Report: Primordial – Dublin – 19.01.08
Report e foto a cura di Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Che la serata del 19 gennaio in quel di Temple Bar dovesse essere speciale, per i fan dei Primordial, lo si era capito da qualche giorno prima, quando la band aveva annunciato di volerne trarre il primo DVD ufficiale: chiaro segno di quella che sarebbe stata l’affluenza presso l’ex Temple Bar Music Centre, ora Button Factory, storico centro musicale di Dublino, nel centro del quartiere culturale (e dei divertimenti) della capitale irlandese.
Il rinnovato club ricorda in qualche modo il milanese Rainbow, anche se con interni decisamente più moderni (frutto anche della ristrutturazione): capienza simile, tra le 500 e le 700 persone (galleria compresa), simile struttura e disposizione interna. Sul palco, basso e vicino alla folla già radunatasi nel locale, è stata montata la classica bandiera col logo della band, alle spalle della batteria.
Un po’ per forza e un po’ per scelta, visto il classico maltempo dublinese, io e i “colleghi” presenti perdiamo la prima band della serata, tali Graveyard Dirt, che si riveleranno essere poi, nelle parole di alcuni ragazzi locali, “uno dei migliori gruppi metal dell’isola”: nonostante siano sconosciuti appena al di fuori d’Irlanda, questo gruppo sembra convogliare su di sé l’interesse di non pochi amanti del gothic metal alla My Dying Bride delle origini, anche a giudicare dalle magliette che girano tra il pubblico. Certo, il fattore “amicizia” non è da sottovalutare, ma il pubblico arriva letteralmente da ogni angolo dell’isola, come vedremo.
For Ruin |
A seguire, più o meno quando riusciamo a superare la folla e a entrare nel locale, si esibisce un’altra piccola realtà locale, che sembra però catalizzare, ancora una volta, l’entusiasmo dei presenti: i For Ruin, dal Donegal, suonano una sorta di death metal melodico a dire il vero molto, molto stereotipato, come del resto è difficile non aspettarsi dal genere spesse volte, ma va dato loro atto che sanno eseguirlo alla perfezione, con ottime doti tecniche (soprattutto del batterista) e di tenuta di palco, tanto che riescono a intrattenere sufficientemente anche chi, come me, ignorava completamente la loro proposta. Una birra, del buon death melodico e soprattutto il coinvolgente entusiasmo dei loro compaesani, pronti a farsi 4 ore di macchina per vederli live a Dublino, permettono ai presenti di gustare la loro performance senza sbadigliare come sarebbe stato purtroppo prevedibile, anzi: niente di eccezionale, ma gradevoli e volenterosi.
For Ruin |
Innegabilmente, però, la folla che stipa completamente il locale, e che è arrivata anche dall’estero (ci sono esponenti della stampa musicale inglese, come un ragazzo di Terrorizer, tedesca e svedese, solo per fare qualche esempio incontrato nelle prime file), vuole vedere i Primordial, il resto è contorno. Ecco quindi che la band sale sul palco, prevedibilmente, al suono dell’ottima opener di To the nameless dead: Empire Falls vede tutto il pubblico unirsi in un solo coro davanti a una band compatta ed evidentemente felice della risposta della gente. In cori come “Every empire will fall…” la voce di Alan Nemtheanga viene completamente sommersa dall’urlo dei fan, ed è solo l’inizio.
Primordial |
Primordial |
La scaletta è basata soprattutto sugli ultimi due (capo)lavori, seppur senza dimenticare alcuni pezzi più antichi. Sicure hit della serata sono canzoni come The golden spiral, travolgente brano di The gathering wilderness, l’ipnotica Gallows hymn (semplicemente da brividi l’urlo della gente sul verso “I’m not a religious man, so why should I put my faith in you?”), la folkish e blackeggiante No nation on this Earth, ma soprattutto i due simboli dell’ultimo disco: As Rome burns, dedicata da Alan alla “wretched tribe of Nero” italiana presente in sala (grazie Alan, molto gentile!) e che esplode letteralmente sul coro del break, quando il crescendo di tamburi porta all’urlo liberatorio finale; e Heathen Tribes, la più “pagana” e leggera, se vogliamo, tra le canzoni proposte, che paga tributo all’Europa presente in sala in quel momento. Ci crediate o no, ma il dialogo tra i fan e il gruppo è fortissimo, così come le emozioni che questa canzone sa suscitare.
Primordial |
Ma il pezzo più richiesto, senza pause, dall’audience è il capolavoro del disco precedente: The coffin ships, dedicata alla carestia irlandese di metà ‘800 e ai disperati che attraversarono l’Atlantico sulla bare galleggianti, appunto, per trovare salvezza in America. Inutile dire che l’arpeggio iniziale scatena il finimondo in sala, e sull’attacco delle chitarre la gente inizia persino a fare body surfing (su un pezzo lento!).
Qualche problema tecnico porta verso la chiusura della serata con una chitarra in meno, su un pezzo tratto dal primissimo demo del gruppo, come tributo a chi li conosce sin dagli inizi.
Serata da brividi, per uno dei gruppi più autenticamente epici che il metal “estremo” sappia proporre oggigiorno: Alan & co. sanno far trasmettere le proprie emozioni come pochi, e questa sera, di emozioni, se ne sono sentite tante.