Report: Jeff Scott Soto + Edge Of Forever
Trofarello (To), Il Peocio: 20/09/05
Milano, Transilvania: 21/09/05
Premetto che il seguente report si riferisce a due concerti,
tenutisi rispettivamente a Trofarello (TO) ed a Milano. La set-list è
quasi identica e differisce solo per alcune canzoni, ma sostanzialmente il contenuto
del “prodotto” che è stato offerto ai fortunati presenti
risulta pressoché omogeneo.
Ero molto impaziente – lo confesso – di rivedere Soto con la sua
nuova band, dopo ben due anni di assenza. Il buon Jeff, in effetti, aveva già
effettuato un passaggio nel nostro Paese in occasione del tour con i Soul Sirkus;
tuttavia in quella circostanza, sempre al Transilvania di Milano – pur
essendosi trattato di un buon concerto – la resa acustica era stata tutt’altro
che soddisfacente. Ma ora… bando alle ciance e… let there be rock!
Prima, però, di addentrarci nel racconto dell’esibizione
degli “headliner”, merita un cenno la band di supporto, ovvero i
nostrani Edge Of Forever, anch’essi rinnovati rispetto alla formazione
originaria. I nuovi componenti sono:
– Alessandro Del Vecchio: vocals and keyboards
– Walter Caliaro: guitars, vocals
– Dimitri Oldani: bass, vocals
– Francesco Jovino: drums.
Per chi non li conoscesse, dirò subito che il combo
milanese ha prodotto il primo album “Feeding the Fire” nel 2004,
sotto la supervisione del bassista dei Talisman (Marcel Jacob): la loro musica
è un piacevolissimo Hard Rock melodico, sorretto da un ottimo “tiro”,
grazie alla presenza di un vero fuoriclasse della batteria quale Francesco Jovino,
già noto alle cronache per la sua collaborazione con l’icona del
Metal tedesco Udo Dirkschneider. Nel 2005 gli Edge of Forever hanno dato alla
luce la loro seconda creatura, vale a dire l’album “Let the Demon
Rock and Roll”, prodotto da Bobby Barth (Axe). Fatta questa breve premessa,
va detto che – in versione “live” – il quartetto non
ha tradito le attese ed i nuovi innesti (chitarra e basso) non hanno affatto
sfigurato, anzi..! A riprova di ciò, si pensi che a Torino il pubblico,
inizialmente un po’ freddino (soprattutto perché non conosceva
la band), a fine concerto si è scaldato al punto giusto di cottura ed
ha tributato ai ragazzi una meritatissima ovazione.
Ecco la set-list:
– Dance Into The Fire
– Shade Of November
– Crime Of Passion
– One Last Surrender
– Drum Solo
– Won’t Be A Fool No More
– Prisoner
– Feeding The Fire.
Il loro show ha visto alternarsi canzoni del primo e del secondo
album, all’insegna del puro e genuino Hard Rock con reminescenze ottantiane,
per la gioia degli amanti del genere, grazie soprattutto alle mirabili trame
intessute dalle tastiere di Alessandro Del Vecchio, dotate di timbriche piuttosto
Heavy, decise ed indovinatissime, mai invadenti. I momenti migliori si sono
avuti con l’intensa Shade Of November, che ha messo in luce le buone doti
canore di Ale, con la title-track Feeding The Fire e con la bellissima Prisoner,
che nel primo disco risultava caratterizzata dal duetto Bob Harris / J.S. Soto.
Un’ultima, ma non meno importante, citazione merita il “drum solo”,
scoppiettante come dei fuochi d’artificio e “cattivo” al punto
giusto, come del resto tutto il lavoro di questo strabiliante drummer “mano
di pietra”, che conferisce alla band un valore aggiunto di notevole spessore.
Complimenti sinceri a questi ragazzi che – ormai in netta quanto preoccupante
controtendenza, ahimè – tengono alto l’onore dell’Hard
Rock italiano.
Veniamo ora agli “headliner”. Per il tour di quest’anno,
la Jeff Scott Soto Band si presenta per metà rinnovata. La nuova line-up
è la seguente:
– Jeff Scott Soto: vocals and bass;
– Howie Simon: acoustic and electric guitars, vocals;
– Chris Mc Carvill: bass, acoustic and electric guitars;
– David Dzialak: drums.
Avendo
assistito a molti concerti del frontman americano, non avevo dubbi al riguardo.
