Report: Vision Divine 03/04 a Scordia (CT)
Il ritorno dei Vision Divine in Sicilia, dopo la fantastica notte di Ravanusa (AG) dell’estate 2002, che spezzò un lungo periodo di anni passati senza alcun concerto di spessore nazionale, era atteso con impazienza da alcuni defenders, da altri volutamente ignorato. Come all’epoca, anche stavolta alcuni snobbano la serata, con le scuse che “la data cade di domenica e il lunedì si lavora”, e che il gruppo non è di quelli “storici”. A nostro parere, le scuse sono sempre il paravento per nascondere l’apatia e la totale mancanza di spirito heavy metal: la band, infatti, è tra le più quotate attualmente in ambito power, quindi rappresenta di certo un buon richiamo per chiunque. Del resto, quando mai in Sicilia sono venute formazioni storiche, a parte gli Iron Maiden? Vogliamo morire circondati dai rasta nell’utopica attesa degli Slayer?
Un appuntamento difficile fin dalla preparazione, poichè il locale dove si doveva svolgere l’evento metallico, l’Easy Rider di Catania, è stato chiuso per motivi “tecnico – burocratici”: ci sembra doveroso ricordarlo per tutto ciò che l’Easy Rider ha dato ai ragazzi in pochi mesi, sia come concerti che come semplice luogo di ritrovo. La serata viene dunque spostata al Krossower di Scordia (CT) ma, per le vergognose scuse di cui sopra, l’affluenza non è delle migliori, e ce ne dispiace per gli organizzatori della Mystica Agency.
Alle 22.45 aprono i Memories of a Lost Soul da Reggio Calabria: il concerto serve da promozione per il nuovo album “7 Steps to Nothingness”, dato che sono presentati solo brani nuovi, senza spazio per vecchi pezzi. La breve “The Art of Never” è seguita dall’apocalittica “Sleeping Bad Consciousness”; si passa poi a “Necroantimateria”, definita “fisica del male applicata”. Si prosegue con un brano nuovo contro la TV spazzatura che oggi opprime gli spettatori, quindi “Seeds of Chaos” e l’assalto finale di “The Curse of Eternity”, che chiude mezz’ora di travolgente death melodico, che meriterebbe platea maggiore, non solo al sud.
Si continua poco dopo con gli Orion Riders che, essendo di Catania, giocano in casa: il pubblico si avvicina al palco, e viene trascinato da mezz’ora di power metal, gradevole, tecnicamente molto valido, come sempre. Se il virtuosismo supporta egregiamente il gruppo, che alterna canzoni nuove e vecchie, come la conclusiva “A New Dawn”, a nostro avviso manca stasera un po’ di feeling, quel “quid” in più che a volte fa la differenza. E’ vero anche, però, che i cambi di formazione non giovano mai, quindi evitiamo di screditare gli Orion Riders, come hanno fatto alcuni.
I Vision Divine salgono sul palco intorno a mezzanotte e trenta, e anche loro, prevedibilmente, promuovono il nuovo album “Stream of Consciousness”: “The Secret of Life” funge da apertura, seguita dalla lunga “Colours of My World”, che scatena l’headbanging; si continua con la lenta “The Fallen Feather”, impreziosita da un bell’assolo di Olaf Thorsen. Si passa a “La Vita Fugge”, più pesante, quindi “Versions of the Same”, un mid-tempo dal ritornello piuttosto commerciale, e “Through the Eyes of God”, brano leggero, che migliora nel finale. Il livello si alza notevolmente con “Shades”, molto più complessa dal punto di vista vocale e strumentale; di “We Are, We Are Not” ricordiamo l’assolo di tastiere di Oleg Smirnoff. Meglio “Out of the Maze”, molto più aggressiva, ricca di interventi alle tastiere e assoli di chitarre, e la lenta “Identities”, che inizia con un magico duetto piano – voce, cresce a metà, per concludersi in modo atmosferico.
Durante la presentazione della band, l’applauso maggiore è riservato ad un Thorsen davvero in buona serata; riteniamo giusto, però, ricordare anche la sezione ritmica, che non ha avuto grandi momenti di visibilità musicale, ma che ha sostenuto ottimamente i compagni: Andrea “Tower” Torricini al basso e Matteo Amoroso alla batteria.
Si passa finalmente ai brani vecchi, più attesi dai fan: la veloce “New Eden”, quindi “Send Me an Angel” con uno Smirnoff maestoso, attorniato dalle tastiere. “Pain” è avvalorata da un assolo del chitarrista ritmico Federico Puleri; la conclusiva “The Whisper”, intorno alle due, scatena il delirio degli appassionati, che applaudono in maniera molto sentita e intonano cori, per poi lanciarsi nella consueta ricerca di plettri.
In definitiva, una buona esibizione, dove il nuovo cantante Michele Luppi non ha fatto rimpiangere Fabio Lione, predecessore scomodo per chiunque: Luppi non è affatto un clone, anzi ha dimostrato stile e personalità, in modo meno teatrale di Lione, ma più diretto e scherzoso, tipicamente emiliano, e con un timbro meno lirico, ma, in compenso, più vicino ai canoni heavy metal. Pertanto, un gruppo validissimo, sia dal punto di vista tecnico che dal lato professionale ed umano.
A prescindere dalle divisioni power – black, secondo noi evitabili e dannose per l’unità del movimento heavy metal in Sicilia, un concerto rimane un modo di incontrare vecchie conoscenze e di farne di nuove, un momento di discussione, di proposte musicali per il futuro, di socializzazione. Gli assenti, a nostro avviso, hanno sempre torto, e in questo caso maggiormente. Perdere un appuntamento di questo livello è davvero un delitto, o, a pensarci meglio, soltanto un suicidio!
Giuliano Latina