Report: Paul Di’Anno e Children of the Damned (22/04)

Di Nicola Furlan - 26 Aprile 2007 - 13:01
Report: Paul Di’Anno e Children of the Damned (22/04)

Domenica 22 aprile 2007, Rock Club (Ronchi dei Legionari – Gorizia): Paul Di’Anno e Children of the Damned

Sono sincero, ogni tot tempo devo rivivere la storia degli Iron Maiden attraverso tutti i primi 7 dischi; è una necessità che non di rado calamita i miei istinti musicali. Tappe obbligate del processo sono sempre i primi due studio album. Devo assaporare la loro primigenia magia così da calarmi nelle atmosfere mistiche, oscure ed introspettive che “Iron Maiden” e “Killers” riescono a generare in me da una vita. Poi ecco affiorare un altro bisogno quando, qualche anno fa, compare una news che annuncia l’uscita di “The Early Days, Part 1”, DVD contenente quel famigerato Live at The Rainbow del 1981. Ho capito che mi mancava l’esperienza live dell’era Di’Anno.

E’ la stessa passione che mi ha portato il 22 aprile a recarmi in un locale piccolo, oscuro e non molto difforme da quelli che saranno state le prime location in quel di Londra e dintorni. Un giorno essenziale per me è arrivato. Non importa che manchino Harris e compagni, io sono lì per lui e per i suoi validissimi compari di palco, per rispettare, oltre la memoria storica di ciò che è stato già creato, anche quello che al momento sta producendo con il suo progetto solista, non ultimo per sentire qualcosa del valevole “The Living Dead”. (2006)

Aprono i nostrani Children of the Damned, band ufficiale cui il buon Paul fa riferimento per i suoi spostamenti in terra italica. Il concerto ha inizio con la comunicazione che Luca Pancaldi (voce della band ferrarese) non canterà che qualche pezzo in quanto affetto da un fortissimo mal di gola. Credetemi che se un cantante con il mal di gola canta così c’è da vederne delle belle ad ugola sana. Il singer sforza per tenere alto l’onore, ma cede dopo due pezzi sapendo comunque gestire il dolore con una passione assolutamente palpabile. Bravo sia su The Number of the Beast che su Iron Maiden. Bravo davvero!

Dopo un piccolo break arriva il singer inglese e sale on-stage. L’artista non ha perso una briciola del fascino che lo ha sempre contraddistinto. Cristallina classe punk, rock, heavy, chiamatela come volete. Canta ancora benissimo, con sempre più grinta e veemenza ed è supportato da una band di qualità elevatissima perchè capace di andare oltre la mera e perfetta esecuzione. Gli strumenti sono orientati al passato, il tocco ripropone le giuste atmosfere e tutto il contorno acquista la giusta e rediviva dimensione. Cosa non da poco e che solo poche cover band sono in grado di fare. Interpretazione notevole.

Passando dagli alti delle varie Wrathchild, Prowler e Murders in the Rue Morgue fino alle graffianti espressività rock dei pezzi composti con i Killers tutto torna alla grande. Marshal Lokjaw, Impaler (entrambi tratti “Murder One” del 1992) e Faith Healer sono i pezzi solisti che hanno lasciato il segno, anche se c’è da appuntare il comportamento alquanto mediocre di una parte del pubblico che esce su tali pezzi aspettando solo i classici. Apprezzabilissimi e intrisi di anima punk/rock anche i tiri di Blitzkrieg Bop (cover dei Ramones) ad onor della passione per il punk che lo ha sempre contraddistinto e non ultima la title track dell’ultimo full-length “The Living Dead”.

I momenti intensi della serata coincidono con le esecuzioni vocali in Remember Tomorrow, in cui è possibile respirare i venti freddi delle strade londinesi e dei due masterpiece Killers (annunciata da un invettivo preambolo pseudo politico) e la suggestiva Phantom of the Opera. Non ultimo il duetto con un bambino presente al concerto che il singer fa salire sul palco (con grande delicatezza) a duettare con lui, salutandolo infine con una carezza e con un messaggio ai presenti: “This is the Hope of Our World”.

Che emozione sentire fin sotto la pelle quelle vibrazioni vocali che hanno fatto storia, di chi cantava quei favolosi masterpiece 28 anni fa oramai. L’immagine di una coerenza che pochi hanno avuto nella loro storia è stata trasposta ad oggi grazie a questo straordinario e raffinato artista che non ha ancora perso la poesia di un tempo. Arte senza tempo.

Nicola Furlan

Si ringrazia per le foto again.design