Report: Saint Deamon 9/04/2008 – Legend 54, Milano
Servizio a cura di Marco “Homer Jay” Ferrari
Scrivo e correggo questo live report ormai da cinque giorni, ma non tanto per il desiderio di confezionare un lavoro di qualità, ma per la difficoltà nel raccontare una serata in cui potenza e dolcezza, realtà ed assurdità hanno trovato il loro connubio prima, durante e dopo la performance dei Saint Deamon.
Sono circa le nove di sera quando, dopo aver fatto impazzire il mio fedele navigatore satellitare, finalmente trovo il Legend 54, venue designata per la prima data italiana della vera rivelazione in ambito power di questo 2008. Certo, mi sarei aspettato di tutto tranne vedere il locale completamente deserto con Ronny Milianowicz e soci a passeggiare tranquillamente in attesa della cena, mentre sul palco i nostrani “Looking For A Name” stanno terminando il soundcheck. Nell’oretta di attesa prima che la musica abbia inizio la situazione alla voce presenze rimane immutata ed è così che il combo capitanato dal tastierista Larsen Premoli inizia il proprio show che in una mezz’ora scarsa vede riproporre alcuni pezzi del loro ultimo album, “Tetragram”, intervallati dalle celebri sonorità del teatro del sogno che, per l’occasione, prendono le immagini e le parole di una delle canzoni preferite dal sottoscritto, ovvero “Take The Time”. Il tempo vola via velocemente e lascia il ricordo di una band molto valida ma che, forse non aiutata dalla resa sonora, dovrebbe curare maggiormente l’aspetto tecnico in sede live: di qualità ce n’è molta, ma non si possono perdonare lacune per gli evidenti fuori tempo da parte della sezione ritmica.
Giusto il tempo di adattare la batteria dei Looking For A Name alle mastodontiche dimensioni di Ronny Milianowicz ed ecco che lo show degli scandinavi è pronto ad iniziare, ma evidentemente manca un qualcosa…. cosa? Il palco sembra funzionante in tutti i suoi aspetti, le spie, le luci, il suono, la band…. è tutto al proprio posto, ma il pubblico non pervenuto, e i Nostri salgono sul palco accolti dagli applausi sinceri di ben 24 persone compresi i membri dell’opener act della serata e dai propri amici. Lasciando a voi le riflessioni su questo aspetto e rimandando le mie alla fine del report vorrei, per ora, descrivere nella maniera più precisa possibile la musica e le emozioni che i Saint Deamon hanno saputo regalare ai presenti.
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Personalmente l’attesa di vedere all’opera la rivelazione power era altissima, sia per la qualità dell’ottimo “In Shadows Lost From The Brave”, ma soprattutto per testare le capacità in sede live del singer Jan-Thore Grefstad che tanto aveva impressionato sul debutto.
Il viaggio per mari tempestosi inizia con l’adrenalinica “Run for your life” che mette subito in evidenza come classe cristallina mostrata in studio venga ulteriormente incrementata in sede live: questi ragazzoni avevano promesso che sarebbero andati in giro per il mondo anche gratuitamente pur di suonare, e l’energia con la quale ha avuto inizio il concerto è veramente meritevole delle più grandi lodi. La successiva “Black Smphony” non fa che confermare le ottime impressioni ricevute dall’opener, non solo la prestazione, nonostante un volume un po’ basso della chitarra, è musicalmente impeccabile, ma i Saint Deamon dal vivo ci sanno proprio fare e accostano un ottima e grintosa tenuta di palco da parte del biondo Nobby al basso e di Toya alla chitarra con la teatralità nelle movenze e nelle espressioni di un Jan – Thore i cui vocalizzi superano costantemente le già alte ed insidiose tonalità da studio. Giunge il momento delle evocative atmosfere della title track nella quale il mondo magico dipinto dalle note trova enfasi in una interpretazione vocale da applausi che tanto mi ricorda le migliori performance live di tale Jorn Lande. Il singolo “My Heart” ha il compito di rallentare un po’ il ritmo, fino ad ora molto serrato del concerto, ma si tratta solo di una breve parentesi prima di uno dei miei pezzi preferiti, ovvero “No Mans Land”, durante il quale i pochissimi presenti fanno comunque sentire il proprio calore alla band, la quale, evidentemente apprezza tanto da indurre un ritmico batter di mani come intro alla successiva “The Burden” che conferma anche dal vivo la propria potenza e a cui segue una “Deamons” la cui riproposizione è a dir poco sensazionale. La piccola tribù riunita per celebrare i propri beniamini è decisamente calda e i Saint Deamon sono pronti ad investirla con un’accoppiata devastante che inizia con “Ride Forever”, il cui ritornello viene cantato da tutti i presenti e sulla quale, per dovere di cronaca, Jan – Thore commette l’unico errore della serata sbagliando il testo nella seconda strofa. Parlavo di accoppiata killer, ed ecco che si concretizza con una esecuzione al fulmicotone di “The Brave Never Bleeds”, anche in questo caso introdotta dal caloroso supporto degli astanti. Si arriva così all’encore che viene aperto dalla superba “My Sorrow” brano, che se già mi aveva emozionato su disco, mi regala, dal vivo, brividi non indifferenti. La successiva cover dei Judas Priest, “Metal Gods”, ci porta alla conclusione della serata che prende la forma nelle ipnotiche note di “My Judas”.
La serata volge al termine, ma, non paghi, i Saint Deamon si mettono a disposizione dei fan, ed è così che ho la possibilità di una piacevole chiacchierata davanti ad una birra con Ronny e Nobby i quali si dimostrano persone incredibilmente simpatiche e cordiali e con i quali è stato bello scherzare prima di approfittare dell’offerta cd più maglietta a 20 euro.
Ora, a distanza di una settimana dall’evento, non posso che confermare a mente fredda l’incredibile prestazione dei Saint Deamon, oltre alle indubbie doti tecniche, gli scandinavi hanno una tenuta di palco ed una capacità di coinvolgere il pubblico da grande band e soprattutto un amore per la musica ed una professionalità da applausi. Quanti gruppi avrebbero suonato con tale impeto e passione, chiedendo addirittura al proprietario del locale se avevano tempo per un bis, di fronte a così poche persone?
Dopo aver tessuto le lodi sulla band protagonista della serata, non me ne vogliate se spendo qualche parola a titolo personale. Milano si vanta di essere la capitale metal del Paese sia per motivi di seguito che per innegabili questioni logistiche, ma l’Italia, evidentemente, non è ancora pronta a capire e vivere la differenza che c’è tra l’amare la musica e giocare a fare il metallaro solo in occasione dei grandi eventi. Che una delle band più interessanti dell’attuale panorama riesca, con un concerto di fatto gratuito (10 euro per l’associazione al club), a racimolare 24 presenti, di cui credo non più di dieci paganti, è una cosa ingiustificabile. Io la sera del 9 aprile mi sono profondamente vergognato, ma forse non dovrei essere il solo a farlo.
Marco Ferrari