Report: Stratovarius, HammerFall, Shakra a Milano

Di Redazione - 12 Dicembre 2005 - 17:15
Report: Stratovarius, HammerFall, Shakra a Milano

Milano, Alcatraz – 27 novembre 2005

In arrivo in Italia dal Nord Europa, in questo weekend di fine novembre, non ci sono stati solo freddo e neve…ma pure la combinata nordica Hammerfall e Stratovarius. La location predestinata per questo avvenimento è l’Alcatraz che per l’occasione si è presentato quasi completamente gremito. Se la locandina chiamava l’avvenimento “M3 – Monster Metal Madness Stratovarius and HammerFall Double Headlining Tour“, noi possiamo spocchiosamente definire il nostro lavoro un co-report, dal fatto che ci siamo divisi la stesura in due parti, uno si è occupato dello show degli Hammerfall, l’altro di quello degli Stratovarius.
Buona lettura!

TrueMetal ringrazia ImagoLive (www.imagolive.com) per la gentile concessione delle foto. (Cliccare sulle immagini per ingrandirle)

REPORT(INO) SHAKRA a cura di Alberto “prince_of_the_sky” Viale

Qualche parola la meritano gli Shakra, la band che ha aperto i battenti della serata ed ha suonato un ganzo Hard Rock per circa 35 minuti. La proposta musicale della band è un sound molto diretto che a me a ricordato un po’ i connazionali Gotthard ( entrambe le band sono svizzere) e le sonorità classiche alla Kiss con chitarre un po’ più pesanti e arrangiamenti più moderneggianti. E’ stato decisamente un buon antipasto per la serata ed agli amanti del genere che non li conoscono consiglio di dare un ascolto ai loro lavori, magari partendo, come ho fatto io, dall’ultima creatura Fall, album che non ho trovato per nulla male.

