davvero di poter assistere ad una loro esibizione live convincente, dopo questo Gods so che dovrò aspettare ancora.
Ufo: Loro sono le vittime principali del nubifragio che si è abbattuto sull’Arena Parco Nord, la copertura del palco è saltata con una facilità incredibile ed a farne le spese è stata proprio l’attrezzatura dello sfortunato gruppo. Peccato perché un gruppo con la loro storia, seppur non mi abbia mai fatto impazzire, dal vivo può sempre dare delle buone soddisfazioni.
Judas Priest: Su di loro ci sarebbero molte parole da spendere, ma credo che dicendo semplicemente “Heavy Metal” rendo bene l’idea dello show che la band inglese ha regalato ai presenti.
In pratica il gruppo ha presentato uno spettacolo con tutti i loro più grandi classici, una sorta di best of… live. La partenza affidata alla mitica accoppiata “The Hellion/Electric Eye” il pubblico è stato investito da ondate di puro metallo fumante, canzoni come “Breaking the Law”, la per me inaspettata “The Green Manalishi”, con il palco sotto l’effetto piuttosto affascinante delle luci verdi, “The Sentinel”, granitica e potente come sempre, l’oscura e splendida “Beyond the Realms of Death”, fino alla conclusiva ed acclamatissima “Painkiller”, che ha però messo in mostra alcuni piccoli limiti attuali del pur sempre grandissimo Rob Halford e qualche sbavatura in fase solista di Glenn Tipton, incertezze che non hanno però impedito al pubblico presente di andare letteralmente in delirio.
Il ritorno in scena dei Priest è stato di quelli davvero ad effetto, infatti Halford è tornato in sella alla mitica Harley Davidson che da decenni accompagna la band on stage, mentre il gruppo già partiva con l’esecuzione della storica “Hell Bent for Leather”, per poi dare in pasto ai ragazzi sotto il palco la triade conclusiva composta da “Living After Midnight”, “United” e “You,ve got Another Thing Coming”.
I Priest hanno dato vita ad uno show che ha sicuramente esaltato la gente, da parte mia purtroppo ho notato una certa freddezza soprattutto da parte di Rob Halford, che mi è sembrato davvero poco coinvolto, mi ha sinceramente dato l’idea di essere quasi un attore, le cui mosse e le cui parole erano accuratamente preparate, detto questo però non posso che ribadire il fato che veder suonare una band del loro calibro è sempre un piacere, e fa capire quanta strada abbiano ancora da fare le giovani band prima di poter anche solo pensare di insediare certi gruppi di vecchietti.
Domenica 6 giugno
Stormlord: I romani stormlord non suonano musica che apprezzo, infatti ho seguito pochissimo la loro esibizione, scrivo queste due righe solo per esprimere la mia indignazione per quello che gli è stato fatto, mi chiedo infatti perché gli organizzatori si ostinano a chiamare gruppi italiani ad aprire il festival se poi non danno a questi gruppi l’opportunità di fare uno show perlomeno decente, già il fatto che dovevano suonare solo 3 canzoni è piuttosto ridicolo, se a metà dell’ultimo brano l’organizzazione decide di spegnere l’impianto si cade davvero nella mancanza di rispetto, sia verso il pubblico, sia soprattutto verso i ragazzi della band.
Naglfar: Altro gruppo che propone un genere che non ascolto e che quindi mi risulta difficile da giudicare, posso solo dire che nonostante l’orario e il sole cocente il Black Metal proposto dalla band mi è parso decisamente valido e supportato alla grande dai musicisti, carichi e cattivi al punto giusto, peccato che come al solito i suoni sono stati a dir poco pessimi.
Sodom: La band è una sicurezza assoluta, tutti i loro fans possono essere certi che una volta salito sul palco il combo capitanato da “Onkel” Tom Angelripper distribuirà a piena mani Thtash Metal tedesco, quello grezzo, ma suonato sempre e comunque con cuore e passione, con violenza e potenza, trattare nel modo in cui si è visto un gruppo della loro caratura è assolutamente inconcepibile, soprattutto visto che il pubblico, dopo appena 25 minuti, resi grandi da mazzate come l’iniziale “Remember the Fallen”, la storica “Outbreak of Evil”, proposta in una versione leggermente più veloce che su disco, “Sodomized”, la grezza e feroce “The Saw is the Law”, “Napalm in the Morning” e il gran classico “Stalinhagel” posto in chiusura, continua per molti minuti a invocare il nome della band, purtroppo senza risultati. Grande Tom che è riapparso sul palco regalando poster e autografi ai ragazzi ancora assiepati sotto il palco.
