Report: Gods of Metal 2007 Part II (30/06)

Di Nicola Furlan - 10 Luglio 2007 - 19:37
Report: Gods of Metal 2007 Part II (30/06)

Gods of Metal 2007

Idroscalo, Milano – 30 giugno 2007

Eccovi il report della seconda parte del Gods of Metal. Giornata splendida e caldissima che ha visto esibirsi nomi di una certa rilevanza accompagnati dalla curiosità di gustare pezzi di full-length sfornati di recente da parte di più di qualche band invitata e dalla ricerca di una stimolante varietà stilistica che ha oscillato dal technical death dei Sadist, passando al granitico rock della band di Zakk Wylde, toccando infine icone memorabili come Megadeth ed il tanto discusso madman, Mr. Osbourne. Passi in avanti dell’organizzazione che prevede un maggior numero di casse per scontrinio rispetto la Part I e staff sufficientemente costante nel sostituire i sacchi dell’immondizia. Unica pecca: la birra ed il cibo sono finiti prima della fine del concerto e questo ha costretto più di qualcuno a recarsi fuori dai cancelli per qualche panino e/o lattina abusivi. Ma veniamo all’aspetto musicale.

 

Outsider a cura di Nicola “nik76” Furlan

Vincere la categoria “best metal” al concorso per band emergenti Suonica ha permesso al combo veneto di solcare il palco dell’idroscalo milanese. “Di questi ragazzi se ne inizia a parlare” mi dicevo e la curiosità mi aveva attanagliato fino a pochi secondi prima che la loro performance avesse inizio. E che performance! Vengono proposti pezzi che mordono alla Lack of Wisdom e tratti da “Death Without Honour”, unico album autoprodotto all’attivo. Sono rimasto interdetto dalla bravura dei cinque, dalla naturalezza con cui hanno affrontato questo battesimo di fuoco. Groove (grazie anche a dei suoni davvero efficienti), tecnica, idee e tanta voglia di spaccare: con queste parole voglio raccontare una prestazione live che, credo, abbia regalato ai presenti venti minuti di intensa ed energetica attitudine thrash simil Pantera, ma pur sempre molto personale. Citazione di merito su tutti per Luigi ‘Triple G’ Belluzzo, incontenibile motorino alimentato a massicce dosi di adrenalina. Speriamo abbiano ciò che meritano da qui in avanti e, se così non sarà, potrebbe non dipendere da loro. Complimenti.

Slowmotion Apocalypse a cura di Claudio “Fallen Angel” Casero

Precisi come un orologio svizzero alle 11,30 salgono sul palco i friulani Slowmotion Apocalypse che, forti del loro “My own Private Armageddon” ci deliziano con una mezzora di ottima musica che riesce a mischiare il death metal melodico con il thrash  aggiungendo qui e là qualche spunto hard core. La band è impeccabile e riesce a trascinare il pubblico che partecipa nonostante l’assurdo caldo cantando e pogando. Brani come Manifest of Hate e Kill in Progress scaldano gli animi che esplodono quando, dopo la salita del vocalist degli Extrema Gianluca Perotti sul palco, i friulani ci fanno esaltare con la cover di Be quick or be Dead degli Iron Maiden. Soddisfatto e piacevolmente impressionato vado a cercare uno scampolo di ombra.

Deathstars a cura di Claudio “Fallen Angel” Casero

Dopo qualche minuto per il cambio palco è la volta degli svedesi Deathstars; se devo essere sincero avevo qualche dubbio che la loro esibizione centrasse molto con il Gods, ma ammetto di essermi sbagliato. Perfettamente truccati e vestiti sprigionano dai loro strumenti note che diventano sempre più potenti con il passare del tempo; la scaletta scelta estrapola i migliori brani tra Syntetic Generation e Termination Bliss. I nostri dimostrano di essere dei veri e propri “animali da palco” riuscendo a coinvolgere il pubblico senza molta difficoltà; il rock’n’roll elettronico (come lo definiscono loro N.d.A.) suonato dalla band vince ma non convince dal momento che alcuni brani sembrano essere sì potenti ma sterili. Prestazione quindi più che sufficiente, ma non di certo eccelsa.

