Report: Symphony X, Circus Maximus, Dreamscape – Cortemaggiore (PC)
Dove eravamo rimasti? Era ottobre, in Italia erano scesi i Dream Theater ma un po’ ovunque gli autentici protagonisti erano stati i Symphony X. In poco più di mezz’ora Romeo e soci avevano letteralmente spaccato tutto, rubando la scena ai più blasonati compagni di palco e lasciando l’acquolina in bocca ai fan dell’una e dell’altra band.
Siamo a marzo e i Symphony X sono tornati. Due date, Firenze e Cortemaggiore (PC) per soddisfare un famelico appetito che il tempo non ha fatto altro che intensificare. E c’è poco da dire: i Symphony X hanno spaccato tutto di nuovo. Solo che stavolta è durata più a lungo.
Dreamscape
L’apertura del concerto è affidata al combo tedesco, che di fronte alle ormai ex-promesse Circus Maximus e ai titolari Symphony X rischiava di fare la parte del terzo incomodo. I ragazzi di Monaco dimostrano tuttavia che sarebbe un errore sottovalutarli: Mischa Mang non ci mette molto a scaldare il clima e col proprio dinamismo sopperisce alla staticità del chitarrista Wolfgang Kerinnis, esperto e preciso ma tutt’altro che scenografico. Il buon lavoro alle tastiere del giovane Michael Schwager e soprattutto l’ottimo drumming di David Bertok aiutano la band a conquistarsi la viva attenzione di un pubblico già pratecipe e positivamente sorpreso. I ragazzi si affidano ai loro pezzi d’assalto e, nonostante i limiti di un repertorio non propriamente immediato (soprattutto per chi li sentiva per la prima volta), la mezz’ora loro concessa trascorre liscia e piacevole senza cali di tensione.
Setlist:
Dejavu
Clockwork
Thorn in My Mind
Somebody
Breathing Spaces
When Shadows are Gone
Circus Maximus
Era grande la curiosità nel vedere all’opera i ragazzi prodigio del progressive Norvegese, in particolare da parte di chi si era perso la loro ultima calata in Italia lo scorso inverno. I Circus Maximus si presentano sul palco con la sicurezza dei veterani e, guidati da un Martin Eriksen in gran forma, confermano dal vivo ciò che avevano già suggerito con le loro uscite da studio: non possiamo più parlare di promessa, questa è già una realtà. Le hit del recente “Isolate” in apertura strappano applausi anche ai più scettici, la presenza nel finale di “Glory Of The Empire” è la chicca che saluta un pubblico già entusiasta per una prestazione del tutto sopra le righe. Molto buona la prova di Eriksen al microfono, che ricalca i difficili percorsi degli originali da disco senza sbavature o incertezze, dimostrando un’ottima confidenza col palco nonostante la giovane e età e – si potrebbe insinuare con un po’ di malizia – un look non esattamente consono al contesto. Ma anche in questo caso a sbalordire è l’uomo dietro le pelli: come su disco, meglio che su disco Truls Haugen guida dall’ombra (letteralmente) i compagni attraverso i passaggi più impegnativi senza la minima incertezza. Un’eloquente prova di forza da parte di una formazione che presto potrebbe ambire a ruoli su palco di gran lunga più prestigiosi.