Ho anche avuto la possibilità, grazie a Silvia e Monica dell’Audioglobe/Kizmaiaz sempre disponibilissime e simpatiche, di incontrare proprio Tom Angelripper e il chitarrista Bernemann nel backstage per una breve conferenza stampa, in cui i due musicisti si sono parecchio lamentati per il trattamento ricevuto, ecco le loro parole:
(Tom Angelripper) Oggi abbiamo potuto suonare solo per 25 minuti e con mille problemi all’amplificazione, quando suoniamo in Germania queste cose non succedono, tutti i gruppi hanno a disposizione un decente periodo di tempo per il loro show, e soprattutto gli impianti funzionano come si deve, ma purtroppo questo è il business, noi volevamo suonare per i nostri fans e siamo venuti fin qui lo stesso, ma di certo suonare in queste condizioni non ci piace”
(Bernemann) Noi avevamo portato con noi i nostri amplificatori, ma l’organizzazione ci ha proibito di usarli. Quando poi ci siamo ritrovati a suonare con un ampli che andava solo ogni tanto ti posso assicurare che ci siamo arrabbiati davvero molto, ci spiace soprattutto per la gente che era qui anche per vedere i Sodom e che ci ha visti suonare non nelle migliori condizioni, queste sono cose che mi fanno davvero arrabbiare.
Dopo la conferenza mi sono fermato qualche minuto a bere una birra ed a scambiare quatrro chiacchere con il simpaticissimo leader del gruppo, che mi ha dimostrato ancora uvolta di più la sua incredibile carica di umanità ed umiltà chiedendomi di andare fuori e dire ai miei amici che lui si scusava per quello che era accaduto, anche se la colpa non era loro, io ho provato a dirgli che nessuno dava colpe a loro lui ha risposto dicendo che lo sperava e che desiderava comunque scusarsi con le persone che erano li anche per loro e che non hanno avuto uno spettacolo perfetto.
Posso solo aggiungere che questo non fa che rendere ancora più chiaro quanto la band ci tenesse davvero ad offrire alla gente un concerto coi fiocchi, Tom è un musicista che davvero in tanti dovrebbero prendere come esempio.
Quireboys: Rock ‘n Roll!
Non sono mai stato un fan del Glam e dell’Hard Rock più soft, ma devo ammettere che gli inglesi dal vivo sono davvero divertenti, la loro musica è semplice, senza tecnicismi o arrangiamenti curati nel più piccolo dettaglio, ma riescono nel non facile intento di divertire, e vi assicuro che non è poco.
Stratovarius: Mi sono preso i primi 20 minuti in quanto occupato alla conferenza stampa coi Sodom, e quando sono tornato nell’arena devo ammettere di averli praticamente ignorati, detto questo mi pare giusto evitare un commento sul loro concerto da un punto di vista tecnico, mi sento però in dovere di dire che mi pare assolutamente assurdo che per un gruppo di “impiegati” della musica” che sono venuti a Bologna solo per doveri contrattuali, altri gruppi abbiano dovuto tagliare in maniera anche importante i loro set, sul palco non ho visto un gruppo, ho visto 5 persone che suonavano facendosi ognuno i fatti propri, con il solo Kotipelto che cercava perlomeno di instaurare un minimo di rapporto col pubblico, detto in maniera schietta tutto ciò mi ha fatto letteralmente schifo, non a livello musicale, quello non mi sento in grado di giudicarlo, ma a livello umano.
Wasp: Con loro il festival ha iniziato a salire di livello, fin dall’ingresso dello scatenato Blackie Lawless sulle note di “On your Kness” la carica della band ha investito gli ascoltatori.
La scelta degli Wasp di eseguire solo le loro canzoni più famose ha sicuramente favorito la partecipazione del pubblico, che ha sempre accettato di buon grado gli inviti di Lawless a cantare con lui.