I fatti mi hanno poi dato ragione, nel senso che entrambi i concerti sono stati
segnati da quella verve, da quella tipica sferzata di energia, che caratterizza
ogni performance di Jeff Scott Soto. A titolo di cronaca va detto che al Peocio
di Trofarello c’era meno pubblico rispetto al Transilvania di Milano;
ciò nondimeno, lo show è stato di pari intensità e calore,
a testimonianza della grande professionalità di Soto & C. nonché
della presenza di quella peculiarità che solo i grandi artisti possiedono:
mi riferisco alla spontaneità, alla passione, alla voglia di divertirsi
sul palco, al puro piacere di suonare e cantare; l’impegno, la qualità,
il feeling sono gli stessi sia davanti a 100 che a 10.000 persone. Mi pare doveroso
dare rilievo a questo aspetto di non poco conto, al di là delle considerazioni
di natura più “tecnica” che affronteremo più avanti.
Venendo alla set-list, preciso che in entrambi gli show (Torino e Milano) sono
stati proposti più o meno gli stessi brani, con qualche piccola differenza
e qualche “chicca”, frutto dell’improvvisazione e, appunto,
di quella fresca spontaneità cui accennavo in precedenza.
A memoria cito Living The Life (dal celebre film “Rock Star”, che
vide la partecipazione vocale di J.S. Soto insieme al talentuoso Mike Matijevic),
tiratissimo pezzo Hard Rock sorretto da una decisa impostazione ritmica e dai
graffianti riff di un sempre sorprendente Howie Simon, il quale, nell’occasione,
sfoggiava un buffo copricapo di lana nero, a dispetto della temperatura tropicale
che aleggiava sul palco. Chris Mc Carvill si è presentato con un tiro
veramente spettacolare, che ricordava il suo predecessore Gary Shutt, quanto
ad eclettismo, evidenziando sia notevoli qualità vocali sia una perfetta
padronanza della sei corde, mentre dal canto suo l’altra “new entry”,
David Dzialak, non ha fatto rimpiangere l’ex drummer Alex Papa.
Dulcis in fundo, Jeff ha sciorinato il meglio del suo repertorio, cimentandosi
con immensa classe in pezzi di stampo Hard, da un lato, e deliziando la platea
con suggestive atmosfere acustiche, dall’altro, spaziando con assoluta
padronanza dal genere AOR più romantico all’Heavy Metal più
tosto, con intermezzi Funky e Blues e con altri momenti significativi, di più
classica tradizione Hard Rock, proponendo una scaletta quanto mai versatile
ed eterogenea che ha divertito assai il pubblico presente in sala.
In omaggio ai Soul Sirkus (la super-band con Soto, Schoen, Mendoza e Donati,
che recentemente aveva fatto qualche apparizione in terra italica) è
stata proposta la vivace New Position, in cui l’ottimo Howie Simon ha
dimostrato di trovarsi del tutto a proprio agio con i suoi stupendi e gustosi
assoli.
Dall’ultimo album di J.S.S., “Lost in translation”, sono state
selezionate On My Own e Drowning, quindi da “Prism” la conosciutissima
Eyes Of Love. E, ancora dal film “Rock Star”, è stata tratta
l’esplosiva Stand Up, di grandissimo impatto sonoro ed emotivo, con Howie
che si è distinto per i lancinanti acuti della sua chitarra e Jeff che
ha evidenziato una straordinaria forma delle sue corde vocali.
Dal
repertorio dei Talisman sono state prese in prestito Colour My Xtc e Again To
Be Found, con l’inevitabile citazione del DVD “live”, che
puntualmente qualcuno delle prime file agitava come un trofeo!
Per quanto riguarda l’intermezzo acustico, Jeff (già abbondantemente
grondante litri di sudore dopo una mezzora di spettacolo), assistito da Chris
e Howie seduti sugli sgabelloni con le loro chitarre acustiche, si è
accomodato alle tastiere ed ha intonato alcune delle più commoventi canzoni
del suo repertorio frammiste ad altre piacevoli cover (Journey, Queen, Seal),
fra le quali ricordo: If This Is The End, Faithfully, Cheyenne, Purple Rain,
l’immancabile Crazy, Love Of My Life, Holding On, Just Between Us, Restless
Hearts ed infine I’ll Be Waiting, ovviamente cantata a gran voce da tutti
i presenti.
Dopo la suggestiva atmosfera creatasi con lo splendido “acoustic break”,
una vera sferzata di energia si è riversata sulle nostre teste calde
con un medley di stampo Hard Rock, allorché i musicisti si sono scatenati
in una rassegna che ha compreso grandi successi e cover di un passato che non
si può dimenticare, quali High Time, All Night Long, Run To The Hill,
Rock You Like A Hurricane, Fool For Your Loving, You’ve Got Another Thing
Coming, accolte con grande gioia dai più metallari tra i fans!