REPORT HAMMERFALL a cura di Marco “Homer_Jai” Ferrari

Causa tradizionale ingorgo domenicale sulla A8 arrivo in un Alcatraz, finalmente gremito, giusto in tempo per sentirmi una manciata di canzoni degli svizzeri Shakra e per sistemarmi in posizione adatta a gustarmi lo show. Non faccio in tempo a rilassarmi ed ecco che il palco viene chiuso da un’enorme tendone nero che copre le frenetiche attività di preparazione per lo show degli Hammerfall.
Ciò che ci appare dopo una breve attesa è un palco veramente suggestivo, dove una serie di vulcani fumanti salgono, dai lati, verso l’enorme distesa di ghiaccio alle spalle della batteria…. Da brividi… sia emotivi che atmosferici, ma i brividi veri sono dietro l’angolo, e arrivano quando le soffuse note dell’intro ci abbracciano…. i templari sono tornati.
Luci impazzite, vulcani fumanti ed ecco che esplodono le note di “Secrets“, opener dell’ultima fatica in studio, ad accogliere gli astanti nella guerra tra i ghiacci. Purtroppo, come un’inaspettato aumento di temperatura che scioglie i ghiacci, l’innalzamento spropositato del volume causa non pochi problemi di acustica tanto più che la voce di un Cans in gran spolvero viene completamente sovrastata. Nulla di male, si sistema il suono e si da il via, dopo questa sorta di riscaldamento, al concerto vero e proprio e bastano le prime note dell’opener per eccellenza della band scandinava, “Riders of the storm“, per trasformare le fredde distese di ghiaccio in una bufera di fuoco acclamata dal pubblico che inizia a cantare e saltare all’impazzata.
Passata la tempesta ecco in sottofondo i ruggiti di una potente moto, tempo di “Renegade” seguita a ruota da uno degli storici cavalli di battaglia in sede live “Let the Hammer Fall” in cui Cans si diverte a far sgolare i presenti i quali sono a loro volta ben felici di rendere omaggio.
Nemmeno il tempo di fiatare ed ecco l’unico, ahimè, estratto da “Glory to the brave“, ossia “Hammerfall” che ci porta al primo break, dopo una mezz’ora di grande intensità, rappresentato da un breve, ma divertente drum solo, dove il primo dei fratelli Johanson a calcare il palco si fa accompagnare dal pubblico accennando alla maideniana “Run to the hills” ed all’inno metal per antonomasia, l’immortale “Breaking the law”.
Dopo la breve interruzione ecco un altro estratto dall’ultima fatica, “Fury of the wild” che conferma la bontà dell’ultimo disco che contiene canzoni destinate a divenire dei must della band in sede live.
Dopo la parentesi, non molto convicente, di “A legend reborn” siamo ormai pronti per il rush finale che non poteva iniziare meglio: tutto il pubblico a cantare il ritornello di una “Heading the call” che si conferma come canzone killer dal vivo, seguita da quello che considero il miglior pezzo di “Chapter V“, ovvero “Blood Bound“, che forse rappresenta al meglio l’attuale realtà degli Hammerfall, semplice ma puro heavy metal.
Tempo di encore e tempo quindi per l’inno dei “Templars of steel” ancora una volta omaggiata da un pubblico che di certo non lesina le corde vocali, trascinato da un Cans ricco di feeling e da quell’autentico animale da palco che risponde al nome di Magnus Rosen.
Ormai giunti alle note finali non ci resta che ascoltare la tanto acclamata “Hearts on fire” per scrivere la parola fine su un concerto che, se da una parte è stato di ottimo livello grazie al costante miglioramento degli Hammerfall in sede live, ha avuto alcune defezioni inspiegabili nella scaletta.
Un’avventura suggestiva ed emozionante, in cui siamo stati trasportati dalle fredde distese di ghiaccio, cavalcando nella tempesta, unendoci sotto la bandiera dei templari…. per finire con il cuore in fiamme, ma purtroppo senza gloria per gli impavidi.
Rimane comunque la certezza di aver applaudito una band in gran forma capace di offrire grandissimo spettacolo sotto tutti i punti di vista: riff taglienti, mid tempo pesanti come macigni, bellissima scenografia ed uno ottimo stato di forma; cosa chiedere di più? Come dite? Un pubblico appassionato e numeroso che ha accompagnato ogni ritornello senza risparmiare le corde vocali e che ha supportato la band per tutta l’ora abbondante dello show? Si c’era anche quello….. un plauso a tutti.

voti:

2: agli ingorghi sulla A8…. Non c’entra nulla… avete ragione…. dovevo sfogarmi
3: all’imbecille che ha girato la manopola del volume al massimo, pessima acustica e male alle orecchie per 3 giorni
5: al cambio di look di Dronjak… rivogliamo l’armatura, farò una petizione a riguardo
6: alla birra….finalmente buona e nel bicchiere grande…. è vero che siamo a Milano ma 6 euro mi sembrano comunque un pochino troppi.
8: Hammerfall…. Bravi, convincenti e appassionanti, mezzo punto in meno per alcune gravi lacune nella scaletta
9,5: alla disponibilità di Cans che a fine concerto si è fermato a firmare autografi e a scambiare due chiacchere al freddo in camicia
10: al pubblico…. Finalmente numeroso ed appassionato, ma dove siete di solito?