Anche loro purtroppo non sfuggono alla regole dei suoni pessimi che sembra vigere indisturbata nel festival, ma quando si hanno nel proprio repertorio veri e propri inni come “L.O.V.E. Machine”, “murders in the Rue Murgue”, “Wild Child”, la conclusiva “Blind in Texas”, ma soprattutto “I Wanna be Somebody”, accolta con un vero e proprio boato dai presenti, e “Animal (Fuck Like a Beast), vero e proprio must dei loro concerti, è impossibile non colpire nel segno, e gli Wasp hanno colpito anche molto duramente, gradissimi!
Twisted “Fuckin’” Sister: Musicisti tecnicamente al limite della decenza, un cantante che di voce non ne ha mai avuta troppa e che forse oggi ne ha ancora meno, sono stati loro i veri vincitori del Gods of Metal 2004, su questo non ci sono dubbi.
Sono stati gli unici a riuscire a far cantare praticamente ogni singola persona all’interno dell’arena, da quelli delle prime file ai ragazzi seduti sulle colline in fondo, passando anche per quelli che si godevano l’ombra al lato del palco, durante l’accoppiata, devastantemente divertente, “We’re not Gonna Take it”/”We Wanna Rock” quel pazzo scatenato di Dee Snider è riuscita in un’impresa che non è riuscita nemmeno ai Metal Gods Judas Priest.
I Twisted Sister sono la dimostrazione che se si hanno le idee giuste 4 accordi sono anche troppi, canzoni come “You Can’t Stop Rock ‘n Roll”, “Burn in Hell” e “Come Out and Play” sono di una facilità tecnica sconcertante, eppure riescono dove nemmeno il miglior musicista del mondo arriva senza idee, colpiscono dirette e divertono davvero tantissimo, un bassista come Mark “Animal” Mendoza (mai soprannome è stato più meritato) non avrebbe diritto al titolo di musicista tanto è “animalesco” il suo modo di suonare lo strumento, eppure su un palco si trasforma in un trascinatore, e il suo modo di suonare è una delle caratteristiche vincenti del gruppo.
Non dico che tutti i gruppi dovrebbero essere come loro, ma di sicuro qualche gruppo in più che pensa alle canzoni piuttosto che a suonare in maniera perfetta farebbe davvero un gran bene a tutta la scena.
Peccato che dopo solo 50 minuti di spettacolo puro il gruppo sia costretto a smettere, tra la delusione cocente di tutti, di certo il messaggio apparso sul loro sito, www.twistedsister.com, dimostra quanto abbiano apprezzato anche loro il calore del pubblico presente a Bologna.
Motorhead: I Motorhead sono i Motorhead, come si può non voler bene a Lemmy? Un personaggio davvero unico nel panorama Metal e Rock in generale, sono gli unici a potersi un ingresso sul palco come il loro, con Lemmy che al microfono proclama “We are Motorhead, we are here to kick your ass”, prima di attaccare con una versione al fulmicotone proprio di “We are Motorhead”, sono gli unici a potersi presentare sul palco ubriachi fradici senza che questo vada ad inficiare la resa del loro concerto, insomma i Motorhead sono unici.
Anche loro, come molte altre bands di questa due giorni, puntano molto sui classici, scelta che la gente mostra ovviamente di gradire, scatenandosi sulle note delle varie “Ace of Spades”, “Overkill”, la cover dei Sex Pistols “God Save the Queen”, “Ramones”, preceduta da una toccante dedica allo scomparso Joey Ramone, “Killed By Death, in cui lo scatenato Dee Snider fa la sua comparsa sul palco per cantare i cori, suscitando un ovazione totale da parte del pubblico.
Il volume al solito è sparato al massimo, ma tutti rimangono per fermi al loro posto sotto al palco fine alla fine dello show, i Motorhead stanno diventando un po’ come le tasse, arrivano puntuali ogni anno, ma in questo caso non spiace proprio a nessuno.
Testament: La band capitanata dal pellerossa Chuck Billy e da Eric Peterson è una perfetta macchina da guerra musicale.
Bostaph dietro alle pelli è di una potenza e di una precisione quasi chirurgica, e nonostante i ripetuti tentativi dei fonici di andare ad inficiare sulla resa della band, i Testament sfoderano una prestazione davvero incredibile.
Fin dall’iniziale “D.N.R” la violenza sprigionata dal gruppo è davvero impressionante, certo che se i fonici si fossero ricordai che i Testament usano delle chitarre e che Chuck Billy canta fin dall’inizio sarebbe stato meglio, ma anche alla faccia di questi problemi la band è di una compattezza incredibile, con Steve DiGiorgio che col suo basso fa delle cose pazzesche.