Setlist:
A Darkened Mind
Abyss
Wither
Sin
Glory of The Empire
Alive
Ultimate Sacrifice
Symphony X
Tocca a loro, finalmente. Dopo la lunga attesa l’angelo metallico di Paradise Lost si staglia sullo sfondo e le orchestrazioni di “Oculus Ex Inferni” aprono la strada alla sulfurea “Set The World On Fire”. L’incipit è affidato al medesimo trittico che aveva aperto il concerto dello scorso ottobre. Oggi come allora l’impatto è devastante: Russell Allen scatenato sul palco incendia il pubblico fin dalle prime battute, con l’instancabile Romeo a macinare senza posa riff al fulmicotone. La prima sorpresa arriva sulle note di un’acclamatissima “Masquerade”, autentica chicca recuperata dall’esordio della band, lontano ormai quattordici anni. Si ritorna al presente e si cala decisamente il tiro con la ballad “Paradise Lost”, che già reclama un posto fra i classici della band. Russell dimostra la propria completezza come frontman intrattenendo alla grande la folla tra un pezzo e l’altro, inventandosi gag estemporanee scandite con quella dose di bonaria scurrilità che ormai appartiene al suo personaggio. La seconda parte della scaletta attinge a piene mani dal passato della band. Semplicemente straordinaria “Egypt”, le cui acrobatiche sezioni strumentali esaltano l’affiatamento fra i Romeo e il resto della cricca (impressionante come al solito il buon vecchio Rullo). Russell comincia qui ad accusare la fatica, ma grazie ai sempreverdi trucchi del mestiere gestisce riesce a gestire senza difficoltà il temporaneo appannamento e a mantenere la voce calda per i momenti cruciali. A interrompere la (relativa) quiete degli ultimi brani spunta il terremoto “Inferno”, uno dei brani più duri e potenti mai scritti dalla band, cui fa seguito l’irrinunciabile “Smoke And Mirrors”, tappa pressoché obbligata in ogni concerto della band. Il finale è affidato a un’impeccabile “Revelation” e a un breve estratto di “The Divine Wings Of Tragedy” (sì, sì, la suite), che già alla terza nota il pubblico riconosce e celebra con alte grida di entusiasmo. Bello, bellissimo, bis. Anzi, tris. Dopo la finta uscita di rito, i ragazzi tornano sul palco e chiudono il concerto con un triplice assalto all’arma bianca – vedere la setlist per credere. Poi i saluti, quelli veri, e gli applausi, meritatissimi.
Setlist:
Oculus Ex Inferni
Set the World on Fire
Domination
Serpent’s Kiss
Masquerade
Paradise Lost
Egypt/Death Of Balance
Inferno
Smoke and Mirrors
Sea Of Lies
Revelation/Paradise Regained (da “The Divine Wings of Tragedy”)
Encore:
Eve Of Seduction
Out Of The Ashes
Of Sins And Shadows
Non c’è che dire: chi c’era ha assistito a uno show del tutto all’altezza delle aspettative che conferma lo stato di grazia di una realtà tornata dopo un lungo silenzio ai suoi massimi livelli sia in studio sia dal vivo. Poco da aggiungere circa la prestazione della band, anzi, delle tre band, che insieme hanno allestito uno show di grande impatto. Non mancano, pur rimanendo marginali, alcune note negative. Non perfetti i suoni (a farne le spese soprattutto il basso di Lepond, penalizzato durante i primi pezzi) e pessima la gestione dell’impianto di illuminazione del palco. I fari bassi erano posizionati in modo da abbagliare in pieno il pubblico, specie quello più arretrato, cosicché dopo qualche fallimentare tentativo di valorizzarli durante l’esibizione dei Dreamscape l’addetto ha dovuto definitivamente rinunciare al loro utilizzo. Le luci alte d’altro canto non bastavano a garantire la piena visibilità sullo stage, col risultato che qualcuno dei musicisti (come il tastierista dei Circus Maximus) è rimasto nella penombra per tutta l’esibizione, mentre lo stesso Romeo era costretto a suonare gli assoli al buio. Da segnalare anche la affluenza di pubblico non proprio imponente, lungi dal riempire il tutt’altro che gigantesco Fillmore di Cortemaggiore. Non che le aspettative fossero granché diverse, ma sono questi gli scenari che fanno riflettere. Si può reclamare (spesso anche a ragione) contro l’operato degli organizzatori italiani fino a perdere il fiato e oltre, ma se poi quando si presenta l’occasione di assistere allo spettacolo di una grande band non si risponde alla chiamata difficile credere che la propria voce abbia un benché minimo peso nel far cambiare le cose. Quel che conta, in ogni caso, è che i presenti hanno passato una serata grandiosa. Il resto, si sa, sono chiacchiere.
Riccardo Angelini
Truemetal.it ringrazia Giorgio Novarino per il contributo fotografico.