Report Within Temptation
C’era molta attesa al Transilvania Live di Milano per il concerto di Paradise Lost e Within Temptaion, supportati dagli americani Tapping the Vein; molto forte la curiosità per la performance dei Paradise Lost, un gruppo storico che nel corso degli ultimi album ha cambiato radicalmente il proprio indirizzo musicale. E naturalmente molta curiosità anche per i Within Temptation, alla loro prima apparizione italiana, e per la voce della loro vocalist Sharon Den Adel; chiamata a confortare con i fatti le difficili performance vocali ottenute nel disco.
La coda all’ingresso è molto folta e i Tapping the Vein iniziano a suonare molto presto (mentre il sottoscritto deve ancora raggiungere la cassa), a causa dei problemi di orario che affliggono il Transilvania Live. Come spesso accade nel genere gothic la voce principale è femminile ed è proprio intorno a questa che ruota l’intero impianto musicale/scenico della band. Heather Thompson non delude; grazie a un timbro vocale molto particolare, graffiante, riesce a dare una certa personalità a canzoni che non sono fatte certo per colpire al primo ascolto.
Difficile capire le influenze musicali alla base del suono dei Tapping the Vein, nonostante a tratti si avverta una reminiscenza dei primi Paradise Lost e Sister of Mercy. L’atmosfera è buona e il pubblico la recepisce positivamente, anche se personalmente ho trovato l’atteggiamento di Heather troppo assente e distaccato.
Dopo la necessaria pausa per il cambio di strumentazione è il turno degli olandesi Within Temptation, annunciati dall’intro di Deceiver of Fools. Nell’intro viene anche campionata la prima strofa cantata; scelta che lascia piuttosto perplessi i presenti che si aspettavano di sentirla cantare da Sharon. Il disappunto svanisce nonappena la splendida vocalist intona le prime note, lasciando il pubblico letteralmente a bocca aperta, grazie a una potenza e a una limpidezza della voce che lascia ben intravedere i miglioramenti tecnici avvenuti dal pur recente Mother Earth.
L’applauso alla fine della prima canzone è decisamente caloroso e stupisce non poco la band; Sharon ricambia con sorrisi che fanno sciogliere il cuore dei numerosi maschietti presenti. Il concerto riprende con la romantica The Promise, sempre tratta dall’album Mother Earth; le parti vocali sono forse le più difficili, ma la loro esecuzione live supera di gran lunga quella da studio. La terza canzone fa parte del prossimo album e naturalmente c’è molta curiosità tra il pubblico che applaude al suo annuncio come se stessero per eseguire Ice Queen. L’inizio è molto barocco con numerosi cori campionati e piuttosto epici (Luca Turilli non avrebbe saputo fare di meglio), il pezzo risulta molto gradevole e più complesso dei precedenti lavori; la performance vocale di Sharon raggiunge qui il suo maestoso apice.
La canzone seguente è l’attesissima Mother Earth e purtroppo Sharon sembra aver chiesto troppo alla sua voce nel cantare i pezzi precedenti perché sembra a tratti essere in debito di ossigeno. I Within Temptation avevano dovuto annullare delle date in scandinavia a causa di una improvvisa laringite della vocalist che a fine concerto rivelerà ad alcuni fan (con i quali è stata disponibilissima, così come il resto della band) di non essere ancora guarita del tutto. Nella scaletta viene inserita anche la cover di Running Up That Hill di Kate Bush. Il concerto si conclude con l’attesissima Ice Queen e alla fine il pubblico tributa un calorosissimo omaggio alla band (che a fine concerto rivelerà di essere stupita e commossa da tale accoglienza).
La maggior parte del folto pubblico del Transilvania Live (tra il quale spiccavano i Lacuna Coil quasi al completo) attendeva i Paradise Lost, interrogandosi sulla probabile scaletta e su quanto sarebbe stato rappresentato il periodo più gothic. La band non si è persa in preamboli e ha subito iniziato uno show all’insegna della velocità e del ritmo, riportandomi alla mente i Dark Tranquillity di Damage Done. Le atmosfere che creano sono adesso più dark ed elettroniche, con una uniformità nella velocità di esecuzione delle varie canzoni che crea un effetto “muro di suono” che non ammette pause o rilassamenti. Remebrance è l’unica canzone di Icon (l’album al quale i vecchi fan sono più affezionati) eseguita, ma anche Hallowed Land e Enchantment (da Draconian Times), suonate magistralmente, rappresentano egregiamente un periodo musicale che ha dato ai Paradise Lost l’attuale fama. A parte Gothic nessun album viene dimenticato, ma il più rappresentato è ovviamente Symbol of Life che sembra essere il più apprezzato dalla maggior parte del pubblico; il convoilgimento durante la titletrack è totale. Dopo un periodo di disorientamento dovuto a un cambio di linea musicale i Paradise Lost sembrano finalmente avere trovato la giusta direzione, riuscendo a crearsi nuove schiere di sostenitori, non dimenticandosi di quanti li seguivano sin dai loro primi lavori.
Report di Alessandro Lo Verde