Report Royal Hunt – Hughes – Talisman (Roma, 27/05/2003)

Di Redazione - 28 Maggio 2003 - 11:11
Report Royal Hunt – Hughes – Talisman (Roma, 27/05/2003)

Non ci sarà stato il pubblico delle grandi occasioni, ma gli avventori del Black Out (locale piu’ avvezzo a industrial/gothic/ebm) ieri sera rappresentavano davvero lo “zoccolo duro”, l’ultimo baluardo dei fan dell’hard rock vecchio stile e del classic metal che, facendo i dovuti scongiuri, sembra stia tornando ad invadere il panorama rock italico.

Iniziano con un ritardo di un’ora i fiorentini Green, presentati come band prog rock dagli organizzatori, ma non vanno piu’ in la’ di un hard rock dai toni piuttosto blandi, con qualche estemporaneo cambio di tempo, il tutto avvolto in fastidiose attitudini che oserei quasi definire grunge.

L’uggiosa esibizione sembra più che altro una prova generale, l’ultimissima prima dell’inizio del concerto vero e proprio, coincidente con l’irruzione sul palco dei Talisman, capitanati da Jeff Scott Soto (ex Malmsteen). Una song per scaldare la voce e prende forma uno show che sprizza energia da ogni poro, di una band oscurata dall’imponente figura del suo leader. Jeff è un animale da palco, brilla su tutto e su tutti. Sprezzante, quasi indisponente. Si scola mezzo litro di grappa e canta brani tratti dai suoi lavori solisti e dall’ultimo Talisman. Brani che non hanno un mood troppo coinvolgente, ma non importa, visto che è la sua voce a fare lo show. Il finale, con medley di Bon Jovi (“Livin’ On A Prayer”) è da infarto: il pubblico e’ in visibilio, colpito duro dagli inattesi controcanti a cappella, ma non abbastanza per esimersi dal partecipare cantando a squarciagola fino alla fine. Superiore.

E’ la volta della voce del rock, al secolo Mr. Glenn Hughes, atteso per una setlist acustica di 30 minuti per la presentazione del nuovo album “Songs In The Key Of Rock”. Per questo l’ex vocalist dei Deep Purple è accompagnato soltanto dal chitarrista J.J. Marsh, ma le cose non vanno bene: il basso acustico di Glenn non ne vuole sapere di suonare, mandandolo su tutte le furie. Forse un altro se la sarebbe presa con gli organizzatori, il fonico, il pubblico, i romani, gli italiani… E invece lui rimane abbarbicato a quel microfono, come fosse il suo giocattolo nuovo e caparbiamente annuncia che con quel sound è davvero impossibile suonare i brani del nuovo album. E allora che si fa? Semplice, una bella improvvisata di ballads… “Mistreated” e “Coast To Coast” su tutte, ma non è tanto la scelta della tracklist a poter impressionare, quanto piuttosto il carisma con il quale Hughes interpreta praticamente qualsiasi suono esca dal proprio cavo orale: e’ il feeling di un vecchio bluesman, la gente lo percepisce, e si fa trascinare dalla sua passione, cantando ogni singola nota, salvo rimanere abbagliati dalle evoluzioni canore del vocalist, in grado di offrire una miscela esplosiva di mood e tecnica senza eguali. Icona.

E’ mezzanotte passata quando salgono sul palco gli headliner della serata, i danesi Royal Hunt, e per loro il pubblico è nemmeno la metà di quello che aveva assistito all’esibizione di Glenn Hughes. Tuttavia i power metallers offrono uno show di tutto rispetto, proponendo diversi pezzi dall’album “The Mission” (“The Mission” e “Surrender” i più acclamati), un brano dall’imminente “Eye Of Witness”, da “Fear” (“Lies” e “Cold City Light”), da Paradox (“Message To God”), da “Moving Target” (“Last Goodbye”)… Globalmente i R.H. mi sono sembrati un po’ statici, a volte quasi svogliati. Tuttavia il frontman John West ci mette tutto ciò che può per coinvolgere il pubblico (compreso un costume da pellerossa e distribuzione di penne d’aquila), ma se da una parte i fan della band possono dirsi soddisfatti per aver ascoltato i loro brani preferiti, dall’altra i neofiti sono rimasti piuttosto freddi di fronte allo show, e addirittura abbandonano il campo prima del tempo, lasciando che lo spettacolo termini di fronte a un ristretto manipolo di tifosi accaniti. Devo dire però che il sound dei Royal Hunt è stato davvero buono, molto vicino per qualità e pulizia a quello ascoltabile da CD, eccezion fatta, forse, per i cori, un po’ sotto di volume. Sta di fatto che era diverso tempo che non riuscivo ad apprezzare acusticamente un concerto, e se considerate il genere proposto dalle band (che richiede una pulizia sopra la norma), il fatto di far suonare 4 band nella stessa serata in un locale non proprio abituato all’hard rock e ai liveshow in genere, la missione può dirsi davvero compiuta!