Sadist a cura di Nicola “nik76” Furlan

Terza band italiana di questa seconda parte del Gods of Metal. E per la terza volta in giornata le turbine del potente metallo nostrano girano a velocità vorticose investendo con i loro venti sonori i presenti. Una band che non delude: tecnici e precisi all’inverosimile, coinvolgenti, spontanei su esecuzioni di tutto rispetto. Trevor si conferma il solito frontman di estremo successo, Tommy dà spettacolo giostrandosi tra tastiere e chitarra, Andy al basso è un continuo ricamo di ritmiche articolate e perfette e non è di certo da meno Alessio alle pelle. I cambi di tempo e i lavori alle tastiere costituiscono, così come sull’ultimo full-length, una chicca qualitativa elevata della prestazione dei genovesi. Sono forse proprio i pezzi dell’omonimo e fresco studio album ad innalzare il livello di rendimento della resa live. Pezzi maturi e che vale davvero la pena di assaporare in tutto il loro gusto estremo. Da annoverare come picchi di qualità Christmas Beat e Sometimes They Come Back. Un ultimo consiglio: compratevi l’ultimo studio album e correte a vederli alla prima occasione.

Type O Negative a cura di Claudio “Fallen Angel” Casero

Appena terminata l’intervista ai Deathstars si corriamo a vedere lo show dei Type O Negative che, sinceramente aspettavo da parecchio tempo. Con il palco colorato di verde per ogni dove, come del resto è loro solito, i nostri si presentano con pochi brani, (cinque per la precisione) che tirano avanti per circa un’ora di show. Se non fosse per Pete Steel che riesce a mantenere viva l’attenzione del pubblico grazie al suo incredibile carisma, direi che quello dei Type O Negative sia stato uno show abbastanza noioso. Molto precisi e senza sbavature evidenti la band suona note quasi di plastica creando il malcontento tra coloro che non sono fan e una discreta perplessità per chi lo è. L’assenza di pietre miliari come My girlfriend’s Girlfriend e Bloody Kisses mi lascia perplesso (è come se gli Iron Maiden non facessero Iron Maiden in un loro show!!) e la presenza di Andrea dei Lacuna Coil sul palco per i cori di Black No. 1 sinceramente non la comprendo.
Concerto quindi decisamente sui-generis che mi ha stupito ma non convinto; è vero che suonando pochi brani lunghi si evita di essere dispersivi, ma è altrettanto vero che dopo un po’ la gente può anche annoiarsi!

Setlist:
We hate everyone
The profits of doom
Christian woman
These three things
Black no. 1

Black Label Society a cura di Nicola “nik76” Furlan

Zakk Wylde è uno dei più grandi chitarristi rock che la storia abbia mai avuto. Un gorilla da palco per orgoglio, stile e potenza rock dispensata. Tra armonici artificiali, bending spacca corde e plettrate violente l’axeman onora i presenti con una prestazione superlativa. Passano in rassegna chicche come l’opener New Religion, le “mafiose” Fire it Up e quel capolavoro di coinvolgimento chiamato Suicide Messiah per chiudere in grande stile con Stillborn. I compagni di palco entrano subito in sinergia col pubblico attraverso soddifacimenti gestuali ampiamente ricambiati dai presenti. L’esibizione registra momenti di grande coinvolgimento e la percezione è quella che il combo statunitense voglia davvero dare tutto ciò che ha dentro. DeServio si esibisce in un continuo interscambiare di apprezzamenti coi presenti e ancora mi chiedo come sia rimasta intera la batteria dopo il passaggio di Craig Nunenmacher. A memoria ricordo di rado un picchiatore simile, capace cioè di iniettare costantemente dosi di potenza alle ritmiche già di per loro super pompate. Unica pecca i suoni che costantemente hanno “fritto” assoli e ritmiche. Maledetto tempo: un’ora durata troppo poco.