Jeff ha dimostrato ancora una volta (casomai ce ne fosse bisogno) di essere
un grande istrione, un vero animale da palcoscenico, maneggiando con mirabile
perizia basso, tastiere e tamburello, giocando con il microfono, ballando ed
ammiccando con i suoi musicisti, scherzando con loro e con quelli delle prime
file, ma soprattutto dando un saggio di ciò che la sua voce sa essere:
calda e melodica, ma anche graffiante e grintosa al momento opportuno. E’
il caso, appunto, di I Want To Take You Higher (si ricordi il duetto con Glenn
Hughes) ma, soprattutto, di I See The Light Tonight, di “malmsteeniana”
memoria (complimenti a Howie Simon per il suo assolo capace di evocare il Maestro),
con cui il nostro vulcanico eroe si è cimentato in acuti assai impegnativi.
Un’altra nota merita il simpatico intermezzo “funky/rock”
della band, aperto da un improbabile Howie Simon impegnato in Long Train Running
dei Doobie Brothers, seguita da Play That Funky Music, Jungle Boogie, Vanilla
Ice, The Roof Is On Fire, Shake Your Boogie, We Will Rock You, Another One Bites
The Dust. Sembrava quasi di trovarsi davanti ad uno di quei caratteristici juke-box
degli anni 70, colorati e luminosi, da cui uscivano le note delle canzoni più
in voga all’epoca: e per noi, spettatori dalle tendenze romantiche, è
stato come vedere il braccio meccanico del juke-box che pinzava e metteva sul
piatto, uno dopo l’altro, questi dischi: Kung Fu Fighting, Macho Man e,
da ultimo, Staying Alive, durante la quale “Jeff Travolta” ha addirittura
inscenato, con i suoi allegri compari, il famoso balletto cinematografico passato
alla storia.
Qualcuno, fra i più “integralisti”, potrà legittimamente
storcere il naso dinanzi al medley sopra descritto, in nome della fedeltà
ad un genere musicale più nobile: in altri termini, cosa c’entrano
la Disco ed il Funky con l’Hard Rock? A questa domanda non saprei, sinceramente,
cosa rispondere; tuttavia, riflettendo sulla tipicità del personaggio,
una spiegazione si può trovare nella sua estrema duttilità, nel
suo continuo mettersi in discussione cimentandosi in generi così differenti
fra loro, nel suo essere un artista “a tutto tondo”, come direbbe
qualche illustre collega; insomma, credo che Jeff – giunto al presente
grado di maturità della sua gloriosa carriera – non debba dimostrare
alcunché e, quindi, possa anche permettersi di spaziare nei settori che
più lo stimolano, a volte senza prendersi troppo sul serio, appunto,
e divertendosi come gli pare con i suoi compagni d’avventura.
A prescindere da tali argomentazioni, tuttavia, mi pare sia giusto sottolineare
il livello qualitativo delle sue performances, sempre cariche di energia e di
simpatia, mai banali o scontate. Per quel che riguarda gli aspetti più
“tecnici”, si tenga comunque presente che dietro l’apparente
facciata “goliardica”, per così dire, si nasconde tutta una
scrupolosa fase di preparazione che non lascia nulla al caso: avendo assistito
a qualche sound check, mi permetto di affermare che lo show è frutto
di un grande lavoro da parte di questi artisti ed il loro affiatamento è
la logica risultante della loro notevole professionalità. Presi ad uno
ad uno, i componenti di quella che sembra un’allegra brigata sono, prima
di tutto, musicisti eccezionali sotto il profilo tecnico individuale e quadratissimi
dal punto di vista collettivo: Howie Simon, in particolare, si è distinto
anche nella parte acustica, con un accompagnamento fatto di scale virtuose,
tanto veloci quanto “pulite” nell’esecuzione, tali da valorizzare
ancor più l’ottima resa sonora del gruppo e (visto che stiamo parlando
di “artisti”) da costituire la cornice di in uno splendido e suggestivo
quadro d’insieme.
In
conclusione: anche quest’anno la band ci ha regalato una grande esibizione,
all’altezza delle aspettative: un paio d’ore di ottima musica, suonata
e cantata senza risparmio, che dal mio punto di vista avrebbe meritato più
pubblico; ma il discorso, a questo punto, si potrebbe allargare e non mi pare
davvero il caso di rattristarci più di tanto per la situazione in cui
versa l’audience italica del settore! Beato chi c’era, dunque!
Per i Sotofans più affezionati (quelli che cantano tutte le canzoni a
squarciagola nelle prime file) concluderò riportando una news: Jeff,
con il quale mi sono intrattenuto usufruendo della sua consueta disponibilità
e grande gentilezza, mi ha rivelato che a gennaio dovrebbe fare ritorno nella
nostra ridente (!) penisola con i Talisman. Sia questo un augurio e un arrivederci.
I’ll be waiting!…
Marcello Catozzi