HAMMERFALL

REPORT STRATOVARIUS a cura di Alberto “prince_of_the_sky” Viale

United we Stand, Divided we Fall…

Sì, è proprio questo il lied – motiv del ritorno on stage di una delle band più discusse, amate, idolatrate e sbeffeggiate della scena power metal attuale. L’ultima volta che la band aveva incrociato il suolo italiano era al Gods of Metal 2004; là suonavano per dover di contratto, lo split con Timo Kotipelto e Jorg Micheal era cosa fatta e le condizioni di salute di Timo Tolkki non facevano presupporre niente di buono.
Da quel giorno ad oggi le cose sembrano cambiate: la band si è riappacificata e sembra aver dimenticato tutte le tensioni interne, la line-up è quella di sempre ad eccezione della new entry Lauri Porra al basso, il nuovo album Stratovarius è nei negozi da settembre scorso.
Dopo questo breve riassunto sullo “stato di salute” della band, veniamo al concerto vero e proprio.
Sono le 22.00 e l’Alcatraz è ormai gremito al punto giusto, il pubblico è caldo e soddisfatto dalla coinvolgente performance degli Hammerfall. Luci spente e via con l’intro Pomp and Circumstance (quella della colonna sonora di Arancia Meccanica). Luci accese e partenza a razzo con il riff inconfondibile di Hunting High and Low. L’atmosfera ricreata sul palco è avvolgente e la scenografia vagamente futurista e modernista realizzata con pannelli illuminati soffusamente e due megaschermi LCD, “stacca” completamente dalle epiche montagne innevate di Cans & C.
La presenza scenica degli Stratovarius è anch’essa completamente diversa; a chi potrebbe avere alcune perplessità l’unica cosa che si può dire è che certamente un pizzico di look più true sarebbe gradito, ma comunque i cinque finlandesi non hanno certo mai eccelso in questo tipo di cose, ma si son sempre solo “limitati” a suonare senza troppe storie. Certo che un chitarrista di un gruppo metal che si presenta sul palco con i pantaloni della tuta…LOL!
Ricominciando a parlare di musica, la seconda canzone che ci viene proposta è la rapidissima Speed of Light, song dell’era Episode che più power non si può.
Dal ’96, anno di Episode, passiamo avanti un anno, l’album è Visions e la canzone è la sua apripista: Kiss of Judas.
Si prosegue sempre con un bel mid tempo e stavolta tocca a SOS, la canzone che nella mia mente fa sempre ricordare il Wacken di qualche anno fa con Kotipelto che, colpito da un fuoco d’artificio della coreografia, corre nel backstage per poi tornare con le bende al braccio per finire la canzone…
Siamo alla quinta canzone e solo ora tocca a Maniac Dance, singolo del nuovo album. Sinceramente me la aspettavo come opener dello show ma fortunatamente così non è stato, dato il fatto che è una di quelle tracce dell’album (non l’unica purtroppo…) a cui ordino al mio lettore di saltare quasi sistematicamente.
La doppietta successiva invece credo abbia soddisfatto appieno l’audience e gli Stratofans più incontentabili. Parlo di Destiny, quella che per me forse rappresenta la canzone totale della band nel senso che racchiude un po’ tutti i loro influssi caratteristici (dalla doppia cassa ai break sinfonici.), e di Legions, quella bomba di canzone da Visions che la band dedicò all’esercito degli Stratofans.
Sono passati circa tre quarti d’ora dall’inizio dello show e sul palco rimane solo quel guascone a petto nudo di Lauri Porra, che dopo aver esclamato un paio di volte un improbabile quanto esilarante “Tutta birra mio!”, ci propina sette minuti di assolo che permette ai molti di rinfrescarsi la gola con qualcosa da bere o di sgranchirsi le ossa per il resto della serata.
Rientra la band e accendini all’aria tutti a cantare Coming Home, la prima ballad (e a mio parere la più bella di tutta la discografia) dello show.
Torniamo indietro di qualche anno, 1995, l’album è Fourth Dimension e la canzone è Twilight Symphony.
Le luci si abbassano, sui maxi schermi scorrono parole inneggianti al disarmo, alla pace nel mondo, ad un mondo più giusto… E’ questo il preludio alla canzone-inno del nuovo album e del nuovo corso della band: United , che ha forse rappresentato il momento più toccante della serata.
