Report: Great White – 10/02/08, Bologna

Di Redazione - 13 Febbraio 2008 - 0:00
Report: Great White – 10/02/08, Bologna

Dopo alcuni anni di latitanza semi-forzata, torna a farsi vivo in Italia lo Squalo Bianco per antonomasia, Great White. La band capitanata da Jack Russell e Mark Kendall è ancora impegnata nella promozione di Back To The Rhythm (2007, Frontiers), album che ha celebrato degnamente venticinque anni di carriera e interrotto un silenzio durato quasi due lustri, volendo omettere raccolte e tributi. Lo show di Bologna è il primo di due appuntamenti dedicati a una formazione che ha scritto pagine illustri in campo hard & heavy, scalando le classifiche americane a suon di frizzante hard rock e… blues! La stagione dei successi planetari è oggi un vago ricordo, ma il trascorrere del tempo non ha scalfito il carisma del gruppo californiano, ancora in grado di tenere in pugno una platea.

Il concerto è un saggio di rock & roll senza fronzoli, che punta sull’elettricità del materiale (tra scariche di pura adrenalina ed episodi più intimi) a scapito di orpelli scenografici, inesistenti. Grande entusiasmo tra le prime file all’attacco di Old Rose Motel e Face The Day, classici del repertorio che catalizzano una partecipazione corale. Jack Russell e un ispirato Mark Kendall, indiscussi mattatori della serata, guidano i compagni (le vecchie volpi Michael Lardie e Audie Desbrow, più Sean McNabb al basso) coronando una prestazione convincente, genuinamente live in tutte le sue sfaccettature. Assecondati dalla fedeltà dei suoni, positivi sin dalle battute iniziali, i Great White procedono a ritroso ripescando autentiche hit quali On Your Knees, la soffusa House Of Broken Love e Rock Me, punta di diamante della scaletta. Efficaci anche le puntate più recenti, come Back To The Rhythm o Rollin’ Stoned (da Can’t Get There From Here), che non sfigurano se rapportate ai pilastri della discografia. In chiusura da segnalare la riproposizione della vivace Once Bitten, Twice Shy, cover di Ian Hunter che nel 1989 fece schizzare vendite e popolarità del gruppo.

Tutto perfetto? Punti di vista. Volendo vedere il bicchiere mezzo vuoto, resta l’amaro in bocca per l’assenza di pezzi da novanta come Lady Red Light, Shot In The Dark, Mista Bone, Save Your Love (e la lista potrebbe continuare…), accantonati per fare pubblicità al Jack Russell solista (spazio a Paradise, da For You) o al progetto parallelo di Mark Kendall, protagonista di un blues per la verità piuttosto anonimo. Non ce ne vogliano i diretti interessati, ma la sola Can’t Shake It ha spazzato via in un attimo il calo di tensione coinciso con la parte centrale del set.

L’opinabile gestione della setlist non può tuttavia ridimensionare la qualità dello spettacolo offerto, che per grinta e coinvolgimento è risultato di prim’ordine. Gli applausi finali, copiosi, sono il commiato più sincero per una band che speriamo di rivedere presto in azione.

Federico Mahmoud