Megadeth a cura di Nicola “nik76” Furlan

Concerto dell’anno. Almeno per ora. A memoria forse anche uno dei migliori live che la band di Mustaine abbia eseguito negli ultimi lustri. Complice di una line-up che ha trovato un affiatamento più unico che raro (stessa sensazione avuta nell’ultimo full-length “United Abominations”) e dei suoni davvero eccellenti, lo show è un continuo ed inesorabile crescendo. Da Sleepwalker al medley Holy Wars/The Mechanix/Holy Wars passando capolavori come In My Darkest Hour, Tornado of Souls (inchino), Hangar 18, una Peace Sells da lacrime che sembra, per freschezza esecutiva, riportare indietro nel tempo o una Symphony of Destruction, è un continuo susseguirsi di prestazioni capolavoro. Shawn Drover alle pelli non sarà Menza, nè è possibile ricondurre tecnicamente il fratello a Friedman piuttosto che Lomenzo a Ellefson, però, accidenti se i personaggi citati hanno alimentato finalmente i carburatori bay area, anche in live. Dave finalmente ci ha azzeccato alla grande. E’ rinato come espressività del cantato e questo è il punto forte della performance milanese. Comanda sempre lui è indubbio, guai se no, però, chi c’è stato ha rivisto un pezzo di storia come non se ne vedeva da almeno 12 anni ed una band affiatata che darà ancora moltissimo. A buon intenditore poche parole.

Ozzy Osbourne a cura di Claudio “Fallen Angel” Casero

[non è stato permesso scattare foto durante lo show di Ozzy Osbourne]

Inizia a calare il sole e sta per arrivare finalmente il più atteso momento di tutta la giornata: l’esibizione di Ozzy! La tensione diventa palpabile e diventano sempre più frequenti i cori che inneggiano al principe della notte. Come sempre il suo ingresso viene anticipato dalle note della “Carmina Burana” di Carl Orff. Esce così allo scoperto il tanto acclamato Ozzy che saltella per il palco neanche fosse tornato bambino, lasciando presagire un concerto allegro e piacevole sotto tutti gli aspetti. Purtroppo la mia speranza rimane delusa non appena il singer inizia ad intonare l’opener “Bark at the Moon” caratterizzata da un insieme di stonature a dir poco imbarazzanti che fanno fin da subito notare la sua difficoltà nel canto; il pubblico lo incoraggia e lo incita senza perdersi d’animo.
Con Mr. Crowley la situazione migliora leggermente nonostante vengano fatte delle stonature impressionanti in buona parte del brano; tutto continua con alti e bassi e mancanza di voce ma anche con alcuni momenti più che accettabili: è questo il caso di War Pigs, Believer e Suicide Solution che riescono a scaldare il pubblico che va letteralmente in delirio. Sicuramente la prestazione di Ozzy viene migliorata dai musicisti di tutto rispetto che si è portato sul palco; nomi come Zakk Wylde (che non sembra sentire per nulla la fatica del concerto fatto poche ore prima N.d.R.), Blasco al basso (ex di Rob Zombie), Mike Bordin dietro alle pelli (ex Faith No More) e Adam Wakeman alle tastiere fanno si che non ci siano sbavature di nessun genere dal punto di vista musicale.
Dopo poco più di mezzora di concerto è il momento di Zakk Wylde che ci delizia con più di un quarto d’ora di assolo (forse Ozzy non ce la faceva già più?!?! N.d.R.); le sue dita scivolano veloci sul manico della chitarra con il risultato di produrre suoni affascinanti e molto potenti.
Facciamoci a questo punto una bella risata vedendo Ozzy che non riesce a capire che per farsi sentire è meglio che parli nel microfono che ha nella mano destra e non nell’asta che ha nell’altra mano e godiamoci alcuni classici di indubbio gusto come Crazy Train, Paranoid e I don’t Know cantati in maniera tutto sommato accettabile. Finisce così anche per quest’anno il Gods of Metal con un Ozzy che forse dovrebbe capire che, a volte, è meglio appendere il microfono al chiodo piuttosto che fare certe figure e perdere quel poco di dignità rimasta; ma purtroppo o per fortuna lui è sempre stato così e lo amiamo per quello che è!!

Setlist:
Bark At The Moon
Mr Crowley
Not Going Away
Warpigs
Believer
Road To Nowhere
Suicide Solution
I Don’t Know
Here For You
No More Tears
I Don’t Want To Change The World
Mama I’m Coming Home
Crazy Train
Paranoid