“The next song is about time and father, the next song is father, father, Father Time!”. Bastano le parole di Kotipelto e il riff iniziale (un po’ sporco) di Tolkki per far scatenare il già caldo pubblico nella platea.
La band esce di scena, saluta tutti e rientra per gli encore di rito. Sul palco ci sono solo Tolkki, Kotipelto e Johansson pronti a suonare Forever. Ma al pubblico italiano piace Paradise e la chiede a gran voce. La canzone non sarebbe in scaletta ma per farsi perdonare ci improvvisano il ritornello in versione acustica; non male, ma mi sa che la prossima volta meglio metterla nella rosa dei titolari. Dopo questo break avanti con Forever, la canzone più strappa accendini (oramai direi telefonini) di tutte.
Ecco subito dopo l’unica canzone della serata estrapolata dai due album Elements: Eagleheart.
La chiusura non può che non essere lasciata a Black Diamond, l’unica grande hit che ancora mancava all’appello.
Si conclude una serata suonata da due grandi band, che hanno credo sicuramente soddisfatto il pubblico milanese e non solo (va la mia ammirazione ai ragazzi siciliani e pugliesi che ho incontrato e che si son fatti tutta quella strada per gli Strato!) e che hanno saputo sfornare uno show decisamente consistente con più di tre ore di musica proposta (compresi gli Shakra).
Se la serata on stage era terminata quella after show doveva ancora iniziare… Fortunatamente ho avuto la possibilità di passare qualche ora con le band nel retro palco e di scambiare qualche parole e bere qualcosina con un po’ tutti. Se con Kotipelto e Lauri Porra mi son limitato a sparlare del più e del meno, se Jorg Micheal per poco non mi bastonava perché gli continuavo a rinfacciare che il suo Borussia Dortmund aveva vinto immeritatamente la Champions League del ’97 con tre tiri in porta e con 2 rigori negati agli avversari, se Jens non ha ceduto alla tentazione di far esplodere il WC del bagno dell’Alcatraz nella maniera da lui conosciuta ed elargiva chicche di incontrollata pazzia, con Tolkki (l’unico che sembrava estraneo alla birra quella sera…) sono riuscito anche a parlare un po’ di musica e gli ho chiesto un paio di cose che ci tenevo a sapere.
Prima di tutto perché il DVD registrato a Milano due anni fa durante l’Elements Tour non ha mai visto la luce. Risposta sua: perché purtroppo in quella produzione fu superato il budget di 50000 euro e non era intenzione della band (quindi sua) di accollarsi quella spesa. E da lì non si fece più niente, tanto meno dopo il passaggio alla nuova casa discografica.
Riguardo all’album nuovo, Tolkki è consapevole di aver composto qualcosa diverso dai precedenti e sicuramente più slow-oriented e che questo è il nuovo corso degli Stratovarius di oggi.
Sul tour piena soddisfazione per il pubblico presente e riguardo la scelta del gruppo headliner nei vari paesi (ricordo che in alcune date del tour è toccato agli Hammerfall) è stata dettata, come era immaginabile, da semplici questioni di vendite e di marketing.
Riflettendo sulla prestazione della band: il mio parere è quello che il vero valore aggiunto e trascinatore in sede live del combo finlandese è sempre Kotipelto, capace di valorizzare nota su nota le melodie scritte per lui.
La scaletta proposta mi ha soddisfatto: ha contenuto solo due canzoni (Maniac Dance e United) dell’ultimo full-length, e ha riesumato dei classici graditissimi che sinceramente non mi aspettavo di ascoltare, Legions e Twilight Symphony su tutti, oltre alle solite immancabili grandi hit.
Il mio augurio: è quello di rivedere gli Stratovarius prossimamente, senza più polemiche e divisioni interne, magari con un bel album che metta tutti d’accordo sul reale valore della band.
United we stand, divided we fall. Ricordatevelo!

Setlist

1) Hunting High and Low
2) Speed of Light
3) Kiss of Judas
4) SOS
5) Maniac Dance
6) Destiny
7) Legions
8) Bass Solo
9) Coming Home
10) Twilight Symphony
11) United
12) Father Time
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13) Paradise (acoustic)
14) Forever
15) Eagleheart
16) Black Diamond

STRATOVARIUS