Report ‘No Mercy Festival 2004’
Dopo la sterzata verso il Thrash della scorsa edizione (andata peraltro molto bene), torna uno dei festival estremi più importanti d’Italia nella sua veste originale: il 6 aprile sette gruppi invadono il palco del Transilvania Live e smuovono un pubblico che, nonostante le dimensioni ridotte del locale (nell’ottica della portata della manifestazione) non si fa scoraggiare. Una bill che fa sciogliere ogni amante del Death Metal, e che lascia in balia di sè stessi gli unici blackster della giornata (i Carpathian Forest). Prestazione dopo prestazione cresce sempre di più la soddisfazione dei presenti, indubbiamente anche grazie all’organizzazione che riduce al minimo i tempi morti. Ma il vero merito va ai protagonisti espliciti, i gruppi annunciati da mesi, che uno dopo l’altro hanno affrontato il palco dimostrando di essersi meritati a pieno quel posto nella scaletta.
Innanzitutto sono convinto che quello degli SPAWN OF POSSESSION è un nome che in campo Brutal non mancherà di farsi conoscere in lungo e in largo. Aprono un festival nella maniera migliore: agitando fin da subito anime e corpi dei presenti, ravvivando all’istante lo spirito della giornata. Un numero non trascurabile di fan è sotto al palco e si gode la prestazione impeccabile e la violenza spaventosa dei cinque svedesi. Chi ancora non li conosce reagisce nei modi più diversi, ma in ogni modo non rimane indifferente.
E’ pogo fin da subito, pogo violento, animato non solo dallo spirito del No Mercy ma dallo stesso gruppo d’apertura. Molto statici ed essenziali sul palco, sulla scia degli headliner della serata, ma coinvolgenti: blast-beat chirurgicamente precisi sfociano in parti più dinamiche, e il pubblico a ogni fine canzone reagisce sempre meglio. Occupano troppo poco il palco per ovvi motivi, ma sono convinto che i minuti a loro concessi sono bastati per lasciare una bella impronta nella testa di chi non li conosceva.
Grande spettacolo quello che offrono gli EXHUMED! A dirla tutta mi aspettavo un impatto più alla Haemorrhage, meno impegnato insomma… Pare invece che al gruppo piaccia a sprazzi mettere in vista anche la propria veste più tecnica. Questo non sembra compromettere il loro stile, molto diretto come su album. E non fa venir meno neanche la voglia di scherzare, come quando a inizio spettacolo mostrano il retro degli strumenti, con un significativo “Gore Fucking Metal” (oramai un classico dei loro show).
Prediligono andare a parare sui brani del loro terzo Anatomy Is Destiny, e non mancano di darci un’anticipazione sul loro prossimo cd. Poi d’un tratto se ne escono con una carrellata che è tutta un programma: “Necromaniac” – “Decrepit Crescendo” – “In The Name Of Gore”. Non penso sia difficile immaginare la reazione del pubblico e in particolare dei fan più oltranzisti.
A volte purtroppo il gruppo stenta un po’, manca di coinvolgere chi non li conosce sufficientemente. Chi aveva già avuto modo di seguirli mi conferma che hanno avuto serate migliori, ma a mio parere si può nel complesso ritenersi molto più che soddisfatti (ok, lo ammetto, sono di parte…).
Un po’ anonimi i VOMITORY, che avevo avuto modo di seguire qualche anno fa, con una prestazione all’attivo sicuramente migliore. Non che manchi la voglia o la capacità di suonare: i pezzi sono della intensità e violenza a cui ci hanno abituato con le loro release. Il coinvolgimento del pubblico è però basso, e la loro immobilità sugli strumenti non trova spiegazione: con gli spettatori già scaldati dalle prestazioni dei gruppi d’apertura avrebbero potuto sicuramente permettersi di lasciarsi andare a qualcosa di più accattivante che non una fredda esecuzione.
Sinceramente non so dare un perchè preciso alla mia parziale freddezza nei loro confronti: li ho sempre considerati (e continuo a farlo) un gran gruppo, e conservo della loro precedente prestazione un ottimo ricordo. Sicuramente chi li ha preceduti in scaletta ha dimostrato una maggiore presa, un’esecuzione più sentita e partecipe. Peccato, avrei veramente sperato in qualcosa di più.