La set list degli americani è splendida, è una dopo l’altra vengono date in pasto ai kids “Low”, “Practice what you Preach”, “Sins of Omission”, “True Believer”, “Over the Wall”, “Into the Pit”, “Alone in the Dark”, l’inaspettata “3 Days in Darkness”, “Dog Faced God”, praticamente uno spaccato del miglior Thrash Metal che la Bay Area abbia mai offerto, ma il vero picco si rileva sulla conclusiva “Disciples of the Watch”, con il pubblico letteralmente in delirio finchè i nostri simpatici organizzatori decidono che è troppo aspettare 2 minuti che il pezzo finisca, e quindi spengono l’impianto alla band, che continua a suonare ignara di tutto dato che i monitor del palco continuano a funzionare, peccato che poi il gruppo si renda conto dell’accaduto, e spero vivamente che l’enorme Chuck Billy, davvero imbufalito per l’accaduto, abbia espresso le sue rimostranze a chi di dovere.
Un ironico plauso a quelli della security, che lanciavano i ragazzi che riuscivano a salire sul palco, senza fare nulla di male, al massimo cercavano di abbracciare Chuck, praticamente di testa contro le transenne, tanto più che proprio il cantante ad un certo punto è intervenuto per invitare gli addetti alla “sicurezza” ad andarci piano, vorrei solo ricordare a questi ragazzi della security che il loro stipendio è pagato con i soldi della gente che entra a vedere il concerto, e che con maniere più tranquille avrebbero comunque sgombrato il palco, perlomeno un po’ di rispetto per l’incolumità delle persone mi pare il minimo da chiedere a chi si dovrebbe occupare proprio della sicurezza.
Alice Cooper: Che delusione…… Non sono mai stato un sostenitore di Alice Cooper, però ero molto curioso di vederlo in azione sul palco, dato che le sue imprese on stage tra pitone e ghigliottine sono celebri.
Il suo show è stato invece di una noia mortale, composto perlopiù da pezzi poco conosciuti, tranne “School’s Out”, “I’m Eighteen” e “Poison”, le uniche tre che mi ricordo a poco più di 72 ore dal concerto, il tutto condito da un prestazione davvero priva di mordente della band che lo accompagnava, e salvato solo in minima parte dal suo indiscutibile carisma.
Del tanto celebrato Alice Cooper Show si sono visti solo dei bulli di strada che le prendevano da una ballerina, una canzone cantata con la camicia di forza e qualche giochetto con una bambola, insomma la mia delusione è stata quasi totale.
Dalla reazione del pubblico direi che sono in molti quelli che non sono riusciti a divertirsi molto durante il concerto dell’headliner del festival, infatti l’audience vista dalle collinette in fondo all’arena mostrava davvero poche mani alzate ad incitare Alice e soprattutto una stabilità davvero strana per un concerto Rock o Metal che sia.
In definitiva posso dire che questo Gods of Metal è stata l’occasione giusta per passare un apio di giorni in compagnia di amici e di qualche buona bands, ma anche un occasione sprecata dalla Live di organizzare bene un evento del genere, troppi gli intoppi capitati in due giorni, dalla copertura del palco spazzata via da un temporale, evento non prevedibile ma sicuramente probabile in questo periodo dell’anno, bastava un po’ più di attenzione per evitare certi guai, passando per un impianto di amplificazione decisamente non all’altezza della situazione, dei fonici da radiare dall’albo (se mai ne esistesse uno), alla mancanza di rispetto dimostrata verso chi ha pagato fior di soldi per godersi un concerto e che ha visto canzoni tranciate a metà, ha dovuto ascoltare gruppi con dei suoni al limite del rumore, ha dovuto sopportare la mancanza di educazione di una parte degli addetti alla sicurezza. Di sicuro bisogna dare atto alla Live di essere una delle agenzie che permette ai Metal Kids di poter vedere tanti bei concerti durante tutto l’anno, ma credo che da parte loro sia doveroso del rispetto dopo chi, dopotutto, gli permette di vivere pagando i biglietti, basterebbe un minimo di attenzione e un po’ più di buon senso per far sì che il Gods of Metal diventi un appuntamento da ricordare sotto tutti i punti di vista.