Tankard: Report della data del 14 maggio a Padova
Evento tutto all’insegna del thrash metal quello che segna il ritorno dei Tankard in Italia; scesi da Francoforte per devastare e divertire ancora una volta con la loro musica alcolica ed irriverente.
La serata si apre con ben tre gruppi spalla: Warmonger, Irreverence e Hatework, i quali hanno una mezz’ora abbondante a testa per promuovere la propria proposta musicale.
Sono i Warmonger, formazione della scena veneta, ad inaugurare il palco del Country Star. Il loro è un thrash ben fatto e decisamente europeo, influenzato in maniera davvero massiccia dai Sodom. La band è brava a suonare solo pezzi dal proprio repertorio, coinvolgendo il pubblico tanto che un discreto nucleo di appassionati finisce col ritrovarsi alle transenne per seguire in maniera attiva la loro prestazione. Tra i gruppi spalla, ovviamente a giudizio di chi scrive, quelli che hanno colpito più positivamente.
Altro gruppo fautore di un thrash di matrice tedesca sono gli Irreverence, band prossima ai dieci anni di attività e con un discreto nome nel panorama underground. La loro prova non è negativa ma, forse per un sound-check malriuscito che fa risultare le parti strumentali piuttosto caotiche, il quartetto non riesce a imporsi, e così la maggior parte del pubblico preferisce ignorare la loro prova risvegliandosi esclusivamente con le due cover: Agent Orange (a dir la verità rifatta in maniera non troppo brillante) e Pull The Plug dei Death.
Gli ultimi con il dovere di aprire la pista ai Tankard sono gli Hatework, band piuttosto nota nel panorama del nord-italia, che si presenta forte di tre album alle spalle ed esibizioni con band del calibro di Raw Power e Necrodeath. Con loro, rispetto a quanto fatto sentire da Warmonger e Irreverence, lo stile si sposta verso un thrash metal di orientamento più americano. L’esibizione al Country Star non è purtroppo all’altezza della loro fama. Non si tratta certamente di una prestazione deludente, ma lo show del terzetto stenta a decollare e anche a loro la maggior parte del pubblico riserva una reazione piuttosto fredda e piatta, scuotendosi soltanto con la cover di Black Metal dei Venom.
Quando l’orologio segna ormai mezzanotte e mezza passata è tempo dei Tankard.
Davvero un peccato che, ad accogliere una band che vanta 22 anni di carriera e una decade abbondante di album nella propira discografia, ci sia poco più di un centinaio di persone, molte delle quali troppo passive di fronte ad uno spettacolo per cui valeva la pena scatenarsi.
Gerre si presenta sul palco cantando “Laura non c’è, è andata via…” ed ecco che parte una devastante Need Money For Beer ad aprire il concerto. Dopo qualche frase in italiano (per la cronaca “Ciao ragazzi, come stai? È bello essere di nuovo in bell’Italia”) i Tankard procedono con due cartucce del calibro di The Morning After e Zombie Attack, sparate senza interruzione, a testimonianza di una formazione carica e vogliosa di fare il suo show nonostante condizioni decisamente non ottimali. La band scherza con la trentina di fedeli spalmati sulle transenne, offre birre, e si dimostra come sempre simpatica ed estremamente alla mano. E mentre il buon Geremia intrattiene il pubblico con le sue doti di frontman-cabarettista, danzando sgraziatamente e pavoneggiandosi della sua obesità; il quartetto porta avanti un’esibizione davvero ottima, fatta di uno scheletro colmo di classici e farcito con alcuni dei pezzi migliori della discografia recente. Un po’ di rammarico per qualche bell’album completamente ignorato, come Kings Of Beer o Disco Destroyer, ma la scaletta della serata è davvero di tutto rispetto. Immancabili ovviamente alcuni estratti dal nuovo Beast Of Bourbon, i quali, e non poteva essere che così, godono di una ottima resa in sede live. Su tutte la acclamatissima Die With a Beer In Your Hand che a pochi mesi dalla sua genesi ha già quel sapore di “inno alcolico” che è caratteristica pregnante di tutte le migliori composizioni del combo tedesco.
Il pubblico, anche se poco numeroso, risponde bene pogando, cantando e mostrando di apprezzare la solita goliardia dei quattro di Francoforte. Highlights della serata, oltre al fenomenale trittico iniziale, sono i cavalli di battaglia come Freibier e Space Beer, la giovane Rectifer coinvolgente con il suo refrain trascinante, e la splendida Chemical Invasion che giunge a chiudere il primo set in maniera grandiosa. Nell’encore (se tale vogliamo definirlo, visto che la band non ha mai lasciato il palco causa problemi di spazio) i Tankard regalano la ventennale Alien e ovviamente l’immancabile spettacolare epilogo (Empty) Tankard, cantata a gran voce da tutti i presenti, ormai finalmente liberi (chi più, chi meno) di aggirarsi sul piccolo palco e di accompagnare la band nei cori.
Bravi i Tankard a saper ripagare con un ottimo show tutti i presenti, adattandosi a un palco minuscolo e a un impianto che finiva spesso col sbavare le urla di Gerre, i soli di Andy, o i colpi più violenti del basso di Frank.
Bravi anche ad offrire uno spettacolo in piena filosofia thrash, come sempre più di rado si vede, specialmente nei gruppi più blasonati del genere.
Setlist (75 minuti circa):
Need Money For Beer
The Morning After
Zombie Attack
Slipping From Reality
Space Beer
New Liver Please
Maniac Forces
Die With A Beer In Your Hand
Alcohol
Don’t Panic
Rectifer
Beyond The Pubyard
Freibier
Chemical Invasion
—Encore—
Alien
(Empty) Tankard
Alessandro “Zac” Zaccarini