Ammetto di essermi perso una parte del concerto dei CARPATHIAN FOREST, ma da quel che ho visto mi è sembrato che fossero in ottima forma. Peccato che il contesto non fosse dei più adatti per loro: ciò non impedisce a una gran parte del pubblico di seguirli appassionatamente, soprattutto quando partono con i loro classici.
Rinunciando a face-painting e simili, il gruppo si presenta sul palco con la stessa formazione con cui li ho visti di recente a Codevilla, eccezion fatta per il bassista. La prestazione è però nettamente superiore, più pulita dal punto di vista musicale, con un Nattefrost in buona forma nonostante il recente incidente che non gli ha permesso di partecipare a cinque date del tour; il resto del gruppo tiene dignitosamente il palco ma l’attenzione sembra concentrarsi esclusivamente sulla presenza del cantante.
Lo spirito rock’n’roll di “He’s Turning Blue” mette in moto le prime file che si scatenano con poche eccezioni di immeritata freddezza, e lo stesso accade con la più classica “Black Shining Leather”. Non ho seguito la prima parte dello spettacolo, ma gli ultimi pezzi mostrano una band che non ha certo paura di esibirsi davanti ad un pubblico anomalo per il proprio stile, che d’altronde sembra riconoscere i meriti di questa buona prova.
Come auspicabile, l’accoglienza per i KATAKLYSM è calorosa e la loro risposta degna di tale affetto. Come ho più volte ricordato non sono certo un fan del primo periodo del gruppo, apprezzando solo Epic… e il successore (non ho ancora avuto modo di ascoltare l’ultimo lavoro). Ebbi modo di seguire un live show del gruppo circa 3 anni fa e non ne rimasi granchè impressionato. Ma questa volta lo spettacolo offerto è magnifico, e il cantante Maurizio dimostra tutto il suo affetto per la sua terra d’origine non solo negli interludi tra una canzone e l’altra. Lo dimostra con la sua stessa presenza su quel palco nonostante una rottura del timpano destro risalente a soli due giorni prima; lo dimostra con la passione e la grinta con cui aggredisce il microfono, con il sincero affetto con cui si rivolge al pubblico.
In molti consideravano il loro intervento come il clou della serata, e in tale ottica il gruppo affronta l’impegno. Anni di esperienza gli anno insegnato come si domina un palco, e i risultati si vedono. La scelta dei pezzi cade quasi interamente sugli ultimi lavori, con un’ottima performance su “Illuminati”. E’ la prima volta che la formazione si presenta in Italia dal cambio del batterista, e questi non manca di proporre un assolo: nulla di dispersivo, un breve attimo in cui dare una prova notevole di velocità che basta per ridare fiato al gruppo. Si prosegue nella carrellata di sparate Death Metal: intelligente la scelta dei pezzi, che lascia un po’ indietro i vecchi lavori e regala tanto head-banging. Si chiude in bellezza con “In Shadow And Dust”, brano oramai entrato tra i loro classici. Veramente una grandissima prova.
Gli HYPOCRISY non si fanno attendere, e vengono accolti con grande entusiasmo. Le luci spente e l’inizio di “Born Dead – Buried Alive” precedono la loro comparsa sul palco, e con l’attacco del main-riff il pubblico entra veramente nel vivo dell’esibizione. Sulla preparazione tecnica della formazione a quattro (che a quanto pare verrà mantenuta da ora in poi anche in studio) non c’è ovviamente nulla da dire: ma sanno farsi amare per ben altri motivi, e non appena accennano a gettare uno sguardo al loro passato il pubblico lo conferma. E’ un continuo levarsi di braccia e voci a ritmo con il cantato acido di Peter. Affiancato ovviamente da una marea di corpi coinvolti in un rispettabile pogo.
Arriva “Fire In The Sky”, con il suo urlo iniziale che spazza via tutto: via la violenza dell’appena terminata “Turn The Page”, via ogni dubbio sul valore di questa creatura che da anni sforna simili gioielli. I suoni sono nitidi, e aiutano a ricreare l’effetto voluto dal gioco con le tastiere. Peter scherza annunciando “Milan 47” ed è un altro classico che raggiunge le orecchie di un pubblico sempre più entusiasta. Le reazioni sono eccezionali anche con la neo-nata “Eraser”, che sembra essere una delle prescelte del nuovo album a diventare un classico. Coraggiosamente ci propongono un altro pezzo dai toni cadenzati come “Slave To The Parasites”, e ancora una volta la scelta risulta ok.
Peter è in grandissima forma, il suo cantato è versatile e si adatta alla perfezione ad ogni contesto: l’interpretazione che offre su ogni canzone è perfetta, e ne dà prova con la già citata “Turn The Page”, sicuramente non facile da riproporre live. Al momento giusto tira fuori gli attributi e non solo ci fa tornare al secondo album con “Necronomicon”: azzarda molto di più, riproponendo a sorpresa una canzone che risale nella sua versione originale al primo demo, “God Is A Lie”. Insomma, un gruppo che ha il suo stile ma che dimostra di non aver perso le proprie origini e di essere in grado di adattarsi ad ogni circostanza musicale.
Chi conosce ed ama questa band non può che dirsi esaltato. Se ne vanno lasciando il vuoto: sembra che il tempo sia volato, e a scrivere della loro esecuzione ho quasi le lacrime agli occhi. Indimenticabili.
E poi loro, le macchine da guerra che devastano da anni i live-set di tutto il mondo. I CANNIBAL CORPSE sono una garanzia di successo in qualunque sede live, nonostante si ostinino a proporre sempre la solita scaletta e la stessa esibizione essenziale. Ogni volta ci si dimentica quel che si è visto la precedente e ci si lascia andare al ritmo incessante dei loro pezzi.
E’ passato poco, siamo solo al terzo brano, ma decidono che è ora di far muovere veramente il pubblico, ed ecco che parte la folle “Fucked With A Knife”. Un delirio, tre minuti di panico e di pogo totale, per poi passare ad un altro classico dello stesso album, “Stripped, Raped And Strangled”. La reazione sui classici è ovviamente ottima, ma non è da meno quella ai pezzi nuovi. Il primo proposto è il cadenzato “Decency Defied”, seguito non molto dopo da “They Deserve To Die”: il breve stacco di Webster basta a fargli raccogliere la meritata dose di applausi. Sottolineo, meritata: ciò che più ho apprezzato dello show è stato proprio l’atteggiamento dello storico bassista, che ogni volta mostra la propria dedizione alla causa regalando non solo ottime prestazioni, ma espressioni di vera gioia e soddisfazione nel vedere il pubblico che apprezza la performance.
Più tardi toccherà anche alla title-track del nuovo lavoro, ma c’è tempo anche per sparare di fila “Unleashing The Bloodthirsty” e “Pounded Into Dust”, oramai tra i pezzi forti delle loro scalette. Ma più ci si avvicina alla fine, più diventa ovvia la necessità di proporre gli immancabili… E’ tripudio al solo nominare “Devoured By Vermin”; reazione analoga quando si va indietro nel tempo fino a pescare “Skull Full Of Maggots”. Insomma, un classico show della leggenda Brutal, chiusa ovviamente dal loro pezzo forte che non ci stancheremo mai di sentire, “Hammer Smashed Face”.
Ci sono concerti che lasciano indifferenti così come concerti che si rivelano una sorpresa totale. Questo No Mercy fondamentalmente non fa che mantenere la promessa sottintesa: portare una selezione di gruppi di alto livello. Ma forse va un po’ oltre: ci regala band in forma strepitosa, che vivono la data al meglio e non solo come una serata inserita in una lunga serie. Il prezzo sinceramente alto della manifestazione ha scoraggiato tanti dei potenziali presenti, ed è un peccato. Un grazie sincero a tutti coloro che hanno reso possibile questa giornata, l’ennesima grande data di questa riuscitissima annata per il metal estremo.